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050416 - Genocidio Armeno:Per Ankara è solo un complotto estero
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La PADANIA ON LINE
STRABILIANTE ERDOGAN: SE I SUOI CITTADINI DANNO I NUMERI, LA COLPA È NOSTRA
Monta il nazionalismo in Turchia Per Ankara è solo un complotto estero
Ankara - Per i maggiori leader dello Stato e del governo turco, non ci sono dubbi: dietro la spirale infernale Pkk-nazionalismo, ossia del nesso tra la ripresa delle attività armate del Pkk, il movimento indipendentista curdo, e l’attuale ondata nazionalista che attraversa la Turchia, ci sono diaboliche «influenze esterne».
Proprio ieri, giorno in cui tre soldati turchi ed un numero imprecisato di militanti del Pkk (21, secondo alcune notizie) sono rimasti uccisi in un violento scontro a fuoco in Turchia orientale, i giornali turchi e gli osservatori hanno sottolineato il fatto che nella giornata di mercoledì, con singolare sincronia, i massimi leader turchi (il presidente, il premier e il numero due delle forze armate turche) si sono detti, concordemente, convinti che all’origine dell’ondata di nazionalismo delle ultime settimane vi siano ispirazioni dall’estero.
Della teoria cospiratoria del complotto esterno si è fatto portavoce persino il di solito compassato presidente turco, Ahmet Necdet Sezer, il quale mercoledì ha affermato che «alcuni circoli in Turchia e all’estero starebbero cercando di creare disordini in Turchia». Gli ha subito fatto eco il premier turco Recep Tayyip Erdogan affermando che «la Turchia non si lascerà manipolare da complotti preparati da altri» invitando poi la popolazione a «non cadere nelle provocazioni». Il vicecapo di stato maggiore delle forze armate, generale Ilker Bashbug, ha, da parte sua, lanciato un appello «al buon senso», a non reagire con azioni spontanee alle illegalità affidandosi, invece, alle istituzioni publiche di sicurezza. La messa in guardia generale viene dopo che alcuni giovanissimi - si sospetta «istigati da qualcuno» - hanno cercato il 20 marzo scorso (festa nazionale curda del Newroz) di bruciare la bandiera turca a Mersin, innescando un’ondata di nazionalismo e di proteste anti-curde in tutte le città del Paese, dove bandiere turche sono polemicamente state apposte alle finestre delle case, nei caffè e persino sulle automobili. La scorsa settimana a Trebisonda alcuni attivisti del movimento pro-detenuti Tayad che distribuivano un volantino hanno rischiato di essere linciati da una folla di nazionalisti che li accusavano di avere tentato di bruciare una bandiera e sono stati sottratti a fatica dalla polizia all’ira della folla. Il fatto che desta maggiore preoccupazione tra alcuni ambienti militari e nazionalisti turchi è senza dubbio la ripresa delle attività armate del Pkk, il Partito dei lavoratori curdi, ora diviso in due tronconi. Uno diretto da Abdullah Ocalan e l’altro da suo fratello Osman Ocalan, trasferitosi in Nord Iraq sotto la protezione americana.
Gli ambienti nazionalisti turchi sono in grande agitazione anche per le pressioni internazionali, in particolare europee, per un riconoscimento di fatto della Repubblica (greca) di Cipro e del Genocidio degli armeni degli anni 1915-16. Un riconoscimento che l’intero mondo politico turco, sia di governo sia d’opposizione, nega sdegnosamente, e per il timore che la prossima settimana la Corte europea per i diritti umani possa raccomandare alla Turchia di sottoporre a nuovo processo Ocalan, che sconta attualmente l’ergastolo nel carcere di Imrali. Tutte queste circostanze portano gli ambienti nazionalisti (e, a quanto pare, persino i vertici dello Stato) a sospettare che dietro la ripresa delle attività armate e di provocazione del Pkk ci possa essere un «complotto esterno». Ma di chi? Questo non viene mai esplicitato, ma c'è chi punta l’indice, oltre che ovviamente sui militanti del Pkk residenti in Europa, sui circoli europei contrari all’entrata della Turchia nell’ Unione europea, ed anche sugli americani. Proprio ieri il giornale Milliyet ha sostenuto che gli Usa, pur proclamandosi amici della Turchia, starebbero favorendo sotto banco (e con l'ausilio di Osman Ocalan) «la formazione di uno Stato curdo in Nord Iraq che comprenderebbe anche i curdi di Turchia», a cui invece Abdullah Ocalan è contrario, concludendo con l’originale tesi, secondo cui, «gli interessi della Turchia coincidono oggi con quelli di Abdullah Ocalan e del nuovo processo ad Apo». Secondo gli analisti, tuttavia, a nessun commentatore o politico turco accade di meditare in questi giorni sulla circostanza che il nazionalismo oltranzista, blandito e promosso in tutte le circostanze e da tutte le forze politiche, sia un arnese politico sempre più in contraddizione con gli obbiettivi europei e globalizzanti della stessa leadership del paese e, soprattutto, che può facilmente sfuggire ad ogni controllo. E che, quindi, le origini dell’attuale ondata nazionalista siano di natura interna, e non abbiano alcun bisogno di essere cercate in alcun «complotto esterno».
[Data pubblicazione: 15/04/2005]
V.V
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