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06 01 20 - E il Cremlino non fa sconti nemmeno all'amica Armenia
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Alessandro Logroscino-da la gazzetta del sud 19-1-06
MOSCA – Sul fronte del gas il Cremlino non fa sconti nemmeno all'amica Armenia. Malgrado sia il più fedele alleato di Mosca nel Caucaso, quell'impoverita repubblica ex-sovietica alle prese con enormi problemi di sviluppo dovrà pagare dal primo aprile il doppio per il metano russo: 110 dollari invece di 56 per ogni mille metri cubi. Che Gazprom – il colosso russo del gas – abbia avuto la mano pesante con «ostili» paesi d'orientamento filo-occidentale come Ucraina,Georgia e Moldavia si capisce ma è curioso che finora soltanto la Bielorussia – visceralmente pro-Mosca per scelta del dittatoriale presidente Alekandr Lukashenko – abbia ottenuto di comprare per un altro anno il metano al vecchio «fraterno» prezzo di 46 dollari. A Jeravan, la capitale, dove già frequenti sono i blackout elettrici, l'accordo preliminare per la fornitura di due miliardi di metri cubi di gas al prezzo di 110 dollari ha provocato parecchio malumore. A conti fatti – denuncia l'opposizione – non sembra esserci molto da guadagnare dal mantenimento di stretti rapporti di vassallaggio con Mosca. In effetti l'Armenia – dove i 3,2 milioni di abitanti tirano avanti soltanto grazie alle rimesse dall'estero – è caduta vittima di una politica che Gazprom ha annunciato di voler perseguire senza eccezione e che punta a farla finite con tariffe di favore per l'energia all'interno del cosidetto «spazio post-sovietico». Il raddoppio del prezzo agli armeni potrà essere usato da Gazprom per argomentare che la controversa e brutale raffica degli aumenti non è pilotata dal Cremlino in base a strategie di politica estera (come ha accusato senza peli sulla lingua il segretario di Stato americano Condoleezza Rice) ma corrisponde semplicemente alla volontà di passare a transazioni commerciali «trasparenti», in linea con le dinamiche di mercato. L'Armenia – e già ci sono le prime avvisaglie – potrebbe però adesso raffreddare l'orientamento marcatamente filo-russo e chiedersi che senso ha stare agli ordini del Cremlino se poi Gazprom la costringere a sborsare la stessa identical cifra di Moldavia e Georgia e addirittura 15 dollari in più rispetto alla frondista Ucraina di Viktor Yushenko. Lo speaker del parlamento Artur Bagdassarian ha reagito ad esempio ai diktat di Gazprom avvertendo che potrebbe essere rimessa in questione la permanenza di una base militare russa sul suolo armeno. Rimangono intanto molto tesi i rapporti tra Mosca e Kiev per colpa della «guerra dei fari» scoppiata – sulla scia di quella del gas – venerdì scorso quando con un colpo di mano l'Ucraina ha ripreso il controllo del faro di Yalta gestito negli ultimi quindici anni dalla Flotta Russa del Mar Nero all'ancora nel porto ucraino di Sebastopoli in Crimea. Mosca ha gridato alla provocazione per questo gesto e per altre due irruzioni – entrambe fallite – con le quali in Crimea gli ucraini hanno cercato di occupare altri due impianti (uno di segnalazione luminosa e l'altro di radionavigazione) in mano ai russi
V.V
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