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25 05 2007 - Khatami, Dialogo tra le civiltà
http://www2.unicatt.it/pls/catnews/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13143 (RASEGNA)
«Bisogna favorire il dialogo tra civiltà. È l’unica possibilità per debellare guerra e terrorismo». Parola di Seyyed Mohammad Khatami, già Presidente della Repubblica islamica dell’Iran e presidente dell’Istituto internazionale per il dialogo tra le civiltà. L’occasione, una conferenza organizzata dalla Università Cattolica, a cui hanno partecipato il professor Vittorio Emanuele Parsi, docente di relazioni internazionali e moderatore del dibattito, Riccardo Redaelli, docente di antropologia e cultura islamica, e Camille Eid, giornalista libanese di Avvenire.

Ha fatto gli onori di casa il rettore Lorenzo Ornaghi (nella foto sotto con l'ex presidente iraniano). «Voglio esprimere gratitudine autentica al presidente Khatami per aver accettato l’invito a partecipare alla conferenza – ha detto il rettore -. È per noi un privilegio avere lei oggi quale ospite d’onore, come studioso autorevole e come uomo che si impegna per il dialogo tra religioni». Il professor Ornaghi ha richiamato l’attenzione sull’importanza del confronto tra mondi diversi e sulle difficoltà che incontra. «Ci troviamo in un’epoca in cui le civiltà non sembrano intenzionate a comunicare – ha affermato -. C’è un elevato rischio di scontro culturale e politico. Molte volte lei ha esortato a conoscere l’altro aprendosi e a contrastare l’idea che esista un antagonismo irriducibile tra le civiltà». «I rapporti tra cristiani e musulmani – ha detto Ornaghi citando un discorso di papa Bendetto XVI agli ambasciatori dei paesi islamici - devono proseguire e svilupparsi sulla base di reciproche aperture, nel rispetto delle differenze. Ognuno uscirà arricchito e più fiducioso sull’incontro tra civiltà».

Dopo il saluto del Rettore, Riccardo Redaelli ha parlato del dialogo in prospettiva storica. «Il passato è pieno di esempi di interazione tra culture, come nel caso dei filosofi greci, Aristotele in testa».
In relazione all’attualità il docente della Cattolica ha invitato alla comprensione reciproca tra i popoli, evitando uno sguardo che si concentri solo sugli aspetti esteriori e superficiali e ha chiesto a Khatami se il lavoro per l’integrazione debba rinunciare all’oggi per pensare solo al domani.
Una domanda a cui si è aggiunto l’interrogativo posto da Camille Eid all’ex presidente iraniano: «La Repubblica dell’Iran si definisce islamica. È possibile modernizzare questo paese senza una separazione tra politica e religione?».

Khatami non si è sottratto alle domande. «Se consideriamo bene la storia, non vediamo uno scontro di civiltà bensì uno scambio. Civiltà e culture hanno sempre avuto un incontro – ha argomentato l’ex premier iraniano -. Persiani e romani facevano scambi anche durante le guerre. Durante le crociate, si è realizzata la maggior parte degli scambi tra le diverse civiltà; lo stesso Alessandro Magno ha portato l’Occidente in Oriente e questo incontro ha arricchito entrambe le parti. Possiamo quindi parlare di una dialettica tra culture».

Il leader iraniano, ha definito la società occidentale «dominante e orgogliosa», sottolineando che «il mondo è invaso dall’aspetto hardware della vostra cultura: auto, mezzi di produzione, elettricità, urbanizzazione». Khatami ha quindi analizzato il potenziale ruolo della religione per la pace tra stati e le storture che ne hanno adulterato la funzione sociale. «Le religioni sono venute per offrire sicurezza. Chi è fonte dell’insicurezza? Gli estremisti egoisti e violenti che utilizzano l’opinione pubblica per portare avanti i loro obiettivi. Il dialogo deve tradursi nell’isolare gli estremisti. Come è possibile separare l’opinione pubblica dai violenti?» si è chiesto Khatami. «Il disastro comincia quando la politica si sveste della morale. La religione aiuta a moralizzare la politica, fatta di interessi e potere. Tuttavia la religione non può essere imposta a ogni costo. In questa visione l’Islam può essere concorde con la democrazia – ha proseguito - . Tuttavia, dobbiamo ridurre gli aspetti negativi e far sì che la religione sia più presente nella vita quotidiana».

Vittorio E. Parsi ha ricordato che la cultura occidentale è dappertutto. «Questo ci dovrebbe portare a esercitare più responsabilità verso i nostri valori». Parsi ha espresso però perplessità per un modello statale che vede la religione come protagonista principale, in contrasto con le scelte compiute dalle democrazie occidentali nella loro evoluzione. «Ciò che rende difficile il dialogo è il fatto che in Occidente si sia scelta la secolarizzazione, la laicità e lo Stato, valori che non hanno cancellato tutti i mali, ma che hanno smorzato i conflitti all’interno della nostra civiltà. Lei – ha detto rivolto a Khatami - ha contrapposto lo spirito della religione giustamente inteso a quello della politica. Secondo me, entrambe hanno alti valori ma ambedue possono anche essere praticate in modo basso. Non è che per disarmare i politici corrotti si sono armati i falsi profeti?

Khatami ha risposto in questo modo: «Dobbiamo cercare di disarmare tutti quelli che amano la violenza, sia falsi profeti che politici, e trasformare l’odio in conoscenza». Ha concluso con un auspicio e un impegno personale, al quale sta lavorando da anni.«Se Oriente ed Occidente potessero conoscersi reciprocamente, forse potremmo rompere il circolo vizioso di insicurezza che si è alimentato nel tempo. Dobbiamo cercare di cambiare con perseveranza ed essere ottimisti. Come non esserlo – ha detto il presidente agli studenti presenti - davanti a una platea di giovani come voi?».


Nicola Palma

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Mediterraneo

fondazione mediterraneo
Khatami a Napoli: Sì al dialogo tra le culture
di Michele Capasso

Una splendida giornata di sole accoglie l’hojatoleslam Seyyed Mohammad Khatami, presidente dell’Iran dal 1997 al 2005.
E’ in visita in Italia con il desiderio di conoscere il nostro Paese: dopo Roma e Napoli sarà a Palermo, Bari, Forlì, Udine ed altre città. A Napoli dedica una parte della giornata domenicale visitando il Museo di Capodimonte, il Palazzo Reale ed il Maschio Angioino. Ho incontrato la prima volta Khatami nel 1999: entrambi avevamo, allora, le barbe meno bianche e molto ottimismo in più. Ricordo l’espressione che usò alla fine del suo primo viaggio in Italia: “è una giornata bellissima perché abbiamo gettato le basi per un solido dialogo ed una vera cooperazione tra Occidente e Mondo islamico”.
Fu, quella, una delle occasioni importanti perdute dall’Italia e dall’Europa. Non potrò mai dimenticare la mano tesa che Khatami rivolse proprio all’Italia, scegliendo il nostro Paese come prima tappa dei suoi viaggi da neo-presidente e come primo Stato con cui instaurare relazioni diplomatiche in Europa. Allora presentò un piano di reciproca intesa e collaborazione, un programma lungimirante per addivenire ad un “dialogo graduale” tra Occidente e Mondo islamico evitando lo “scontro tra civiltà e culture”. L’Italia, allora, per la sua posizione geografica e per antichi solidi legami con l’Iran ed il Mediterraneo in generale fu considerata dal presidente iraniano l’interlocutore principale e la porta di accesso ad una cooperazione solida e duratura con l’Europa. Quella proposta era promittente per le implicazioni future e per il ruolo che Italia ed Europa avrebbero potuto assumere per la stabilità nella regione: un grande patto di amicizia tra Iran e Italia quale base fondante per la risoluzione dei problemi nell’area, tra i quali l’Iraq.
Uscii da quell’incontro carico di energia e di speranza. Mi colpì non solo la qualità di Khatami ma, soprattutto, la sua apertura verso altre culture e la sua alta considerazione per la dimensione laica.
Quella proposta di “Dialogo a tre” — Italia, Iran ed Europa — ebbe poca vita perché gli Stati Uniti d’America intervennero fortemente sostenendo che occorreva “abbassare i livelli” ed influenzando, in questo modo, la già tiepida reazione dell’Europa. Il ministro degli affari esteri italiano dell’epoca, Lamberto Dini, riuscì a resistere poco tempo e dovette capitolare di fronte all’opposizione di Stati Uniti ed Europa. Ho ricordato questo episodio a Mohammad Khatami durante il nostro incontro napoletano, raccogliendo il suo rimpianto per un’occasione perduta ma anche la speranza di poter riproporre quella strategia a livello delle società civili di Italia, Iran ed Europa.
Khatami è una voce importante per affermare, specialmente oggi, il dialogo ed il reciproco rispetto nel momento in cui si contrastano le tensioni tra Occidente e Mondo islamico. Per questo la Fondazione Mediterraneo gli ha attribuito il “Premio Mediterraneo” che verrà ritirato nel corso di una conferenza “ad hoc” nel mese di ottobre di quest’anno. Il presidente Khatami ha molto apprezzato il programma “Mediterraneo, Europa, Islam: attori in dialogo” che la Fondazione promuove da alcuni anni con la convinzione che solo un’alleanza tra i grandi movimenti religiosi e laici sul tema dei diritti fondamentali e dei valori condivisi potrà controllare la modernizzazione assicurando sviluppo condiviso e pace nella regione. Su questi temi la Fondazione Mediterraneo è impegnata da 15 anni e già da tempo è in programma a Napoli un forum internazionale di sintesi del lavoro svolto sul tema “Grande Mediterraneo: religioni, società civile e valori condivisi” che si svolgerà a Napoli nella seconda metà di ottobre proprio alla vigilia del “XXI incontro internazionale interreligioso”.
“I rapporti tra gli Stati non devono essere fondati sulla forza delle armi. Per costruire la pace occorre eliminare il terrorismo che non è solo quello praticato dai terroristi tradizionali ma anche quello che alimenta guerre che, con l’inganno, tentano di sminuire e nascondere crudeltà e barbarie con la scusa di dover combattere il terrorismo. La società civile ha un ruolo essenziale da svolgere e confido in un ruolo pacificatore dell’Italia e dell’Europa che sia in grado di tenere la situazione sotto controllo. Non si può usare il nome di Dio per giustificare la guerra e l’odio”.
Con queste parole Mohammad Khatami si congeda dandoci reciproco appuntamento per il prossimo ottobre. Ancora una volta, otto anni dopo, Khatami riesce ad iniettare speranza e fiducia. Questa volta, però, l’Italia e l’Europa non devono perdere nuovamente l’occasione di essere i protagonisti di una strategia ancora attuale. Non è più tollerabile che le strategie per il “Grande Mediterraneo” vengono decise “fuori” del Mediterraneo: occorre che i Paesi della regione attuino proprie strategie secondo i bisogni reali di ciascun popolo. I movimenti laici e religiosi che hanno contribuito e contribuiscono alla formazione dell’identità del Mediterraneo hanno un interesse vitale a seguire un altro cammino da quello dell’imposizione di forme di Governo dall’esterno e del ricorso al terrorismo e al sovvertimento violento. La via della collaborazione, della mutua comprensione e della solidarietà è l’unica via possibile. Non dobbiamo dimenticare che la civiltà europea ha verso l’Islam un grande debito poiché l’Europa occidentale ha dovuto il suo risveglio in gran parte alla civiltà islamica. È giunto il momento di pagare quel debito.
E’ tempo di riconoscere il ruolo fondamentale che ha avuto la cultura musulmana e la civiltà dell’Islàm nello sviluppo dell’universalismo e anche se si sottovaluta questo apporto tutte le nostre società dovrebbero maggiormente accentuare iniziative in grado di risolvere questo occultamento della memoria. Riconoscere che Occidente e Islàm nascono dalla stessa culla non è un atto di subordinazione, ma il riconoscimento della verità su cui fondare “Alleanze tra le Civiltà”, in cui il Mediterraneo, l’Europa, i movimenti laici, l’Islàm e tutte le altre fedi costituiscono i pilastri fondamentali su cui costruire il nostro futuro.

9-05-2007

http://www2.unicatt.it/pls/catnews/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=13122
http://www.denaro.it/go/a/_articolo.qws?recID=273877
http://www.radioradicale.it/schede/view/id=224982/la-spiritualita-via-del-dialogo-fra-le-civilta

V.V

 
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