Roma 24 Aprile - 2010
E rosso non è solo il sangue: le alchimie visive di Sevak Grigoryan. 1915. di Sevak Grigoryan , dal 24 aprile Galleria 291Est, via dello Scalo
http://www.galleria291est.com/spazio.asp
Scritto da Ilde Lazzara .
o fatto quattro chiacchiere con Sevak Grigoryan, artista visivo-plastico, in vista della sua ultima mostra .1915. alla Galleria 291 est.
In un pub a San Lorenzo, in un giovedì sfuocato, tra i passanti mods de Roma, che sfilavano per il concerto dei Gloria Cycles e Renato, personaggio storico del quartiere, che mi regalava entusiasta una delle sue matite dell’amore, eccolo lì, un ragazzo accovacciato sul trespolo dei suoi pensieri con un bicchiere in mano. Su questo sfondo giovani(chi)listico, Sevak, accesa la sua pipa, ha provato a raccontare cosa sia per lui, artista armeno, lavorare in Italia .
Come mai, sia in fase di progettazione che nella realizzazione delle tue opere, hai scelto di usare solo il colore rosso?
Quest.idea è arrivata quasi tre anni fa, in modo spontaneo. Il rosso è sempre uscito fuori nei bozzetti, all.inizio l.idea era quella di progettare un gruppo di sculture sui bambini armeni coinvolti nel genocidio del 1915. Questa mostra pittorica è una tappa del progetto che sto realizzando. Ho usato supporti in compensato per la realizzazione dei pannelli, l. ho trovato più interessante della tela.
In questo caso la resa del colore è diversa.
Si, infatti ho utilizzato un tipo di colore a basa acquosa ma con una resa tipo .verniciato., il compensato ha uno spessore interessante, all’inizio ho provato diversi tipi di colore acquerello, acrilici, olio, finché non sono riuscito a trovare la composizione chimica giusta. Giocando sono arrivato a capire cosa più mi piaceva. Uso un acrilico .grosso., tipo quello che usano gli imbianchini.
Come mai hai scelto per descrivere il genocidio armeno l.età dell.innocenza?
Perché la scelta del soggetto è caduta solo sulla rappresentazione dell’infanzia?
Quando dipingi non è che capisci cosa fai. Una sera ho accompagnato la mia ragazza al lavoro e tornando a casa, stressato, in tre, quattro ore ho realizzato i primi disegni. È arrivato tutto così, in maniera semplice e spontanea. Dopo quasi tre anni da questi primi disegni mi sono chiesto come mai proprio i bambini; rispondo che rappresentando i bambini tu fai vedere più cose, c.è una prospettiva più ampia della rappresentazione. I bambini non hanno avuto avvisaglie della tragedia che si stava compiendo; il giorno prima giocavano, il giorno dopo hanno perso i propri padri e sono stati deportati nel deserto. Loro sono passati dal gioco al dramma. Senza rendersene conto. Non sapevano nemmeno cosa fosse la morte, l.hanno imparata vedendola con i loro occhi. La sopravvivenza alla tragedia li ha fatti diventare testimoni, portatori di una memoria scomoda con il compito di trovare una risposta al dramma. Io ho concentrato la mia attenzione sui bambini che si sono salvati. Bambini che hanno perso tutto madre, padre, patria e che sono rimasti soli a rivolgersi a se stessi.
L'nima è stata distrutta ma loro stanno in piedi, fermi sulle loro gambe ed è questa la loro forza.
Questi bambini hanno la responsabilità e la possibilità di cambiare il mondo a partire da questa forza.
Mi pare di capire dalla tua analisi che consumata la tragedia questi bambini sopravvissuti avevano due possibilità, cercare vendetta o emanciparsi dalla spirale del male che li ha resi testimoni dell'rrore..
Si, superare l.odio e la rabbia, non imbracciare un fucile contro i Turchi ma dare una risposta diversa. Una risposta di speranza.
Questa mostra si discosta dalla precedente .La Danza dei Sette Veli., ispirata alla storia di Salomè, lì la tua ricerca era concentrata sull.erotismo e la passione.
Io non voglio percorrere una strada che me ne precluda altre. Mettermi un’etichetta.non voglio! ho bisogno di esplorare. Io penso che ogni giorno è diverso da un altro, sorridi e piangi anche in un solo giorno. In Salomè ho esplorato il desiderio, la forza distruttiva della passione, il desiderio del corpo senza amore. Quando devi amare non devi pensare a cose brutte, pesanti, quando queste ci sono non riesci ad amare. Ho esplorato un altro aspetto di me.
E avrò sempre il desiderio di esplorare altre tematiche. Non voglio rimanere su ciò che conosco, mi annoio, mi stufo. Quando sono riuscito a comunicare il mio punto di vista su una tema mi rivolgo ad altro. Lascio le mie opere in pace (ride). Ma tutto questo avviene in maniera naturale.
Nella mostra porti un.opera che sarà centrale, un grande pannello dove viene rappresentata una sorta di liberazione, io la chiamo la liberazione nel bianco.
Si, lo spazio bianco è quello spazio che ai bambini permette di costruire il futuro, di uscire dallo sfondo nero, dalla prigionia del dolore, davanti all’opera metterò una scultura, l.unica presente nella mostra, un bambino che sta in piedi ed ha lo sguardo rivolto al bianco, al domani che è da costruire. Ho cercato di rappresentare la dinamica dicotomica del nero che stringe e costringe e il bianco che allarga.
Come mai in questa fase prediligi la forma pittorica alla scultura? Dopotutto tu nasci come scultore e i tuoi studi sono legati alle composizioni plastiche.
Io non faccio pittura, non voglio offendere chi fa pittura (ride), io sperimento e poi la scultura ha dei costi molto alti che per il momento non posso affrontare.
Noti un atteggiamento diverso all.estero, rispetto all'Italia, verso l’arte contemporanea?
In Italia è più difficile esporre, è più difficile vedere riconosciuto il proprio lavoro. Sono arrivato a Firenze dopo una grossa vendita in Danimarca.
Sono uscito dal mio paese d.origine per cercare un confronto diretto con il mercato europeo.Sembra che tutto sia stato casuale, ma in fondo non lo è.
Cosa pensi del modo che molti hanno nel rivolgersi all'Arte come un sorta di hobby e ne svalutano l'aspetto impegnativo, la technè, il sudore sulla fronte.? Sto pensando al fatto che in Italia non viene contemplata nessuna forma d'incentivo nei confronti di chi voglia fare della pittura, scultura, musica, cinema un lavoro del quale vivere e invece viene lasciata ogni cosa all’ingegno dell'improvvisazione, sembra quasi che solo il successo sia il parametro di valutazione per l'artista e tanti saluti allo studio e alla competenza.
Ogni lavoro ha la sua parte di creatività, ogni persona deve trovare il suo lavoro, ciò che lo fa sentire realizzato, ciò che lo porta verso il benessere.
Ho fatto tanti lavori diversi, ho lavorato in una fonderia ad esempio, ma non era ciò che volevo per me. Noi umani abbiamo la mente, il corpo, l.anima e tutte e tre vanno usate quando lavori come quando ami.
Cosa bolle in pentola?
Sto preparando una serie di bassorilievi partendo dal testo del K.mas.tra, mi incuriosisce l.elaborazione di una visione europea su questo antico trattato.
Alla prossima mostra!!! In bocca al lupo! E grazie per il pathos condiviso!
Grazie a te!
-.1915. di Sevak Grigoryan , dal 24 aprile Galleria 291Est, via dello Scalo San Lorenzo 45, Roma
Sevak Grigoryan nasce in Armenia nella città di Yerevan nel 1979, nel 1990 frequenta il Centro Repubblicano di Educazione Estetica nella sua città natale con il "Gruppo studiosi della scultura" per proseguire poi il proprio percorso di formazione presso il liceo artistico " P. Terlemezyan", percorso che lo porta poi a diplomarsi in scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Yerevan.
La sua curiositè e dedizione alle arti plastiche lo portano fino in Italia dove lavora e studia, da prima all'Accademia di Belle arti a Firenze, poi a Roma, dove viene ammesso alla Scuola dell'arte della Medaglia dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, luogo in cui viene a contatto con tecniche che vanno oltre la scultura, avvicinandosi sempre più all'alchimia della materia.
Nella sua carriera numerose le esposizioni che svolge nel suo paese, terra a cui è molto legato, tanto che nel 2003 realizza anche un'opera pubblica intitolata "Phoenix" nel tufo, per la piazza principale della città di Spitak.
Attualmente vive e lavora a Roma.
- http://www.galleria291est.com
-http://silvanagallery.
com/Artists/sculpture_artists/Sevak_Grigorian/Sevak_Grigorian.html
Vahè V.