I
retroscena del premio Campiello
Hay
- Dun (Casa Armena)
DALL'INVIATO
A VENEZIA
Pasquale Esposito
Il Campiello il giorno dopo in tre stati d'animo al risveglio: quello
di chi ha vinto, Paola Mastrocola, di chi si è vista sfuggire
una vittoria annunciata forse anche troppo, Antonia Arslan, e di
chi, come Carmine Abate, ha vinto il Premio Napoli ma... non risulta
vincitore. Tutto perché, essendo a Venezia e quindi assente
alla serata conclusiva di piazza Dante, per regolamento non può
iscrivere il suo nome e il titolo del suo libro nell'albo d'oro
del concorso letterario presieduto da Ermanno Rea. Prerogativa attribuita,
invece, a Mario Villalta, secondo classificato nella sezione narrativa
italiana, con Tuo figlio (Mondadori).
Tre modalità di risveglio, tre stati d´animo, un comune
denominatore: nessuna polemica. Ovvio nel caso di Paola Mastrocola,
che ha vito l'altro ieri sera a sopresa la 42ma edizione del Campiello
con Una barca nel bosco (Guanda); un po' meno ovvio, ma segno di
gran serenità e signorilità nel caso di Antona Arslan,
vincitrice «troppo» annunciata e seconda, con La masseria
delle allodole (Rizzoli) per soli due voti; combattuta, invece,
è la rinuncia a ogni polemica da parte di Carmine Abate,
autore de La festa del ritorno (Mondadori) che al «suo»
premio Napoli tiene molto e non si rassegna al fatto che, pur essendo
risultato il più votato, il suo nome ed il suo libro non
saranno inseriti tra i vincitori del premio napoletano.
Cominciamo dalla «sconfitta»: «Il mio risveglio?
Mi guardi - dice Antonio Arslan - una magnifica giornata, sto facendo
colazione con Paola Mastrocola, chiacchieriamo in maniera amichevole,
auguro tanto successo al suo romanzo. Certo non fa piacere perdere
per soli due voti, ma bisogna rispettare il verdetto dei lettori-giudici;
d'altra parte la mia vittoria era troppo annunciata perché
fosse scontato poi l´esito finale: come si dice, chi entra
abate in conclave non sempre ne esce cardinale».
Ma la Arslan si considera danneggiata da Bevilacqua, assente al
Campiello perché sicuro che tutto era già deciso a
favore della scrittrice di origine armena? «Non ho replicato
prima a Bevilacqua né lo faccio adesso, però poteva
risparmiarsi quell´attacco al mio popolo, quello non lo accetto:
ha detto parole fuori luogo». Atonia Arslan si riferisce alla
storia del suo libro, ispirata alle vicende della sua famiglia,
e non ha gradito le espressioni polemiche che l'autore de La Pasqua
rossa ha rivolto alla tragedia armena degli inizi del '900.
Dalla vincitrice annunciata a quella reale: «Come ho dormito?
Ma benissimo, l´emozione c´è, la soddisfazione
anche, ma io reggo bene, sono una dura». L´aria è
quella di sempre, e non si capisce se quel contegno svagato sia
una sorta di difesa di un carattere forte, o sia invece la vera
cifra della personalità della Mastrocola. «Si è
parlato tanto di Predazzo e delle previsioni del "Campello
secondo noi": bene, quattro anni fa con La gallina volante,
il mio primo romanzo, lì risultai prima, ed invece arrivai
seconda a Palazzo Ducale».
Pensa che l'abbia in qalche modo agevolata la polemica innescata
da Alberto Bevilacqua? «Non so, è andata così,
meglio no? Almeno per me», sorride Mastrocola. «Le polemiche
non mi piacciono e non voglo proprio entrarci. Spero che a vincere
siano sempre i libri».
Vincitrice del Premio Calvino con La gallina volante, poi seconda
al Campiello 2000, Una barca nel bosco è un libro sulla scuola.
«È un mondo che conosco bene» dice la Mastrocola
«e che mi va di descrivere. Così com´è
non aiuta i ragazzi che sono migliori di quello che sembra, non
premia i talenti, non favorisce la crescita umana e culturale».
E che pensa la scrittrice-insegnante delle critiche rivolte alla
Moratti ai recenti Stati generali dell'editoria a Roma? «Trovo
che negli ultimi dieci anni di riforma ci sia stata, a prescindere
dai governi, una linea indistinta, a mo avviso preoccupante»,
dice la scrittrice. «Anche adesso non ne vedo una molto chiara
che possa portare ad una scuola che aiuti i ragazzi. In fondo è
anche questa una possibile lettura metaforica del mio romanzo.
E veniamo a terzo risveglio, quello di Carmine Abate che a Venezia
(terzo posto) ha ben figurato sul pano mediatico con il suo La festa
del ritorno, che ha raccolto interesse e consensi ma, anche nella
splendida mattinata domenicale in laguna, non si rassegna ad aver
perso il premio Napoli dopo averlo... vinto.
«Maledetta concomitanza», sbotta Abate. «Io al
premio Napoli tenevo, ma non potevo sdoppiarmi, essere contemporaneamente
a piazza Dante e a La Fenice. Sarebbe bastato che le due manifestazioni
non fossero state organizzate nello stesso giorno e adesso potrei
festeggiare una vittoria bellissima per me e per il mo libro. Peccato,
ma davvero penso che il regolamento sia troppo severo con me: non
è che io non sia voluto andare a Napoli, anzi: ho partecipato
a tutti gli incontri preliminari alla serata conclusiva, trovandomi,
come ho già più volte dichiarato, molto bene nel clima
della manifestazione». E lo scrittore calabrese conclude:
«Capisco che il raddoppio del premio in denaro vada in questo
caso al secondo, ma nell'albo d´oro del premio dovrei esserci
io con il mio romanzo: ho avuto più voti degli altri due
scrittori finalisti o no? Sapero che si possa fare qualcosa, spero
che Rea ci ripensi, e intanto confermo che mi farebbe piacere tornare
a Napoli a festeggiare quella che ritengo una vittoria mia, voluta
dai comitati di lettura».
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