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06 04 22- Un genocidio non sempre riconosciuto
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http://www.chiesadimilano.it/INCROCINEWS/incroci/
Il 24 aprile 1915 venivano massacrati
un milione e mezzo di Armeni
UN GENOCIDIO NON SEMPRE RICONOSCIUTO
Monastero di Tatev
COMMEMORAZIONE
Lunedì 24 aprile si celebra il 91° anniversario del genocidio armeno. La Chiesa apostolica armena d’Italia invita i fedeli ambrosiani e la cittadinanza alla divina liturgia solenne alle 10.30 presso la basilica di S. Ambrogio e alla commemorazione del genocidio alle 12.30 presso il Khachkar (croce di pietra) in piazza S. Ambrogio.
APPROFONDIMENTI
• La storia del genocidio
• Una tragedia
• dimenticata
• Intervista a don Afker
• Riflessione di padre Aren
Secondo fonti ufficiali, durante la guerra russo-turca (1914-1917), furono oltre 1,5 milioni gli armeni massacrati, tuttavia Ankara non riconosce ancora oggi il genocidio. Molte altre centinaia di migliaia si dispersero tra Iran, Europa, America, Iraq, Siria e Libano.
di Luisa Bove
Il genocidio degli armeni è avvenuto 91 anni fa in Turchia allo scopo di “liberarla” dalla presenza armena. Se si esclude una piccola comunità d Istanbul l’obiettivo fu raggiunto. Il genocidio del 1915 è dunque la prima “pulizia etnica” del secolo scorso. Motivo del massacro non fu dunque religioso.
Secondo fonti ufficiali, durante la guerra russo-turca (1914-1917), furono oltre 1,5 milioni gli armeni massacrati, tuttavia Ankara non riconosce ancora oggi il genocidio. Molte altre centinaia di migliaia si dispersero tra Iran, Europa, America, Iraq, Siria e Libano. Il territorio ameno venne frantumato dal crollo degli imperi zarista e ottomano. Una “grande retata”, avvenuta nella capitale, segna l’inizio del genocidio.
All’alba di sabato 24 aprile 1915 vennero arrestati i maggiori esponenti dell’élite armena di Costantinopoli, operazione che proseguì per alcuni giorni. In un mese più di mille intellettuali armeni, tra giornalisti, scrittori, poeti e deputati al Parlamento furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e massacrati per strada.
Dei deportati solo una piccola percentuale giunse a destinazione a causa di stragi causate da malattie, fame, sete, cui si aggiungevano le continue sevizie: rapimenti, stupri, attacchi di bande armate, torture e uccisioni. In tre mesi il grosso del “lavoro” era compiuto e alla fine del luglio 1915 non restava più nessun armeno nell’Anatolia orientale.
A questo punto era il momento di passare alle province dell’Ovest e in particolare alla Cilicia. Alla fine del 1916 i soli sopravvissuti erano gli armeni di Costantinopoli e di Smirne, fu risparmiato qualche raro nucleo e le circa 300 mila persone che avevano seguito l’esercito russo nella sua ritirata.
Dopo la guerra civile russa sorse tra il Caucaso e l’Anatolia una Repubblica armena che aderì all’Urss nel 1922. Unita a Georgia e Azerbaigian nella Repubblica transcaucasica fino al 1936, ottenne poi l’autonomia. Nel 1991 il crollo dell’Urss la rese indipendente, ma le minoranze armene continuarono a soffrire discriminazioni e persecuzioni nella Georgia, Azerbaigian, Turchia e Iran, che diedero adito a uno stato di guerra permanente.
Nel conflitto tra il 1988 e il 1994 sono morte oltre 35 mila persone. Oggi l’Armenia ha una superficie di 29.800 chilometri quadrati e una popolazione di quasi quattro milioni, altrettanti vivono oggi all’estero. Oltre il 90% della popolazione è di etnia armena, la capitale è Ierevan. La Costituzione prevede un presidente eletto del popolo, con poteri di nomina e destituzione dei ministri.
La Turchia e l’Azerbaigian hanno chiuso le loro frontiere all’Armenia sin dal 1991 a causa del conflitto del Nagorno-Karabagh, impedendo così il passaggio dei beni di prima necessità e degli aiuti umanitari; la frontiera con la Georgia è impraticabile, l’unico Paese aperto è l’Iran col quale l’Armenia ha buoni rapporti. La maggior parte della popolazione è in grave disagio, al limite della sopravvivenza perché la difficile ricostruzione dell’Armenia, dopo il terribile terremoto del 1988 che ha cancellato le regioni del Nord, è ancora agli inizi; la pace per il Karabagh è lontana benché si sia smesso di sparare. L’Armenia, seppure profondamenta ferita, rimane ancora un Paese vivace e ricco di interessi.
V.V
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