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Proposte e bozze per un laboratorio sull'immigrazione 22 Ott . e 7 Dic: 20011
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Proposta del FORUM 7 Dic 2011
seguono le bozze redatte da Kambiz e Santos di Peru non ho pubblicato le mie correzioni sul resoconto della bozza di Kambiz in quanto tecnicamente non pubblicabili
Considerazioni in merito al Work in progress del laboratorio dell’immigrazione.
A seguito delle quattro riunioni del laboratorio dell’immigrazione, iniziativa nata nell’ambito del convegno “immigrati: associazionismo, democrazia e integrazione”, sono stati evidenziati taluni aspetti significativi della rappresentanza e dell’associazionismo immigrati.
• Le associazioni immigrate soprattutto quelle c.d. “comunitarie” che raggruppano e organizzano cittadini dello stesso paese e/o della stessa etnia sono strumenti essenziali nel processo di integrazione degli immigrati dal momento che sono in grado di rappresentare regole, usi, tradizioni di quella specifica cultura e sono in grado altresì di avviare un confronto con la cultura del paese di accoglienza.
Possono e devono essere inserite in un albo delle associazioni dei migranti ottemperando
ad alcuni requisiti:
1. rispetto della legislazione italiana per quanto riguarda l’atto costitutivo, lo statuto e il regolamento dell’associazione.
2. adozione delle regole democratiche quanto alla gestione e alla formazione degli organi direttivi nonché alla partecipazione degli iscritti.
3. trasparenza dei bilanci e della contabilità
4. relazione annuale sulle attività svolte nei settori previsti dallo statuto dell’associazione
5. presenza in maggioranza di soci stranieri o di origine straniera
L’iscrizione all’istituendo albo delle associazioni immigrate
• dà diritto a una maggiorazione del punteggio per la partecipazione ai bandi relativi a interventi sull’immigrazione
• è propedeutica alla partecipazione di un rappresentante dell’associazione alla Consulta delle associazioni immigrate
Condizione essenziale per l’iscrizione all’albo delle associazioni immigrate è l’erogazione di una quota annuale proporzionale al numero degli iscritti che sarà inclusa in un fondo speciale a gestione dei rappresentanti della Consulta e destinato a supportare iniziative e interventi a favore dell’immigrazione.
La Consulta delle associazioni immigrate costituita con la partecipazione di un rappresentante per ogni associazione in possesso dei requisiti richiesti ha tra le sue finalità
• valutare e accogliere nuovi rappresentanti delle associazioni senza discriminazione dettata da intolleranza religiosa, di genere, politica o parapolitica, o etnica
• esprimere un parere obbligatorio e non vincolante su tutti gli atti e i provvedimenti assunti dall’amministrazione locale relativamente alle problematiche dell’immigrazione
• predisporre strumenti di partecipazione diretta delle associazioni immigrate a partire dall’organizzazione di referendum
• attivare ogni riflessione sui percorsi di integrazione da perseguire per giungere al diritto di cittadinanza e al diritto di voto amministrativo
• organizzare gruppi o comitati di lavoro per singoli aspetti inerenti le tematiche dei migranti, delle loro associazioni e delle relazioni intracomunitarie
FORUM 7 DIC 2011
Proposte e resoconto dell'assemblea del 22 / ott /2011 dell'Arch Kambiz
Laboratorio per l’immigrazione
Resoconto di quanto si è convenuto unanimemente nella riunione del 22.11.2011, in Campidoglio
1 – Sull’Associazionismo delle Comunità Straniere in Italia
L’associazione è lo strumento più efficace e indispensabile ai fini dell’integrazione, dove avviene la raccolta, la canalizzazione e l’elaborazione di attività e proposte utili allo sviluppo civico dell’immigrato. Un albo delle associazioni delle comunità degli immigrati presso le istituzioni locali (regionali e nazionali) la crescita programmata delle aggregazioni e il loro scambio con la società ospitante.
Lo sviluppo e la riuscita di queste associazioni dipendono non solo dall’immigrato ma anche dall’ambiente in cui queste vivono, dai mezzi e dallo spazio messi a loro disposizione, dal rispetto per la loro indipendenza e, soprattutto, dalle pari dignità che le si riconoscono.
a) La struttura associativa deve essere democratica. Cioè:
- L’associazione degli immigrati dovrà essere assimilabile ad una delle forme previste dal Codice Civile e costituirsi secondo le norme vigenti in materia (in allegato: le varie forme associative previste nel C.C.);
- dovrà disporre di uno statuto registrato;
- dovrà essere sovrana l’assemblea dei soci;
- dovrà dotarsi di organi statutari (Direttivi, esecutivi e di controllo) a base elettiva ed a tempo determinato e responsabilità davanti all’assemblea dei soci;
- dovrà dotarsi di un regolamento interno e produrre bilanci annuali e rendiconti periodici delle proprie attività.
b) Nulla deve impedire la presenza di soci italiani nelle associazioni degli immigrati. Anzi, la loro presenza facilita e arricchisce il dialogo e favorisce la reciproca conoscenza lungo il processo d’integrazione.
c) Il criterio di iscrizione all’Albo comunale deve essere basato sulla valutazione, da parte dell’Amministrazione, della documentazione periodica che riferisca circa le attività svolte e da svolgere dalle associazioni ai fini dell’integrazione e conformi ai traguardi espressi nei loro statuti.
d) Non bisogna condizionare la costituzione delle associazioni ai limiti massimi e/o minimi di numero di soci. È auspicabile attenersi alle regole generali stabilite dal Codice Civile, lasciando agli immigrati la massima facilità nell’aggregarsi a seconda della consistenza della loro presenza, della loro cultura d’origine e della loro provenienza territoriale e/o comunitaria.
2 – Organo di Rappresentanza degli Immigrati presso le istituzioni locali
Gli immigrati hanno delle specifiche necessità immediate delle quali si occupano, oltre gli enti pubblici, le associazioni di volontariato, comunitarie e tematiche. Per quanto riguarda l’integrazione, nascono, invece, necessità ed esigenze di dialogo multi culturale tra le associazioni degli immigratati medesime, tra queste e il territorio in cui vivono e, soprattutto, tra queste e le istituzioni, in primo luogo quelle locali.
Si ha bisogno di un organismo di “osservazione” e/o di “consultazione”, composto dai rappresentanti delle associazioni degli immigrati e/o delle comunità straniere residenti che interloquisca con l’Amministrazione, fornendo elementi utili alle istanze preposte alla definizione di norme che regolano la vita dell’immigrato.
La scarsa riuscita delle esperienze precedenti (la Consulta, l’Osservatorio, i quattro Consiglieri Aggiunti – uno per continente -) nell’avvicinare l’immigrato alle istituzioni era dovuta più dalla mancanza di mezzi e risorse a loro disposizione che dall’inerzia dei rappresentanti eletti.
Le poche attività svolte da queste rappresentanze sono state, sempre, dettate dall’alto, senza raccogliere le richieste dal basso, alimentando la sfiducia degli immigrati sia nei confronti dei loro rappresentanti che di quello dell’Amministrazione. La riconferma, per delibera comunale, del mandato scaduto dei Consiglieri Aggiunti, ha trasformato questi rappresentanti in mandatari del Consiglio Comunale, allontanando definitivamente gli immigrati dalle istituzioni.
Il Parlamentino (la Consulta o l’Osservatorio…) degli immigrati, a livello locale, dovrebbe avere la seguente struttura:
a) Sarà un organo elettivo, rinnovabile, con organi statutari e bilanci di attività. Saranno presenti nell’organismo, un rappresentante (il più votato) per nazione e/o comunità.
b) Questo organismo dovrebbe avere, come compito, il parere obbligatorio su ogni delibera o fatto amministrativo che riguardi l’immigrato, fermo restando la facoltà dell’Amministrazione nel prenderlo o meno in considerazione. Questa fase costituisce il preludio al recepimento graduale della Direttiva Europea del 1992 che sancisce il diritto di voto amministrativo per gli immigrati residenti da più di cinque anni.
c) Le elezioni saranno organizzate dai municipi. I residenti sono liberi di sostenere i candidati di qualsiasi municipio. In tempi di crisi economica, si può prevedere un contributo minimo alle spese elettorali da parte dei votanti.
d) Questo parlamentino, a Roma, dovrebbe avere una trentina di membri (un rappresentante ogni cinque – dieci mila immigrati residenti). Tre o quattro eletti (numero da stabilire con l’Amministrazione) all’interno del parlamentino, assistono alle sedute del consiglio comunale per poter rapportare all’interno delle organizzazioni degli immigrati gli argomenti in discussione che li riguardano.
3 – Mezzi e risorse
Senza mezzi e risorse tutto questo non è che un castello di carte. Bisogna rivolgersi alle amministrazioni per chiedere strumenti, luoghi di aggregazione, mezzi di comunicazione, e, soprattutto, pari opportunità rispetto allele “associazioni italiane per l’immigrazione”.
4 – Ordinamento referendario
Lo strumento referendario propositivo o consultivo, presente negli ordinamenti democratici, deve essere riconosciuto anche agli immigrati. Il parlamentino dovrà redigerne il regolamento, tenendo presente le esperienze pregresse in materia.
Contributo Di SANTOS segue :
Allegato:
ASSOCIAZIONISMO definizioni e concetti
CONCETTO: Le Attività Associative, nelle loro diverse forme (associazioni, fondazioni, comitati, società cooperative), più che ad una categoria economica corrispondono ad un concetto giuridico. Una definizione univoca si rileva nel Codice Civile, secondo il quale le forme giuridiche dell’Associazionismo consistono in un “complesso organizzato di persone e di beni, rivolto ad uno scopo, di natura ideale, non economico”. Dunque il codice ne individua le caratteristiche strutturali in un organo amministrativo, in un elemento patrimoniale e in uno scopo non lucrativo. Già da questa definizione le Attività Associative trovano una prima e sostanziale corrispondenza con quello che nella nomenclatura più diffusa viene definito il settore del non profit.
L’area delle Attività Associative presenta tuttavia un’ulteriore difficoltà di definizione, in quanto prescinde dalla variabile di settore economico comunemente utilizzata anche negli studi delle aree occupazionali, per individuare “l’insieme di aziende simili in base ai processi di produzione o ai prodotti, o perché operano negli stessi mercati o in mercati strettamente interdipendenti1”: le attività e le organizzazioni che rientrano nell’area del non profit, risultano invece essere eterogenee per prodotti, tecnologie e mercati. Si può quindi affermare che le Attività Associative non si caratterizzano per il settore d’appartenenza, ma per le motivazioni legate alla costituzione e allo sviluppo delle organizzazioni, che sono il perseguimento di finalità, la tutela di interessi e il soddisfacimento di bisogni, riconducibili ad aspetti di “bene comune”. Il settore del non profit può essere sinteticamente descritto secondo:
• la finalità della missione o lo scopo istituzionale dell’ONP (organizzazione no profit);
• le fonti di finanziamento;
• il profilo giuridico - che influenza sia la variabile organizzativa che quella di mercato;
• le aree economiche di intervento.
L’ATTUALE CONTESTO SOCIALE
L’indebolirsi dei legami sociali porta i cittadini a provare crescente difficoltà nel “fare comunità”.cioè a ritrovarsi in un tessuto sociale coeso intorno a valori, regole condivise e vincoli solidali e difatti si ripropone, in forme sempre più marcate, un diffuso senso di insicurezza, che può sfociare in atteggiamenti di paura e di rifiuto delle relazioni con l’altro. Riappare, in termini talvolta anche drammatici, la “questione sociale”, dovuta ad un rapido e progressivo peggioramento delle condizioni di vita di persone e famiglie – basti pensare ai 15 milioni di cittadini a rischio povertà denunciati dall’ultimo rapporto Caritas – soprattutto in alcune aree del Paese. Infine si segnala ormai la crisi dei tradizionali strumenti della rappresentanza, tanto politica (fine dei partiti di massa e persino d’opinione) quanto sociale.
Tutto ciò appare particolarmente evidente alla luce della drammatica crisi che, partita dai mercati finanziari, sta ripercuotendosi pesantemente in tutti gli ambiti della vita economica, in ogni parte del
mondo.
L’Italia, in particolare, vive l’odierna situazione di recessione con più apprensione rispetto agli altri Paesi europei in quanto la sua condizione è maggiormente complessa. Come un recente rapporto ha rilevato, l’Italia è al sesto posto tra i Paesi OCSE per il più elevato gap tra ricchi e poveri e tale disuguaglianza è cresciuta negli ultimi quindici anni in modo superiore ad ogni altro paese. Nella situazione di crescita economica, che ormai abbiamo alle spalle, i ricchi hanno ottenuto benefici in misura nettamente superiore rispetto ai poveri ed alla classe media. Basti pensare che il 10% più ricco detiene oggi circa il 42% del valore netto totale della ricchezza del Paese.
La condizione di povertà ha raggiunto negli ultimi mesi oltre sette milioni e mezzo di cittadini –come ha confermato l’ultimo rapporto dell’Istat – interessando in particolare i nuclei familiari con figli o persone anziane a carico e quelli del Mezzogiorno. All’interno di questa fascia si trovano, inoltre, un milione 170 mila persone che vivono in condizioni di estrema povertà, con un livello di spesa mensile di molto inferiore ai livelli di indigenza.
Il Terzo Settore deve lasciarsi profondamente interrogare dalla crisi di un modello di sviluppo che, avendo disancorato il profitto dal lavoro ed essendo disinteressato alla corretta redistribuzione della ricchezza, ha messo a repentaglio la stessa possibilità di futuro dell’ecosistema del nostro pianeta ed
ha causato fame, guerre, migrazioni. Siamo di fronte, a ben vedere, ad una crisi che è contemporaneamente finanziaria, energetica ed ambientale.
Associazionismo sociale
L'associazionismo sociale è l'espressione delle attività di partecipazione, solidarietà e pluralismo per il conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale, di ricerca etica e spirituale, promosse dai cittadini costituiti in forma associativa. Sono considerate Associazioni di promozione sociale le Associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali cura l’attuazione delle disposizioni normative volte al riconoscimento e al sostegno dell’associazionismo liberamente costituito e dei suoi interventi operativi nel sociale.
Le associazioni non profit, teniamo però presente che esistono leggi che si applicano in generale alle associazioni, altre che si applicano ad associazioni in possesso di caratteristiche particolari, riconosciute tali mediante iscrizione in appositi albi. E' il caso delle:
• ONG Organizzazioni Non Governative
• OdV Organizzazioni di Volontariato
• ONLUS Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale
• APS Associazioni di Promozione Sociale.
che possono tutte essere costituite in forma di associazione ma sono soggette a discipline specifiche non generalizzabili a tutte le associazioni. Prestare quindi molta attenzione nel tenere ben distinte queste figure.
IL PROFILO GIURIDICO, MISSION E GESTIONE DELL’ASSOCIAZIONI
A partire dalla fine degli anni ’80, sono stati emanati vari provvedimenti, volti a regolare, in modo esplicito di quanto era stato fatto in precedenza, l’identità istituzionale e le attività delle ONP, con particolare riferimento alle organizzazioni che abbiano come finalità l’utilità collettiva. Questi provvedimenti hanno ridisegnato complessivamente il settore, come si può rilevare dall’elenco che segue:
• ONLUS - Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale (D.L. n. 460 del 4/12/97): associazione a carattere privato, con o senza personalità giuridica, avente un fine solidaristico, vale a dire che svolge attività di utilità sociale, rivolte alla collettività nei settori dell’assistenza, della beneficenza, della cooperazione allo sviluppo, dell’istruzione e così via. Condizione essenziale è che l’attività dell’ONLUS non sia svolta nei confronti di soci, associati o partecipanti, ma sia rivolta a persone in situazioni di svantaggio fisico psichico, economico, sociale o familiare o a collettività estere, al fine di rendere loro un beneficio. Le ONLUS godono di un particolare regime di tassazione ai fini delle imposte sia dirette che indirette.
• ONG - Organizzazione Non Governativa (L. n. 49/87): forma di volontariato internazionale, che ha come fine istituzionale quello di svolgere attività di cooperazione allo sviluppo, in favore delle popolazioni del Terzo Mondo. Essa riguarda prevalentemente i settori della sanità, dell’agricoltura, dell’istruzione (soprattutto professionale) e dell’animazione sociale. Per poter accedere ai finanziamenti previsti e impiegare volontari in servizio civile, le ONG devono ottenere il riconoscimento di idoneità da parte del Ministero degli Affari Esteri.
• OdV - Organizzazione di Volontariato (L. n. 266 dell’11/8/91): attività di volontariato prestate in modo personale, spontaneo e gratuito all’interno di un’organizzazione ed esclusivamente per fini di solidarietà. Momento qualificante di tali prestazioni è la finalità altruistica, che scaturisce da un contratto atipico lavoro gratuito in cui, necessariamente, deve essere escluso ogni vantaggio patrimoniale per il volontario, non limitato al rimborso delle spese. Le OdV possono accedere ai contributi statali e regionali, stipulare convenzioni con enti pubblici e beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dalla legge.
• Associazioni di promozione sociale APS (L. n. 383 del 7/12/00): la categoria è genericamente individuata nella dicitura «enti le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno», ed è identificabile nelle associazioni storiche come, ad esempio le ACLI, l’ARCI, e così via.
• Cooperativa Sociale (L. n. 381/91): la Cooperativa Sociale rappresenta l’utilizzo solidale dell’istituto mutualistico della cooperativa ed ha come obiettivo finale l’interesse generale della comunità. La normativa distingue cooperative Sub A, che perseguono come scopo sociale tale interesse, rivolto soprattutto alla promozione umana e all’integrazione dei cittadini, attraverso la gestione dei servizi socio-sanitari, e cooperative Sub B, che perseguono lo stesso scopo, attraverso l’integrazione dei lavoratori svantaggiati nelle attività produttive.
• Fondazione e Fondazione Bancaria (L. n. 218/90 e D.L. n. 356/90): la Fondazione è un’istituzione intermedia fra cittadino e Stato, alla quale possono dar vita persone fisiche o giuridiche, conferendo un patrimonio vincolato al perseguimento di uno scopo istituzionale di pubblica utilità o comunque altruistico. La tipica Fondazione di pubblica utilità è un’azienda non profit pura, imprenditoriale, che eroga contributi. Un’altra particolare tipologia è quella della Fondazione Bancaria, istituita per effetto dei meccanismi collegati al conferimento di fondi da parte della Banca titolare alle società per azioni controllate. A tali Fondazioni è richiesto sia di perseguire fini d’interesse pubblico o di utilità sociale, nel campo della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte e della sanità, sia di mantenere le originarie finalità di assistenza alle categorie sociali deboli.
VOLONTARIATO
Il volontariato sociale nelle sue molteplici forme si pone oggi come un imponente elemento promotore di una collaborazione costruttiva tra istituzioni pubbliche e cittadinanza, per la formazione di una nuova coscienza del disagio, interessata alla prevenzione ed alla rimozione del disagio stesso.
Chi, come i volontari e gli animatori delle organizzazioni sociali, ha in questi anni operato concretamente per affermare e rendere visibile un diverso modello di sviluppo, che ponesse al centro la dignità ed il benessere di ogni persona, non può oggi tacere di fronte ad un mondo incapace di darsi nuove regole. Il Terzo Settore, pur nella frammentarietà della sua esperienza, deve sapersi offrire come luogo di discussione critica e di definizione di un più umano e sostenibile modello di società. La sua capacità di produrre buone pratiche, oltre che la forza che gli deriva dal coinvolgimento democratico dei cittadini ai propri progetti, rende oggi il Terzo Settore un possibile protagonista di una nuova fase della vita economica, oltre che sociale e politica, del nostro Paese.
Vahe
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