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21 Lug. 2014;Il silenzio stampa sul Karabakh-Artsakh è certamente deprecabile.
Egregio direttore,
Mi riferisco all'articolo di Romolo Martelloni sul Nagorno Karabakh (19 luglio).
Il silenzio stampa sul Karabakh-Artsakh è certamente deprecabile.
Non Le insegno certamente che il silenzio stampa deriva da input politici ed è attuato dalla stampa.
L'Azerbaigian ha una disponibilità finanziaria illimitata derivante dal suoi giacimenti di petrolio e gas.
Con i soldi si possono “comperare” varie cose, armi innanzi tutto (e tutti gliele forniscono), immagine (ed in questo sono maestri come nella operazione un milione di euro a Roma - “tenga buon uomo”), disinformazione (ed anche in questo sono maestri nel ribaltare le notizie o crearne di assoluta falsità) e soprattutto il silenzio (su tutto quanto non gli conviene).

Non a caso lungo la frontiera tra Armenia e Turchia (frontiera calma, salvo i rapporti diplomatici) una fascia è militarizzata e presidiata dalle forze Russe), mentre lungo i confini Armenia-Azerbaigian (Nakhicevan) dove i cecchini azeri sparano sui contadini armeni non esiste nessuna fascia di interdizione! Figurarsi tra i confini del Karabakh e l'Azerbaigian!
Circa quanto “nutrono nei confronti della cultura e nella tutela di patrimoni che non appartengono solo al Paese che li ospita” cito solo due esempi:
- il primo la distruzione, nel Nakhicevan, del cimitero medioevale di Julfa, che rappresentava la più grande raccolta di Khachkar (Croci di pietra armene) per farne un campo di addestramento militare,
- il secondo, recentissimo, di vietare la musica del compositore Aram Ilitch Khatchatourian (1903, Tblissi – 1978, Mosca) in una manifestazione ginnica internazionale.
Potrei continuare a lungo.
Prima di parlare di Karabakh-Artsakh sarebbe opportuno che l'articolista si rileggesse attentamente la storia della Unione Sovietica, di cui la regione del Karabakh-Artsakh faceva parte (sarebbe forse opportuno allungare la ricerca anche all'impero Zarista). Scoprirebbe così che il “divide et impera” era una prassi comune. Che la richiesta di indipendenza risale al 1920 (Congresso del popolo del Karabakh 23 febbraio – 4 marzo) e che tra il 22 marzo e il 13 aprile forze turche ed azere penetrarono nella regione provocando la morte di circa 20'000 armeni, ecc.
Sono rientrato due settimane fa dal Karabakh, dove ha accompagnato un piccolo gruppo di amici italiani, per toccare con mano la situazione.
Sarebbe opportuno che Romolo Martelloni facesse lo stesso (si ricordi di non farsi mettere il visto sul passaporto se no' non potrà più entrare dai suoi amici in Azerbaigian).
Che si renda conto che l'unica via di approvvigionamento del Karabakh è la strada che da da Goris (sud dell'Armenia), attraverso una zona montuosa, arriva a Shushi e a Stepanakert (la capitale).
Che si renda conto che l'aeroporto internazionale di Stepanakert (messo fuori uso dai bombardamenti azeri – basta guardare Google Earth) riattivato, non può essere usato perché l'Azerbaigian ha fatto sapere che il primo aereo che si alzerà in volo verrà abbattuto.
Che malgrado ciò il Karabakh-Artzakh è vivo e che sta ricostruendo nei limiti delle sua capacità i danni della guerra.
Che percorra strada, quasi impraticabile ai mezzi normali (e che gli Azeri non vogliono venga sistemata perché considerata strategica), risale il corso del fume Tatar verso ovest. Visiti il monastero di Dadivank, fondato da San Dad, discepolo dell'apostolo Taddeo, per rendersi conto dove è situata la culla della cristianità del Caucaso.
Che visiti anche il Monastero di Gandzasar (XII secolo) per rendersi conto di quale raffinatezza architettonica era dotata la gente dell'Artsakh. Lì parli con il Priore, Der Hovhannés, per farsi spiegare come la chiesa sia stata risparmiata per miracolo dalla distruzione, cosa invece avvenuta per l'adiacente costruzione (già ricostruita). Gli risparmio la visita (certo non agevole) ad un numero altissimo di monasteri, fortezze e monumenti (armeni) sparsi su tutto il territorio dell'Artsakh.
Si renda conto che una delle poche risorse sulle quali può contare l'Artsakh è il turismo.
Il silenzio e la disinformazione non sono solo un bavaglio, in queste condizioni sono un nodo scorsoio!
È inaccettabile che un argomento così delicato venga affrontato in modo tanto superficiale quanto antistorico. Gli armeni del Nagorno Karabakh-Artsakh hanno liberamente scelto di vivere nel loro stato libero ed indipendente votando il referendum del 1991 mentre dal cielo cadevano i missili azeri Grad.
Ospitare le tesi azere senza alcun riguardo ad una verifica dei fatti o a un diritto di replica squalifica il suo giornale, alimenta sospetti ed offende profondamente le comunità armene in Italia e nel mondo.
Asolo, 20 luglio 2014

dott.arch. Armen Gurekian

Unione ARMENI d' Italia

 
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