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10 02 2007 - M. KARAYILAN AVVERTE LA FRANCIA
Qandil, Anf, 7 febbraio 2007
www.kurdistan.it (italiano), www.kurdishinfo.com
Murat Karayilan, Presidente del Comitato Esecutivo del Koma Komalen Kurdistan, ha commentato i recenti arresti avvenuti in Francia, sottolineando che sono frutto di attacchi concertati ai danni dei kurdi. Karayilan ha poi fatto appello ai kurdi presenti in Europa, affinché non riununcino ai loro diritti democratici e a tutelare le organizzazioni di cui si sono dotati. Ha poi dichiarato che, dopo la cattura di Abdullah Ocalan, avvenuta nel febbraio 1999, questo è un nuovo atteggiamento che dimostra ostilità nei confronti della popolazione kurda. Riguardo all'uccisione dei Hrant Dink, Karayilan ha dichiarato che si tratta solo di un inizio. Se non ci fosse stata una forte manifestazione di opposizione popolare dopo quell'uccisione, altre avrebbero già avuto luogo. Rimane comunque la possibilità che ulteriori esecuzioni abbiano luogo. Dink non era infatti l'unico obiettivo. Anche alcuni esponenti kurdi sono obiettivi. Poco tempo fa sono apparse notizie sulla stampa riguardo al fatto che il JITEM aveva fatto uscire di prigione una persona per poter poi attuare omicidi su commissione. Contro lo stesso Karayilan e altri esponenti kurdi sono stati approntati piani omicidi e il movimento kurdo dispone di documentazione al riguardo. La stampa turca porta altresì avanti al riguardo una guerra psicologica nei confronti dei kurdi. Che lo sciovinismo in Turchia sia in crescita lo si può vedere anche dagli striscioni esposti da alcuni gruppi negli stadi, che contengono slogan del tipo “AMA IL TUO PAESE OPPURE LASCIALO” e che spingono molte persone ad allontanarsi dalla Turchia. Tuttavia i kurdi vivono sul loro territorio da 15000 anni e di quel territorio sono la popolazione più antica.

Karayilan rammenta poi che lo stato turco si è fatto minaccioso nei confronti del Kurdistan meridionale e dei leader kurdo-iracheni, ai quali non esita a rivolgere insulti e minacce. Tuttavia il Kurdistan meridionale non è solo e abbandonato a se stesso e tutti devono saperlo. Infatti, per i kurdi non vi sono distinzioni fra un Kurdistan del Sud e un Kurdistan del nord. Vi è un unico Kurdistan e se lo stato turco oserà attaccare il Kurdistan meridionale il popolo kurdo, proveniente da tutti gli angoli del Kurdistan, attuerà una partecipazione di massa alle attività di resistenza. Nel periodo storico attuale contro il nostro popolo e i suoi movimenti - sottolinea Karayilan - si organizzano attacchi di vario genere, ma di certo noi resisteremo! Non siamo più privi di forza e di organizzazioni a noi proprie. Nessuno potrà più, pertanto, sottomettere i kurdi e il Kurdistan, come invece avveniva in passato. Tutti devono rendersi conto di ciò, a fronte dell'attacco che si sta organizzando contro il Kurdistan meridionale.



Karayilan afferma, poi: quando chiediamo la pace, l'Europa ci attacca. Egli critica aspramente l'atteggiamento dell'Europa nei confronti dei kurdi, affermando: il Segretariato del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha indicato che non vi è alcun bisogno di far ripetere il processo a carico di Abdullah Ocalan, poi la Corte di Strasburgo si è pronunciata asserendo che la clausola di sbarramento elettorale per i partiti che non raccolgano almeno il 10% dei voti non è illegittima. In tal modo l'Europa conferma, con le proprie dichiarazioni, le linee politiche della Turchia. I recenti attacchi e le pressioni nei confronti dei kurdi, sia in Francia che in Germania, sono fra loro collegati. In tal modo si indica che l'Europa non è favorevole a una soluzione della Questione Kurda e il comportamento lo dimostra e indica altresì che l'Europa vuole tenere la Questione Kurda come in sospeso, per poterla utilizzare all'occorrenza come leva nei confronti dei Paesi che occupano il territorio kurdo. E' come se l'Europa volesse avere sempre nelle mani una carta da giocare. Quando noi kurdi iniziamo dei percorsi pacifici e democratici di soluzione, ogni volta l'Europa produce simili interventi nei nostri confronti. Perché?! Tutti se lo chiedono! Per quindici anni abbiamo condotto una guerra, senza che nessuno ci definisse terroristi. Poi abbiamo provato a mettere da parte le armi e ad attuare metodi pacifici e democratiche e, dal 2002, l'UE ci ha indicato come terroristi. La decisione del Segretariato del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa è un insulto alla popolazione kurda. 3,5 milioni di persone hanno firmato in nome di Ocalan lo scorso anno, indicando che lo riconoscono come rappresentante della loro volontà politica. L'Europa mostra al riguardo una doppia faccia. Nonostante la pressione che deriva da 3 milioni e mezzo di firme depositate presso le istituzioni europee e ritenute valide da notai europei, con le quali il movimento kurdo ha manifestato il proprio appoggio al suo leader, esso è tuttavia definito ancora come terroristico. E terrorista è reputato il leader, anche se gode di un appoggio così vasto. Perché il Segretariato ha proposta una simile decisione, così scarsamente rispettosa verso un intero popolo? Definirci come terroristi non è forse una grande bugia?

Sugli atteggiamenti di Francia e Germania Karayilan afferma: noi non richiediamo il loro aiuto, ma soltanto che smettano di provocare conflittualità; le politiche di questi due stati contro i kurdi rafforzano quelle fazioni che all'interno della Turchia vogliono la guerra. I kurdi presenti in Francia e Germania vivono nel rispetto delle norme legali e di convivenza democratica; perché dunque vengono attaccati? La Francia deve smettere di dimostrare una politica basata sull'inimicizia verso il popolo kurdo. Nel rapportarsi a politici e patrioti kurdi la Francia non deve mettere sotto i propri piedi le sue stesse leggi. Se la Francia si muove al di fuori della legalità, noi non possiamo poi fermare altre conseguenti situazioni di difficoltà che si verranno a creare. Tutti, del resto, sappiamo che quella dei kurdi è la lotta non solo di un movimento, ma di un intero popolo. E ora si punta a sottomettere l'identità di quel popolo. Quanto più si porterà avanti un tale tentativo di sottomissione, tanto più la lotta diverrà feroce. Quella di noi kurdi è una lotta per una causa giusta, che punta a ottenere dei risultati per vie pacifiche e con metodi democratici. Gli stati europei non devono opporsi a questo.



V.V

 
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