Un uomo, una storia
di Daniela Baldassarra,
ed. Prospettiva (www.prospettivaeditrice.it), pagg.120,
10euro
Presentazione e intervista
all'autrice
di Ninni Radicini
La storia personale e collettiva e' un tratto
incancellabile nella esistenza di ogni uomo. Si puo' cambiare
vita, luogo, esteriorita' ma tutto quanto abbiamo issuto e quanto
hanno vissuto i nostri avi continuera' a essere presente nella
nostra mente e in ogni nostra attivita'. Continuera' a esistere,
anche se intorno c'e' il silenzio. Come i versi sopravvivono
alla morte del poeta, la memoria supera la volonta' di elusione
volgarmente finalizzata all'interesse materiale.
Inutile pretendere di violare l'unica fortezza eternamente inviolabile.
Jean-Jacques Varoujean ha difeso la memoria e lo ha fatto con
la parola, dimostrando che la leggerezza di un segno puo' contrastare
il ciclope della
distruzione. Perche' il "Grande Male", in ogni tempo,
e'quello sofferto da
uomini e donne ridotti a pietre di una strada da asfaltare.
Jean-Jacques Varoujean (Varoujean
Ouzounian, 1927-2005) e' nato in Francia,a
Marsiglia, da genitori armeni scampati al Genocidio compiuto
dai turchi tra il 1915 e il 1923. Negli anni '50 lavora come
direttore di scena e assistente regista di Pierre Fresnay e
di Francois Perier, poi giornalista, dall'inizio degli anni
'60 alla meta' dei '70, quindi come autore di opere teatrali.
Intervista
a Daniela Baldassarra
- Qual'e' la trama
di "La ville en haut de la colline"?
Malgrado il titolo a prima vista enigmatico,
la lista dei personaggi che ripropone i nomi di alcune figure
mitiche e il luogo in cui si sviluppa l'azione non lasciano
alcun dubbio circa il tema di quest'opera. Siamo di fronte a
una delle numerose Orestiadi contemporanee ispirate alle tragedie
di Eschilo, Sofocle e Euripide.
Finita la guerra, un giovane soldato torna
a Planitza, dove venti anni prima e' nato da genitori a lui
sconosciuti. Una indefinibile forza lo spinge a scalare la collina
per raggiungere la citta' e ricercare una verita' nascosta.
Perche' il Governatore ha ordinato agli abitanti di cambiare
nome? E perche' questi hanno allora deciso di chiamare il Governatore
Egisto e la sua compagna Clitennestra?
Oreste (e' il nome che viene dato al soldato per entrare nella
citta') si addentra nella scoperta di un mondo a prima vista
stravagante, assurdo, apparentemente felice ma costruito su
un crimine commesso dieci anni addietro.
Da quel terribile momento, Planitza e' sprofondata
nel buio, i testimoni hanno ricevuto l'ordine di dimenticare
e coloro che ricordano sono considerati pazzi.
Oreste andra' in fondo alla sua spietata ricerca:
abbattera' il muro della follia che protegge Planitza, scavera'
nelle memorie e costringera' l'assassino di suo padre a scontrarsi
con la menzogna, da lui considerata sino ad allora una forma
perfetta di felicita'.
- L'ermetismo del testo e' una caratteristica
anche delle altre opere di Jean Jacques Varoujean?
Si', la sua produzione e' sempre ermetica. Tutta la sua opera,
e anche la sua passata attivita' giornalistica, sono completamente
ossessionate dal Genocidio e dalla scomparsa intollerabile di
questa verita'.
Spesso il crimine evocato non ' quello inflitto all'Armenia,
ma uno qualsiasi dei tanti terribili drammi che hanno segnato
la nostra storia.
- Come in "La ville en haut
de la colline", fino a qualche anno fa la tragedia del
Genocidio era spesso sullo sfondo delle opere artistiche degli
autori armeni, come ad esempio nella cinematografia di Atom
Egoyan prima di "Ararat", film del 2002 in cui il
"Grande Male" (Metz Yeghern) e' trattato in modo diretto.
Vi sono testi di Varoujean in cui c'e' una rappresentazione
immediata del Genocidio o della seguente diaspora del suo popolo?
Il Genocidio non appare mai in maniera esplicita
nelle opere teatrali di Varoujean.
E' sempre tra le righe. Un lettore/spettatore che si ferma al
"Testo in se'" senza conoscere il Metatesto, non ritrova
assolutamente tutte le implicazioni storiche ed emotive riguardanti
il tema dell'Armenia, se non fosse per qualche vago, impercettibile
riferimento.
Pero' Varoujean, oltre a opere teatrali, ha scritto anche tre
"libricini" che non hanno ne' la forma di un dramma
teatrale, ne' di un romanzo, ne' di un saggio.
Sono una sorta di sospiri dell'anima, simbolicamente chiamati
'Tentativi' ("Si c'est rond" Tentative I; "C'est
pas carre'" Tentative II; "2015" Tentative III)
in cui l'autore 'Tenta' di spiegare perche' il mondo e' malato,
gettando luce sul Genocidio. Quello che non fa mai nei suoi
testi teatrali.
Per motivi di realpolitik, il Genocidio armeno, nonostante la
enorme rilevanza storica, e' stato per molti anni eluso. Di
recente invece, anche grazie allo sviluppo dei nuovi mezzi di
comunicazione, e'arrivato a fasce di opinione pubblica, nella
fattispecie italiana, che prima, in totale buona fede, lo ignoravano.
Su questo argomento quali sensazioni ha riscontrato
in coloro con cui e' entrata in contatto durante il lavoro di
ricerca e scrittura del suo libro?
All'inizio (anno 2000) mi sono scontrata
con un'assoluta non-conoscenza del
fatto. Negli ultimi tempi pero', forse perche' ho scavato piu'
a fondo, ho notato che qualche voce si e' levata: un film qua,
un libro la', una trasmissione ogni tanto, notturna s'intende,
perche' in prima serata c'e' Maria De Filippi (!). E comunque,
una volta a conoscenza dell'evento, tutti, professori, giornalisti,
hanno dimostrato molto interesse e molta sensibilita'. Varoujean
sarebbe stato felice di tutto questo.
Per eventuale link segnalo che la presentazione
e la intervista sono anche in rete alla pagina:
http://go.supereva.it/palermo.freeweb/altro/.....
Ninni Radicini e' autore della newsletter Kritik (kritik.135.it)
e collabora
con "Orizzonti Nuovi" (www.orizzontinuovi.org),
quindicinale di informazione e analisi di Italia dei Valori.