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17 10 2007 - La decisione turca di dare il via libera a un’operazione oltre-confine
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OSSERVATORIO SULL'IRAQ- L'auto-gol della Turchia
di Lale Sariibrahimoglu - Zaman, 15 ottobre 2007
La decisione turca di dare il via libera a un’operazione oltre-confine, come possibile rappresaglia per una risoluzione sul genocidio armeno adottata la scorsa settimana dalla Commissione affari esteri della Camera Usa, nel lungo termine colpirà le riforme economiche e politiche della Turchia, isolandola dal resto del mondo. Lo affermano analisti turchi e occidentali.
L’immagine attuale che sta offrendo la Turchia – dai media al governo, fino ai
militari – non è quella che deve prevalere nel senso comune se Ankara non vuole
permettere che venga isolata dal mondo, dice un analista militare turco.
Il primo ministro Recep Tayyip Erdogan ha detto venerdì scorso di essere pronto
a rompere le relazioni con gli Stati Uniti per lanciare un’incursione nel nord
dell’Iraq alla caccia dei terroristi del Partito dei lavoratori del Kurdistan
(Pkk) fuorilegge.
"Se viene scelta una tale opzione, qualunque sia il suo costo, sarà pagato.
Potrebbero esserci dei pro e dei contro in una tale decisione, ma quello che
conta sono gli interessi del nostro Paese", ha detto. Ci si aspetta
probabilmente martedì che Erdogan chieda l’approvazione del Parlamento per
lanciare gli attacchi contro il Pkk in Iraq.
Allo stesso modo, la Turchia ha reagito sia con durezza che con emotività
all’approvazione di una risoluzione da parte della Commissione per gli affari
esteri della Camera Usa, il 10 ottobre, che ha bollato i fatti della prima
guerra mondiale in territorio ottomano come “il genocidio degli armeni”. Nancy
Pelosi, presidentessa della Camera dei rappresentanti Usa, ha fatto sapere la
scorsa settimana che ha intenzione di inoltrare la risoluzione alla Camera al
completo a inizio novembre.
Una decisione turca di incrementare la lotta al Pkk, anche con un operazione
oltre-confine, è arrivata un giorno prima dell’adozione della risoluzione da
parte della Commissione. La mossa è arrivata in seguito all’uccisione di 13 soldati turchi nel sud-est, nei pressi del confine iracheno. Entrambi gli incidenti, arrivati uno dopo l’altro, hanno buttato benzina sulla già esistente frustrazione turca sull’irrisolta questione del terrorismo del Pkk, così come sulle accuse del genocidio armeno che hanno perseguitato la Turchia per circa novanta anni.
“La zappa sui piedi”
Il capo di Stato maggiore, il generale Yasar Buyukanit, ha dichiarato ieri al quotidiano Milliyet, a proposito della risoluzione armena, che gli Stati Uniti si sono dati la zappa sui piedi.
“Se la risoluzione verrà accolta dalla Camera dei rappresentanti Usa, ciò causerà un danno alle relazioni militari turco-statunitensi che non sarà possibile riparare”, ha avvertito Buyukanit nella sua dichiarazione pubblicata su Milliyet.
L’adozione della risoluzione e la possibile operazione turca nel nord dell’Iraq è giunta in un momento in cui i legami militari tra i due alleati Nato hanno
assistito a un significativo miglioramento, dopo il rifiuto del Parlamento turco, il 1 marzo 2003, di una mozione per concedere all’esercito Usa di utilizzare il territorio turco per la sua invasione dell’Iraq. Ciò ha reso tesi il legami militari turco-statunitensi.
Gli analisti militari occidentali concordano con Buyukanit nel dire che l’adozione di una risoluzione causerà un danno irreparabile alle relazioni militari turco-statunitensi. Ma hanno anche ammonito Ankara contro gli effetti negativi sul lungo termine che potranno derivare come risultato di una possibile dura rappresaglia, come il divieto dell’accesso Usa alla base militare di Incirlik e l’allestimento di un’operazione oltre-confine che di fatto può destabilizzare la regione.
“Temiamo anche che la Turchia possa finire col darsi la zappa sui piedi nel lungo termine”, dice un analista militare occidentale.
Al tempo stesso, i commenti fatti sia da Erdogan che da Buyukanit sulla risoluzione armena hanno tentato anche di distogliere la Camera dei rappresentanti dall’adozione della cosiddetta risoluzione del genocidio, ha detto un alto funzionario governativo turco.
Ripercussioni a lungo termine sulla Turchia
Un articolo del Financial Times dello scorso venerdì, secondo cui i prezzi del greggio avevano raggiunto un nuovo picco di 84 dollari al barile a causa del
timore che la Turchia possa lanciare a breve un’invasione dell’Iraq settentrionale allo scopo di colpire i terroristi del Pkk, trasmette il
messaggio che la Turchia potrebbe iniziare a sentire anche le conseguenze economiche.
“La Turchia perderà molti amici in Europa se il prezzo del petrolio continuerà a crescere a causa delle ultime scelte politiche di Ankara”, ha detto un altro
analista militare.
Proprio mentre la Turchia ha iniziato a ottenere buoni risultati sia nelle riforme politiche che economiche, le riforme sono regredite con la sua politica
volte ad alimentare i sentimenti nazionalisti già esistenti nel Paese, ha dichiarato lo stesso analista.
Competizione tra civili e militari
In entrambe le questioni – la decisione turca di dare il via libera a operazioni oltre-confine e le forti dichiarazioni fatte dai politici turchi su possibili misure di rappresaglia contro gli Usa – è emersa la competizione tra la burocrazia guidata dalle Forze armate turche e il potere politico.
“È tragico per la Turchia il fatto che stiamo testimoniando una competizione tra l’esercito e la leadership poli tica con la creazione di una situazione
simile a una guerra nel paese”, ha detto un diplomatico occidentale.
Il governo turco in un primo momento ha resistito agli appelli da parte dell’esercito turco per mandare truppe nell’Iraq settentrionale per abbattere i terroristi del Pkk, affermando che la questione doveva essere risolta prima all’interno della Turchia.
La morte di 13 soldati in un incidente, abbinata alle crescenti violenze del Pkk, così come all’adozione di una risoluzione sul genocidio, hanno giocato a
favore dei sostenitori turchi della linea dura, che hanno spinto la leadership politica a prendere una posizione più ferma su entrambe le questioni, ha detto
un analista militare occidentale.
“Gli Stati Uniti possono fare a meno della Turchia, ma la Turchia perderà un amico fidato”
Tra le possibili misure turche contro l’adozione della cosiddetta mozione sul genocidio c’è quella di mettere fine o limitare l’accesso degli Stati Uniti alla base aerea di Incirlik nella Turchia meridionale, attraverso cui passa circa il 60 per cento del traffico aereo Usa diretto in Iraq. Una mossa del genere complicherebbe le operazioni militari degli Usa in Iraq. Ci si aspetta che una mossa del genere possa danneggiare in maniera seria anche le relazioni turco-statunitensi.
Ma molti analisti militari occidentali hanno ricordato che gli Stati Uniti hanno immediatamente dirottato i propri sforzi di preparazione della guerra verso altre parti della regione nel momento in cui il Parlamento turco ha respinto una mozione per concedere alle truppe Usa di utilizzare una parte ulteriore del territorio turco per la loro invasione dell’Iraq nel 2003.
Allo stesso modo, se la Turchia dà il via a misure di ritorsione come il divieto di accesso Usa a Incirlik, gli Stati Uniti troveranno un’altra strada, ha dichiarato un diplomatico occidentale, aggiungendo, in ogni caso, che nel lungo termine, a soffrirne sarà la Turchia.
“La Turchia perderà uno stretto alleato, gli Stati Uniti. E l’opinione pubblica Usa metterà in dubbio l’affidabilità turca nella relazione”, ha affermato lo
stesso diplomatico.
L’amministrazione Usa, che si è battuta contro l’approvazione della mozione armena, sta facendo pressioni sulla Turchia perché non punisca
l’amministrazione e il popolo statunitense.
Sia il vice segretario di Stato Usa per gli affair europei, Dan Fried, che il sottosegretario della Difesa, Eric Edelman, sono partiti entrambi da Mosca -
dove avevano accompagnato la Rice - verso Ankara, sabato scorso, per una visita non prevista. Con loro hanno portato un messaggio per Ankara: Washington ha fatto del suo meglio per fermare la risoluzione armena, quindi non punitela.
Alti ufficiali Usa hanno chiesto anche che Ankara pratichi la moderazione e non reagisca in maniera sproporzionata.
(Traduzione di Carlo M. Miele)
V.V
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