STORIA DEL GENOCIDIO
ARMENO
PREMESSA
Questo libro si propone innanzi tutto di esaminare il genocidio
armeno della Prima Guerra Mondiale attraverso il vasto corpus
sia dei documenti ufficiali turchi ottomani, sia dei documenti
della Germania e dell’Austria imperiali, alleate politiche
e militari della Turchia durante la guerra; in secondo luogo,
esso intende sottoporre il genocidio ad un’analisi critica,
a partire da una prospettiva storica. L’annientamento
della popolazione armena dell’Impero ottomano appare in
questa prospettiva come il punto culminante di un processo storico
che implicava già la progressiva liquidazione degli Armeni,
con metodi sempre più radicali. Sottolineando la dimensione
storica del genocidio armeno, si mette in risalto la relazione
di tale genocidio con la Questione armena. Questo metodo è
conforme all’idea generale del libro: lo sterminio degli
Armeni rispondeva alla volontà delle autorità
turche ottomane di risolvere definitivamente la questione. In
ultima analisi, sono le conseguenze genocidarie di questa volontà
a costituire la chiave della vicenda, poiché esse permettono
di capire tutte le altre questioni legate all’evoluzione
e all’escalation del conflitto. Il fatto che si sia trattato
di un annientamento totale è considerato come la prova
stessa di una volontà genocidaria irrefutabile.
Fin d’ora è bene spiegare brevemente il termine
di conflitto che viene preso in considerazione qui. Questo termine
non deve lasciar supporre che si trattasse di una controversia
tra due gruppi antagonisti suscettibili di essere messi alla
pari in termini di risorse e di potere; esso designa piuttosto
uno scontro imposto ad una minoranza assoggettata e vulnerabile
da uno Stato imperiale potente, determinato in realtà
a distruggere questa minoranza attraverso la dinamica terribile
di una serie di provocazioni sapientemente messe in atto per
portare alle estreme conseguenze il ciclo inevitabile dell’oppressione
e della repressione. È qui che troviamo la profonda connessione
tra l’evoluzione storica della Questione armena e la conclusione
apocalittica di questo conflitto durante la Prima Guerra Mondiale,
attraverso la perpetrazione del genocidio. Come spiegò
fin dal febbraio del 1894 Paul Cambon – agguerrito ambasciatore
francese a Costantinopoli – nella sua analisi incisiva
delle origini e dell’escalation del conflitto turco-armeno,
la risposta delle autorità centrali dell’Impero
ottomano alle valanghe di querele e di petizioni presentate
dagli Armeni nella speranza di liberarsi dall’oppressione,
dalle ingiustizie e dai saccheggi nelle province, fu l’impiego
di nuovi mezzi d’oppressione, ancora più violenti
dei precedenti, con l’intenzione di provocare una conflagrazione
estrema, destinata ad eliminare gli Armeni. In effetti, invece
di porre rimedio in qualunque modo alle condizioni miserevoli
della popolazione vittima, la Turchia, “con la sua ostinazione
a mantenere in Armenia un vero e proprio regime di terrore,
di arresti e violazioni, [sembrava] divertirsi a far precipitare
gli avvenimenti…” (Paul Cambon, Resoconto storico
della questione armena).
Il fatto che un autore s’immerga nell’analisi di
un argomento tanto terribile, suscita spesso domande sulle sue
motivazioni. Nutrivo grande interesse per la matematica e il
suo rapporto con la filosofia; una conversazione casuale con
uno dei miei professori dell’Università di Vienna,
Friederich Kainz, mi ha portato su una strada diversa. Venendo
a sapere che ero armeno, egli mi ha spinto a leggere I Quaranta
Giorni del Mussa Dagh, il famoso romanzo di Franz Werfel, che
era stato un tempo un suo condiscepolo. Werfel gli aveva confidato
che la ragione principale per cui aveva scritto questo romanzo
era la necessità d’informare il resto del mondo,
e in particolare gli Ebrei, per mezzo della letteratura, dello
spaventoso presagio che lo sterminio degli Armeni rappresentava.
L’impatto di questo libro, tragico nella sua essenza,
sul mio temperamento in via di formazione, fu immenso. Questo
libro esponeva la configurazione asimmetrica di fenomeni come
la pietà umana nello sconforto, la resistenza e l’eroismo
contro la sorte avversa da una parte e, dall’altra, l’inesorabile
crudeltà accentuata dall’indifferenza delmondo.
Egli seppe orientarmi definitivamente e mi aiutò a concentrarmi
su un campo ben preciso di ricerche, che possiamo chiamare la
“vittimizzazione” di una collettività vulnerabile
ad opera di un gruppo potente determinato a distruggerla. Sembra
che, in certe circostanze, le idee possano avere ancora conseguenze
reali.
Il presente libro è il risultato di decenni di lavoro.
Vahakn
N. Dadrian