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10 10 2007 - America, sul genocidio armeno scontro tra il Congresso e Bush
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da Corriere della Sera del 9 ottobre 2007, pag. 20
di Ennio Caretto
«Fermare Nancy Pelosi», la speaker democratica della Camera, la donna più potente d'America, è la missione affidata dal premier turco Tayyip Erdogan a Egemen Bagis, il numero due del suo partito e il suo consigliere di politica estera. A Washington, oggi e domani Bagis cercherà d'indurre la speaker a rimandare o a bloccare il voto di denuncia del genocidio degli armeni in Turchia dal 1915 al 1918 in programma alla Commissione esteri, o almeno a non sotto-porlo all'approvazione dell'intera Camera. Alla partenza da Ankara, sia pur dichiarando di parlare a titolo personale, Bagis ha ieri ammonito che colpevolizzando i turchi della strage «il Congresso costringerebbe il nostro governo a fare molte cose che non vorrebbe, a esempio ridurre il sostegno logistico alle truppe americane in Iraq». Parlando alla agenzia di stampa Reuters, Bagis è stato ancora più minaccioso: «II passaggio della , mozione danneggerebbe i rapporti tra l'America e la Turchia, due importanti partner strategici». La Pelosi è una fautrice della tesi del genocidio, ha aggiunto il leader turco, ma è l'unica che può prevenire il voto.
Nei due o tre giorni a Washington, dove il voto è previsto domani sera, Bagis avrà l'appoggio di George W. Bush. La settimana scorsa, Erdogan telefonò al
presidente, che lo assicurò di non condividere la tesi della speaker. Il suo portavoce Gordon Johndroe si appellò alla Camera, affermando che «la strage
degli armeni fu una delle più gravi tragedie del secolo XX, ma stabilire se fu genocidio è compito degli storici, non dei Congresso». Nancy Pelosi si mostrò
però sorda a Bush come s'era mostrata sorda ad alcuni ex segretari di stato democratici e repubblicani, da George Shultz a Colin Powell a Madeleine Albright, che in precedenza, come il presidente, l'avevano esortata a congelare la mozione. Ha rilevato ieri il deputato Adam Schiff, promotore del voto: «Non è facile, non avevamo mai visto un lobbying così intenso come quello degli armeno-americani, abbiamo ricevuto circa centomila messaggi. Ed è una questione morale».
Il Congresso è consapevole che la denuncia del genocidio potrebbe avere conseguenze molto negative ad Ankara. In alcune telefonate al Congresso prima di partire, Bogis aveva sottolineato che l'opinione pubblica turca è già irritata con l'America per il mancato intervento contro l'asse formato da gruppi curdi iracheni e dagli irredentisti curdi in Turchia: «Se la mozione passerà, ci sarà un'esplosio-ne di antiamericanismo». Tony Cordesman, uno dei
massimi esperti del Medio Oriente, si era detto l'accordo con Ankara: «La Turchia è un alleato troppo prezioso per alienarsela in un momento così delicato, è un fattore di stabilità».
In America, il genocidio degli armeni, contro cui il Parlamento europeo ha preso posizione, è da anni oggetto di un durissimo braccio di ferro. Secondo i
critici della Turchia, fino a 1 milione e mezzo di armeni cristiani furono sterminati durante la Prima guerra mondiale. Ma secondo Ankara, le vittime
furono 300 mila circa, ossia tanti quanti i turchi sterminati dagli armeni alleati alla Russia, il nemico di allora. Lo Armenian national committee of America, la lobby a cui allude il deputato Schiff, rimase inascoltato finché il Congresso fu in mano repubblicana. Ma dal 2006, quando i democratici ne assunsero il controllo, è riuscito a mobilitarne i leader. Nancy Pelosi precisa di avere abbracciato appieno la causa degli armeni anche per mettere sotto processo gli autori dei genocidi in corso oggi, innanzitutto quella del Darfour: «I dittatori e i fanatici debbono sapere che le loro azioni non verranno condonate», ha sostenuto. Alla Camera non si esclude tuttavia che le pressioni concertate di Ankara e della Casa Bianca abbiano successo e che all'ultimo minuto la speaker ci ripensi nell'interesse nazionale.
V.V
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