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050916 -L’America si indigna per la causa di Orhan Pamuk, l’autore di “Neve” e “Il mio nome č Rosso”
La Padania 14/9/05
Stupore e indignazione per il processo allo scrittore che ha parlato di genocidio degli armeni
La stampa Usa boccia Erdogan New York - L’America si indigna per la causa di Orhan Pamuk, l’autore di “Neve” e “Il mio nome è Rosso” messo sotto processo in Turchia per aver osato parlare del genocidio degli armeni. Alla vigilia di una nuova tappa di negoziati per l’ammissione nella Ue, i maggiori quotidiani americani hanno dedicato duri editoriali di protesta contro la persecuzione di cui è stato fatto oggetto uno dei più applauditi scrittori turchi dopo che la sezione americana dell’associazione degli scrittori Pen ha denunciato il caso chiedendo alla Turchia di fare «immediatamente marcia indietro».Pamuk rischia fino a tre anni di prigione. La sua colpa, secondo la magistratura del suo Paese: «Aver pubblicamente denigrato l’identità turca». La frase che ha messo Pamuk nei guai in un’intervista a un giornale svizzero («30 mila turchi curdi sono stati uccisi qui, e pure un milione di armeni. Quasi nessuno ne parla. Provo a farlo io») appare «mite per un pubblico americano, ma ha scatenato una tempesta in Turchia, un Paese in cui la linea del governo è che la morte degli armeni furono al conseguenza della guerra, non di un genocidio, e chi discute pubblicamente la questione lo fa a suo rischio e pericolo», ha scritto in un editoriale il “Washington Post”.
WASHINGTON POST: «VERGOGNOSO»
Il quotidiano della capitale americana critica come «vergognoso» il processo allo scrittore: «È esattamente il segnale sbagliato da mandare all’Europa che discute sulla sua ammissione», ha scritto il giornale chiedendo che le accuse «siano fatte cadere appena possibile» e facendo del caso Pamuk un simbolo della battaglia per le libertà di espressione: «La Turchia ha fatto passi avanti importanti negli ultimi anni per proteggerla. Le accuse a Pamuk mostrano quanta strada deve ancora fare».Polemico è stato anche il “New York Times” che ha chiesto al primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan di affrontare la questione Pamuk nel suo discorso questa settimana all’Onu. «Le accuse contro Pamuk violano gli standard della libertà di espressione, pre-requisito chiave per l’ammissione della Turchia nella Ue», oltre ad andare «al cuore del suo lavoro di scrittore»: la questione dell’identità turca - nota infatti il “New York Times” - è al centro di “Il mio nome è Rosso”, in cui Pamuk non lascia mai scordare al lettore la diversità etnica e culturale del passato della Turchia».
ERDOGAN FERMI UN PROCESSO INGIUSTO
Il processo a Pamuk è in programma il 16 dicembre: «Erdogan dovrebbe fermarlo e il suo governo dovrebbe incoraggiare più libertà di espressione e di pensiero», ha scritto il “Los Angeles Times”, quotidiano di una metropoli che ha una vasta comunità armena, in un editoriale intitolato “La guerra della Turchia contro la storia” in cui si afferma che «un primo inizio sarebbe quello di abolire le leggi arbitrarie che danno al governo il diritto di imprigionare i “critici” della Turchia e aprire finalmente un dibattito sulla questione armena».
Il caso Pamuk ha fatto “inorridire” anche la pagina degli editoriali del “Wall Street Journal” finora sempre in prima linea nell’appoggiare gli sforzi della Turchia di avvicinarsi all’Europa: «Privatamente - nota il quotidiano di Wall Street, diplomatici spiegano che l’incriminazione è un tentativo ispirato politicamente a danneggiare le chances della Turchia di entrare nella Ue: una potente minoranza che raccoglie militari tradizionalisti e estremisti islamici - vorrebbe sabotare il progresso della nazione verso il mondo occidentale».

V.V

 
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