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Alice
Tachdjian Polgrossi
Nasce
a Parigi da genitori Armeni scampati al genocidio del 1915
e poi immigrati in Francia.
Finiti gli studi a Parigi sposa il pittore Italiano Carlo
Polgrossi e si trasferisce a Ravenna
Insegna lingua e civiltà francese nei licei linguistici;
fonda l'associazione di volontariato "Amici dell'Armenia".
Corrispondente estera dall'Italia di Nouvelles d'Armenie
Magazine" di Parigi. Pittrice. |
Articolo
tratto da "Nouvelles d'Arménie Magazine" n°130
LA
MASSERIA DELLE ALLODOLE SUGLI SCHERMI
I
FRATELLI TAVIANI PREMIATI AL FESTIVAL DI CANNES CON PADRE PADRONE,
PRESENTANO IL LORO FILM SUL GENOCIDIO DEL 1915.
Il
primo realizzato da registi “non-Armeni”. Incontro
e spiegazioni
-Molti
italiani lo stanno vedendo. Le sale sono piene e la gente ne esce
con gli occhi umidi. E' un successo.
Mi
fa piacere. Il presidente Roberto Kotcharian mi ha detto tramite
l’Ambasciata d’Armenia che conferirà a mio
fratello e a me, un premio importante nel mese di giugno. Hanno
fatto vedere il film agli storici armeni a Erevan, che hanno detto
che dal punto di vista storico è assolutamente perfetto.
Il film è molto piaciuto a loro.
-Perché
avete deciso di realizzare questo film in questo momento della
vostra carriera? Sono dieci anni che non producete più
film non è vero?
Non
esattamente. Abbiamo girato dei film per la televisione. Per noi
erano film anche questi. Per fare un film di quella dimensione
c’erano delle difficoltà oggettive del mercato italiano.
In ogni caso l’atteggiamento nostro è sempre stato
quello da registi di cinema.
-Come
siete venuti a conoscenza del libro di Antonia Arslan e perché
non avete sempre seguito la trama del libro?
Eravamo
d’accordo con l’autrice, abbiamo preso lo spunto dal
testo e poi siamo andati per la nostra strada. Abbiamo fatto altri
film tratti da opere letterarie del passato o anche contemporanee
come” Padre padrone” e opere da Pirandello, Tolstoi
e ogni volta abbiamo scelto questi testi e poi siamo andati per
la nostra strada. L’opera letteraria ha un linguaggio, l’opera
cinematografica ha un altro linguaggio. Non vogliamo illustrare
un libro, vogliamo usarlo per parlare di problemi, di voi. Per
rispetto, abbiamo cambiato i nomi dei personaggi del libro e la
storia della famiglia di Antonia. Noi abbiamo conosciuto questo
libro al premio Campiello, l’abbiamo letto e ci ha colpito
profondamente. E un libro molto bello , scritto bene e il suo
stile è molto affine al modo nostro di girare. Penso alla
“notte di S.Lorenzo” per esempio. Abbiamo cominciato
a studiare questa storia del genocidio degli armeni. Credevamo
di sapere qualcosa e abbiamo scoperto che non sapevamo niente.
Noi siamo persone abbastanza colte, invece niente, siamo degli
ignoranti e ignoranti sono la culture italiana e quella europea,
che hanno rimosso questa storia terribile. Ci siamo quasi vergognati
di non saperlo. Raccontando ai nostri artisti ciò che accadeva
ai personaggi del film, ci siamo resi conto che stavamo parlando
di orrore, di sangue, di eccidi molto simili se non peggiori a
ciò che è accaduto poco tempo fa.
-Nel
Kosovo?
Nel
Kosovo, in Ruanda, 10 anni fa…Ci siamo subito detti con
Vittorio che stavamo facendo assolutamente un film contemporaneo,
che vale per tutti.
-Il
film ha il merito di avere reso popolare un bel romanzo e di avere
colpito il pubblico con scene molto forti. Sono tutte vere?
I
momenti tragici che abbiamo girato non sono tratti da documenti
ma da storie che Antonia ci ha raccontato. Per esempio, la scena
del neonato, quando una donna è obbligata a uccidere il
suo bambino, altrimenti un soldato l’avrebbe fatto ….
Antonia ci aveva raccontato questa storia che abbiamo ritrovato
in “Pietre sul cuore, diario di Varvar una bambina scampata
al genocidio degli armeni” di Alice Tachdjian.
-La
fermo subito. Sono io quella.
Ma
è lei? E vero?... Managgia!... Ho letto attentamente il
suo libro, e fa parte della nostra documentazione.
E' nel suo libro che ho trovato tutti i dettagli, le prove...
-Alcune
scene sembrano costruite in modo da non urtare la sensibilità
dei turchi. Sono meno forti rispetto alla realtà. Penso
per esempio alla morte del neonato. Perché non dire la
terribile verità delle madri che hanno fatto morire “dolcemente”
i loro bambini perché non fossero massacrati dai turchi?
Ma
un film ha i suoi ritmi narrativi, non è un documentario,
nella storia del film la donna e il soldato turco si conoscevano
.Egli pensa di farle un regalo: “uccidilo tu” le dice,
perché avrebbe dovuto ucciderlo lui, con le sue proprie
mani. Ma anche lui a suo modo è esterrefatto di trovarsi
in questa situazione, fa l’unico gesto possibile , terribile,
orrendo, e le dice: “se non lo uccido io dovrai farlo tu
stessa “.
-Uno
dei vostri personaggi, Nunik, s’innamora di due turchi in
due mesi… non sono un po’ troppi?
Qui
ci siamo ispirati al libro di Antonia. Nunik va con un soldato
turco che tra l’altro nella prima parte del loro rapporto
le dimostra tanta tenerezza. Questo libro era un romanzo d’amore,
idea che noi abbiamo sviluppato e approfondito perché ciò
ci piaceva. Condannare totalmente i turchi , milioni di persone,
non ci sembrava giusto. Noi in Italia abbiamo vissuto il fascismo
e sappiamo che è vero che la maggior parte era fascista.
Abbiamo condannato il fascismo, ma sappiamo che c’erano
anche molti che si comportavano umanamente.
-Mia
madre, bimba di 5 anni, fu salvata in extremis da un terzo turco
che la adottò perché era amico di suo padre. Queste
cose non dobbiamo dimenticarle…
Infatti.
Anche noi, nel film, perchè non sia un film manicheo, abbiamo
voluto dare un aspetto umano anche ai turchi. Ad esempio il personaggio
Arkan il colonnello è un uomo ambiguo ma anche amico, l’arte
scava in fondo, diceva Shakespeare. Quando io devo parlare di
un cattivo, a parte Iago, cerco sempre di mostrare, di convincere
il pubblico che anche lui ha i suoi aspetti umani . C’è
un rapporto di antica amicizia e di antica parzialità nella
prima parte, ma anche lui si ribella ai “giovani turchi”.
E stato soprattutto questo partito che ha portato alle estreme
conseguenze il nazionalismo, il razzismo, nei confronti degli
armeni .
-A
proposito della “Masseria delle Allodole” voi dite:
“Tocca agli storici dire se c’è stato un genocidio,
noi raccontiamo una tragedia. Una storia d’amore ambientata
nel periodo della deportazione”.
Non
è una storia d’amore, è la storia di un amore
possibile. Nunik non s’ innamora di questo soldato turco,
fa come fanno tante donne per potere nutrire i loro bambini. Incontra
questo turco , un brav’ uomo, che s’innamora di lei.
Ma Nunik sa che dopo l’orrore che ha conosciuto, l’amore
non fa più parte della sua esistenza.
-Nel
film, non si sente la fede cristiana, non si vedono croci, non
si sentono preghiere…
La
nostra protagonista Arsinè Khandjian, spesso fa il segno
della croce, soprattutto quando sente la moglie del colonnello
che vuole prendersi la roba sua. Altro esempio, quando gli uomini
sono stati massacrati c’è una donna vecchia che si
inchina sul suo marito morto e gli fa il segno della croce. Quindi
è evidente che sono cristiani.
-Dopo
due mesi di marce impervie, i deportati sono puliti e troppo grassi,
quasi come prima della partenza…
Il
problema dei grassi è terribile. E difficile trovare delle
persone che siano magre. Quelli che hanno fatto film sui campi
di concentramento hanno avuto sempre questo problema. Ce ne rendiamo
conto ma trovo che il film ha, nonostante tutto, del ritmo.
-E
il negazionismo del genocidio non vi ha fatto paura?
Molti
hanno detto anche che “voi affrontate una cosa che è
molto dibattuta in questo momento , poi andare in Germania, a
Berlino”…. Abbiamo cercato di raccontare una verità
e quando raccontiamo una verità questo ci dà una
forza che va al di là dei problemi.
-Avete
avuto dei problemi col governo turco?
No;
una giornalista turca mi ha intervistato ultimamente. E una giornalista
che vive a Roma ed è vice-presidente della stampa estera.
Ci ha fatto un’ intervista molto aperta. In quanto a Eurimage,
il fondo di sostegno europeo al cinema, 31 paesi su 33 hanno accettato
di finanziare il film, un paese si è astenuto, e un’altro
ha votato contro e ha parlato malissimo sui giornali di questo
film. La Turchia non può non riflettere che l’Unione
Europea ha votato a favore della realizzazione di questo film,
contribuendo con denaro alla sua realizzazione. Ciò vuole
dire che ai popoli europei è piaciuto realizzarlo.
-E'
vero che avete dichiarato che fra qualche anno questo film sarà
proiettato nelle scuole in Turchia?
No,
no…. Qualcuno l’ha detto, ma era una provocazione.
Una provocazione di speranza, un’ utopia, ma io vi dico
che se ciò dovesse succedere, sarebbe molto bello.
Intervista
fatta da Alice Tachdjian per Nouvelles d’Arménie
in francese