Armin
T. Wegner
Armin T. Wegner è nato a Wuppertal (Westfalia) il 16 ottobre
del 1886 ed è morto a Roma il 17 maggio del 1978.
Dottore in diritto, scrittore, poeta, profondamente colpito dalla
tragedia del popolo armeno, di cui era stato testimone oculare
nella Turchia Ottomana, dedicò gran parte della sua esistenza
alla battaglia per i diritti umani e il suo impegno letterario
e poetico alla ricerca della verità su se stesso e sugli
uomini.
La
famiglia e la formazione
Il
padre, Gustav Wegner, discendeva da una famiglia di rigide tradizioni
prussiane. La madre Marie Wegner nata Witt, era invece impegnata
nei movimenti femministi e pacifisti di fine secolo. Nei suoi scritti
autobiografici Armin T. Wegner ricorda tre episodi che hanno segnato
la sua esistenza: la lettura, fattagli dal padre, del resoconto
sui massacri degli armeni in Turchia del 1895;l’amicizia con
un compagno di scuola ebreo cui si sentiva legato da un comune sentimento
di diversità; l’atto di eroismo compiuto gettandosi
nel Reno per salvare una ragazza. Negli anni della formazione, si
definiscono gli elementi del suo codice etico: la spinta all’autonomia
come ribellione all’autoritarismo paterno, l’impegno
sociale in quanto scoperta dell’altro e il suo coraggio civile.
In questa luce le sue precoci esperienze di lavoro (dal 1903 al
1909 abbandona, temporaneamente, la scuola per fare il contadino),
il suoi vagabondaggi in Europa (nel 1913 fa la scaricatore nel porto
di Marsiglia), la sua frequentazione dei caffè letterari,
dei circoli liberali, dei dissidenti di sinistra. Ottenuta la maturità
studia giurisprudenza e scienze politiche a Zurigo, Parigi, Berlino
e breslau dove nel 1914 si laurea con una tesi su Lo sciopero nel
diritto penale.
L’esperienza
della guerra e il Medio Oriente la tragedia del popolo armeno
Allo
scoppio della prima guerra mondiale, nell’inverno tra il 1914
e il 1915 si arruola come infermiere volontario in Polonia e viene
insignito della Croce di ferro. Nell’aprile del 1915, a seguito
dell’alleanza militare tra la Germania e la Turchia, è
inviato in Medio Oriente come membro del servizio sanitario tedesco.
Tra il luglio e l’agosto utilizza i periodi di permesso per
indagare intorno alle voci che gli erano giunte da più parti
sui massacri degli Armeni. Nell’autunno dello stesso anno,
con il rango di sottotenente al seguito del Feldmaresciallo Von
der Goltz comandante della sesto armato ottomana in Turchia, attraversa
l’Asia Minore. Dalle lettere scritte tra 1915 e il 1916, diario
drammatico sulla “via senza ritorno” percorsa dal popolo
armeno si possono ricavare le tappe e i movimenti di Wegner nell’area
mediorientale: Costantinopoli, Ras el Ain, Mossoul, Baghdad, Babilonia,
Rakim Pasha, Kalikie, Abu Herrera, Abu Kemal, De res Zor, Rakka,
Meskene, Aleppo, Konja, e ancora Costantinopoli. Eludendo le ferree
ordinanze e i divieti delle autorità turche e tedesche, l’ufficiale
raccoglie appunti, notazione , documenti, lettere e scatta centinaia
di fotografie nei campi di deportazione degli Armeni. Tramite i
consolati e le ambasciate di altri Paesi riesce a far giungere parte
del materiale in Germania e negli Stati Uniti.
L’impegno
civile e letterario
Nel
corso di una licenza in patria, ma soprattutto dopo il duo definitivo
rientro, ha numerosi contatti con il pastore Johannes Lepsius, fondatore
della “Deutsche Orient Mission” al quale consegna anche
molto del suo materiale fotografico, con Walter Rathenau, futuro
ministro degli esteri della Repubblica di Weimar, con l’editore
Helmut Gerlach, con giornalisti e dissidenti, per dare diffusione
alla tragedia del popolo armeno.
Tra il 1918 e il 1921 partecipa ai movimenti pacifisti e antimilitaristi,
mentre continua il suo impegno letterario e poetico. Nel gennaio
del 1919, con il titolo Der Weg ohne Heimkehr. Ein Maetyrium in
Briefen (La via senza ritorno. Un martirio in lettere) esce a berlino
la prima edizione, numerata e firmata, della raccolra di lettere
scritte dalla Tuechia. È una drammatica testimonianza del
genocidio degli Armeni e della tragica esperienza in Medio Oriente.
Il 23 febbraio del 1919, nel clima di speranza suscitato dalla posizione
politica del Presidente americano, difensore dei diritti dei popoli,
viene pubblicata sul “Berliner Trageblatt” la Lettera
aperta al Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, che rappresenta
uno dei più importanti documenti nell’ambito della
pubblicistica relativa al problema armeno.
L’apello di Armin T. Wegner per la creazione di un’Armenia
indipendente rimane lettera morta.
Nel 1920 sposa la scrittrice ebrea Lola Landau e nel 1923 nasce
la figlia Sibille.
Nel 1921 a Berlino, nel corso del processo a Soghomone Tehlirian,
un giovane studente armeno che aveva perso la famiglia nei massacri
del 1915 e che aveva voluto vendicare i parenti e il suo popolo
uccidendo Talaat Pascià, ministro degli interni del governo
dei “giovani Turchi” responsabile dell’ordine
di sterminio, Armen T. Wegner rese testimonianza in maniera inequivocabile
dei tragici eventi cui aveva assistito di persona. Anche grazie
ad altri testimoni non Armeni (Lepsius e Nansen), si ebbe un verdetto
assolutorio. I documenti del processo, raccolti nel volume Der Prozeb
Talaat Pascha, contengono la prefazione di Armin T. Wegner nella
quale egli opera la distinzione, presente anche nel testo della
lettera al Presidente Wilson, tra le responsabilità del governo
turco e le responsabilità del popolo turco, che “non
si sarebbe mai macchiato di un simile delitto”. A conferma
di ciò Wegner riferisce di casi di disobbedienza, che oggi,
in Occidente, chiameremmo “civile”, di funzionari turchi
di fronte agli ordini di sterminio.
Nel 1922 pubblica un importante appello per i diritti degli Aemeni
intitolato Der Schrei vom Ararat (L’urlo dall’Ararat)
e nel 1924 inizia un romanzo mai completato, sulla tragedia del
popolo armeno e sull’Armenia del XX secolo che avrebbe dovuto
intitolarsi L’espulsione. Per questo motivo, rivendicherà
a Franz Werfel, autore de I quaranta giorni del Musa Dagh, il diritto
di precedenza sul soggetto.
La
prigionia e la fuga
L’attività
di scrittore e militante dei diritti civili si intensifica: romanzi
successo, racconti, articoli, lezioni nei circuiti pacifisti europei,
viaggi. Nel 1927 è invitato a Mosca e in questa occasione
visita per la prima volta l’Armenia divenuta, nel 1922, una
delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. In Germania il sorgere
dei movimenti nazionalsocialisti segna la sua emarginazione intellettuale
e umana.
È marchiato come “intellettuale bolscevico”,traditore
dei valori nazionali tedeschi, inserito con altri settantuno autori
nella lista nera del settore “belle lettere” redatta
dal ministero del Reich per l’istruzione e la propaganda popolare.
L’11 aprile del 1933, subito dopo la serrata contro gli Ebrei,
Armin T. Wegner indirizza ad Adolf Hitler una lettera aperta che
fa recapitare a Monaco alla Casa Bruna. Il contenuto di questa lettera
è una chiara protesta contro i comportamenti antiebraici
antiumani del regime. Per questo gesto coraggioso, ma soprattutto
per il marchio di “simpatizzante della sinistra” tedesca,
viene arrestato dalla Gestapo, trascinato nella cantina della Columbia
Haus, picchiato e imprigionato. Trasferito successivamente in tre
campi di concentramento diversi, Oranienburh, Börgermoor, Lichtenberg,
viene rilasciato nella primavera del 1934, dopo circa cinque mesi
di detenzione. Raggiunge la moglie prima in Inghilterra e successivamente
in Palestina dove era emigrata con la figlia. Divorzieranno di comune
accordo nel 1939. scrive Wegner a questo riguardo: “La Germania
mi ha preso tutto: la mia casa, il mio successo, la mia libertà,
il mio lavoro, i miei amici, la mia casa natale e tutto questo avevo
di più caro. In ultimo la Germania mi ha tolto mia moglie;
e questo è il paese che io continuo ad amare, nonostante
tutto!”.
L’esilio
in Italia
Tra
il 1936 e il 1937 si trasferisce in Italia, prima Vietri, dopo incontra
l’artista di origini ebraiche Irene Kowaliska, già
conosciuta a Berlino, che diventerà sua moglie nel 1945,
e poi a Postano. Con l’emanazione delle leggi razziali del
1938, il clima di relativa tolleranza originariamente presente in
Italia si deteriora. In occasione della visita di Hitler, come misura
precauzionale per la sicurezza del Führer, Wegner è
arrestato, sia pure per poche settimane ad altri intellettuali rifugiati.
Inizia una fase depressiva in cui riemergono i traumi della detenzione
e il peso dell’isolamento vissuto come perdita della propria
identità di scrittore. All’indomani dell’entrata
in guerra dell’Italia Herbert Kappler ardina l’arresto
di Wegner e il confino nel campo di Potenza. Wegner riesce a raggiungere
Roma e, in quanto cittadino tedesco ricorre direttamente all’ambasciata:
l’ordine di arresto è cancellato. Nel 1941 nasce il
figlio Misha. Dal 1941 al 1943 ha un incarico di insegnamento di
lingua e letteratura presso l’Accademia Germanica di Padova.
La sua iscrizione nei registri della facoltà con il nime
di A. Theo Wegner gli evita paradossalmente, di essere identificato.
Nel’ 43, con la liberazione, Wegner torna a Positano dove
rimarrà fino al 1955, con soggiorni a Stromboli e a Roma.
Per sopravvivere vende parte dei suoi beni. Nonostante il suo spirito
cosmopolita, talmente profonde sono le sue radici nella cultura
tedesca, che non riuscirà mai ad adattarsi all’esilio
e per lungo tempo sarà incapace di realizzare i suoi progetti
letterari. Ritorna in Germania per la prima volta nel 1952, ma avverte
una sorta di estranierà per la propria terra che gli rendi
impossibile un rientro definitivo. Nel 1956 si trasferisce a Roma.
Nel 1965 per la commemorazione del 50° anniversario del genocidio
degli Armeni, la stampa scopre la sua documentazione fotografica,
che colpisce per l’intensità espressiva e la qualità
artistica delle immagini che “uniscono dignità e sofferenza”;
in questa occasione Wegner pubblica il saggio intitolato Parì
luis: Das gute Licht sugli eventi del 1915.
Il
Riconoscimento
Il
suo ruolo di testimone del genocidio armeno e di difensore dei diritti
dei popoli, degli Armeni e degli Ebrei, viene finalmente riconosciuto
a livello internazionale. Oltre alle onorificenze ricevute dalla
sua città natale nella Repubblica Federale Tedesca, nel 1968
viene insignito del titolo di “Giusto” dallo Yad Vashem
in Israele e dell’Ordine di San Gregorio a Erevan, capitale
dell’Armenia, dove una strada porta il suo nome. Il 28 aprile
del 1968, Wegner è alla Casa Armena di Milano. La sua testimonianza
getta nuova luce sul primo genocidio del XX secolo: episodi inediti
e soprattutto le immagini del suo archivio fotografico sono ormai
memoria indelebile. Trascorre il resto della vita diviso tra l’impegno
letterario e di testimonianza nelle varie sedi internazionali, dall’Europa
agli Stati Uniti. Nel poema Der alte Mann (il vecchio) scrive: “La
mia coscienza mi chiama ad essere testimone. Io sono la voce degli
esiliati che grida nel deserto”. Prima della morte dispone
il trasferimento dell’intera sua produzione all’Archivio
della Letteratura Tedesca di Marbach nella Repubblica Federale.
Armin Wegner è morto a Roma all’età di 92 anni,
il 17 maggio 1978. a Stromboli, sul soffitto della stanza di lavoro
della torre sono incise queste parole “Ci è stato affidato
il compito di lavorare ad un’opera, ma non ci è dato
di completarla”. |