XX
SECOLO: Genocidio - Genocidi
Intervento
della Vice Presidente della
Federazione delle Comunità Ebraiche d'Europa, Tullia Zevi,
in occasione dell'iniziativa "XX Secolo: Genocidio - Genocidi"
Palazzo
Valentini, Roma, 03/05/2000
Sig.
Ambasciatore, cari amici,
Io
penso che a questa riunione non potesse mancare una voce e una testimonianza
ebraica e sono grata agli organizzatori per avere dato a me l’onore
di essere questa voce.
Io non ho dei meriti particolari se non quella di una lunga testimonianza
e un lungo impegno. Un padre provvido e antifascista, aveva portato
nel ‘38 in salvo i suoi quattro figli negli Stati Uniti. Immediatamente
dopo la fine della guerra io sentii un impulso irrinunciabile a
tornare in Europa e feci ritorno come giovanissima giornalista alle
prime armi in una nave trasporto truppe.
I miei compagni di viaggio erano i membri superstiti della famiglia
Rosselli: La madre di Carlo e Nello, Le vedove, i figli. Quindi
già questo ritorno era per me un impegno e direi anche un
segnale, un segnale da che parte si dovesse stare e che si dovesse
fare. Era necessario avere una credenziale per tornare in Europa
subito dopo la fine della guerra, ed io ebbi l’incarico di
venire come giornalista da una agenzia americana religiosa, che
si chiamava Religious News, ed era una agenzia che rappresentava
tutte le religioni e si occupava di tutte le comunità religiose.
Il mio battesimo del fuoco giornalista fu il processo di Norimberga,
quindi mi trovai per destino e forse per vocazione, legata a questa
tema tragico del genocidio. La cosa che mi colpi già allora
fu quella di cui ha parlato prima l’On. Pagliarini,cioè
che si svolgeva un vero dramma in quell’aula, c’erano
i massimi responsabili del nazismo chiamati in causa.
Si è anche parlato del difetto del processo di Norimberga,
il difetto di essere in un tribunale dei vincitori e non un tribunale
internazionale, quel tribunale nazionale contro i crimini contro
l’umanità ella cui necessità siamo tutti consapevoli
e di cui processo dell’Aia ( specialmente perché è
pubblico ministero Carla Del Ponte), è quasi un’ apertura
perché già si incominciano ad individuare dai sia
pur modesti risultati che sta avendo, anche importanti significati,
e si capisce ancora di più necessità che questo tipo
di tribunale non sia un tribunale di vincitori, ma un tribunale
internazionale e che abbia vita, perché dobbiamo difenderci
dai pericoli che ci circondano.
Ora
la cosa che mi colpi, più che la dramma che si svolgeva nell’aula,
era quello che succedeva fuori. C’era una parola per definire
l’atteggiamento, mentre si svolgeva un dramma che coinvolgeva
l’intero popolo tedesco:l’indifferenza. Io penso che
è l’indifferenza il nemico vero della necessità
di perpetuare la memoria. Io penso che questo secolo, il XX secolo,
che è stato chiamato il secolo
terribile, il secolo dei genocidi, comincia i suoi orrori veramente
dal genocidio degli armeni; non ci si può dissociare, non
si può ignorare, si deve affermare la necessità di
ricordare il genocidio degli armeni come parte integrante di quel
tratto della realtà e della storia europea. E che se la memoria
di questi fatti non viene trasmessa, non viene mantenuta, se si
permette all’oblio di stendere le sue ali grigie su questi
orrori, c’è il pericolo che si stanno consumando anche
adesso, diventino dei fatti storici, insomma che lentamente diventino
qualcosa come le guerre e trasmettere la necessità di ricordare
il genocidio.
Io parlo spesso nelle scuole e qualche volta mi accorgo che se io
parlo solo della Shoah, del genocidio degli ebrei, ad un certo punto
l’attenzione cade, ma quando io comincio a dire: guardate
che quello che è successo ( e io non parlo solo del genocidio
degli ebrei; parlando della Shoah io penso sempre che si debba dire
che nella Shoah, nel genocidio, ci sono gli antifascisti, ci sono
gli omosessuali, una strage ben più ampia, l’attenzione
aumenta.
Certo le cifre parlano della rilevanza dello sterminio ebraico però
è necessario che si parli in generale di un pericolo che
si sta trasmettendo perchè se noi analizziamo quello che
si chiama pulizia etnica con un eufemismo direi indecente, pulizia
etnica, vediamo che è parente prossimo di quello che si chiamò
con un altro eufemismo sinistro: la soluzione finale del problema
ebraico.
Ecco, il problema è trasmettere questa memoria e presentare
il genocidio come una minaccia permanente che può colpire
tanti popoli e questo sta succedendo, perché non solo nella
vicina Iugoslavia, è sempre lo stesso meccanismo perverso:
una maggioranza che elimina una minoranza o per regioni di relpolitik,
ma anche per la necessità perversa e errata di sentirsi più
forti, più identificati eliminando le diversità. In
un mondo che si va globalizzando, in società che diventano
sempre più multietniche e multiculturali non è possibile
continuare a consentire a questo veleno di perpetuarsi.
Quindi noi abbiamo ( l’On. Pagliarini parlava prima della
necessità di riuscire a includere la tragedia del genocidio
degli armeni) il dovere di ascoltare altri genocidi del secolo,
e di questo sono assolutamente convinta anch’io; penso che
si debba pensare alle nuove generazioni. E’ una cosa che io
ho già proposto, spero che si riesca a fare: non basta convocare
e fare una riunione di ministri degli esteri e di presidenti del
consiglio, io penso che si debbano convocare i ministri dell’educazione,
perché io penso che si debba stendere una politica dell’educazione
intorno alla consapevolezza del genocidio, e questo lo sento fortissimo.
Io proprio mi identifico con l’ossessione che attanagliava
Primo levi gli ultimi anni della sua vita: è una ossessione
che si trova presente in uno scritto che non fu mai pubblicato in
vita ed un discorso che Primo Levi avrebbe dovuto pronunciare a
un congresso dell’Unione della comunità ebraiche italiane;
e questo discorso era sul tema dell’oblio.
Lui parlava di Auschwitz, della sua esperienza: se questo dovesse
essere dimenticato, se vinceranno le voci che vogliono ignorare,
coprire di fango, coprire di terra, 10, 100, 1000 Auschwitz saranno
ancora possibili.
Non so se si debba essere cosi apocalittici come la disperazione
di Primo Levi suggeriva, ma certamente il pericolo esiste, e l’unica
arma di difesa è lottare contro l’oblio e trasmettere
alla memoria, non edulcorata.
Io
sono contraria alla “vita è bella”, perché
non credo che si debba e si possa raccontare il genocidio in un
film in cui il bambino assurdamente nascosto da un padre ebreo nella
sua baracca, vada a fare la merenda con i nazisti. Io mi rifiuto
di trasmettere la memoria di un genocidio con questi edulcoranti
che piacciono tanto, anche agli ebrei, proprio perché sono
edulcoranti. Non c’è edulcorazione dell’orrore,
bisogna saperlo spiegare, bisogna guidare i giovani lungo il cammino
perché possono immedesimarsi in queste cose senza essere
traumatizzati. Ma la verità deve essere trasmessa nel suo
orrore cosi come sta.
Bisogna trovare le parole per dirlo, ma questo secondo me è
una responsabilità di tutti quelli che veramente vogliamo
tentare che questo non si ripeta.
C’è una preghiera che gli ebrei pronunciano la mattina
e la sera e in questa preghiera si chiama l’uomo a operare
per il Tikun Haulan che è la guarigione del mondo. Bene.
Se questo mondo è guaribile dai suoi errori, penso che sia
necessaria anche la trasmissione della memoria degli errori di cui
è stata capace l’umanità nel secolo terribile
che noi abbiamo attraversato; io penso che la guarigione del mondo
può e deve passare anche dal ricordo di questi orrori che
abbiamo vissuto.
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