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050426 - Commemorato a Brescia il milione e mezzo di persone sterminate dai turchi nel 1915.
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Martedì 26 aprile 2005
CULTURA Pag. 26
> Commemorato a Brescia il milione e mezzo di persone sterminate dai turchi nel 1915. Superstiti e discendenti chiedono «verità e risarcimento»
Il genocidio degli Armeni, lasciapassare per l’Olocausto>
Da una fossa comune emergono i resti degli armeni trucidati
>Anita Loriana Ronchi
Uno sterminio compiuto nell’indifferenza e che reclama, ora, di essere riconosciuto e depositato nella memoria collettiva. Non per un sentimento di vendetta o per un desiderio di rivalsa, ma perché un milione e mezzo di persone che hanno versato il loro sangue possano riposare in pace. E perché ciò che è accaduto non si debba mai più ripetere. Il genocidio degli armeni, di cui domenica si è commemorato il 90° anniversario - a Brescia con la conferenza che si è svolta ai Chiostri di S. Giuseppe, nell’ambito delle iniziative promosse da Diocesi di Brescia, dall’Associazione Dms onlus e dall’Istituto del Clero patriarcale di Bozmmar (Libano), col patrocinio di Comune e Provincia -, si consumava nel 1915 per mano del governo rivoluzionario dei Giovani Turchi, decisi a portare a termine una pulizia etnica più perfetta, nel suo agghiacciante meccanismo, della liquidazione sistematica degli ebrei. Prima toccava ai notabili, esponenti degli alti ranghi intellettuali e politici, essere raggruppati e portati lontano per essere uccisi, quindi alle donne, ai vecchi e ai bambini, prelevati per essere condotti a piedi nei deserti siriaci, dove - se non avevano trovato la morte prima per gli stenti e per le torture - ad attenderli c’erano i campi di concentramento. Nessuna traccia doveva rimanere: la sabbia inghiottiva i corpi e creava una coltre pesante come il silenzio che stava calando sul primo genocidio del XX secolo. «Genocidio, una parola che molti storici hanno contestato perché grava sulla coscienza europea e che ha inaugurato una serie di altri massacri» ha osservato mons. Ivo Panteghini, consultore pontificio e rettore della chiesa di S. Giuseppe. Proprio a causa dell’inerzia delle potenze occidentali, trent’anni dopo Hitler, di fronte alle obiezioni sollevate verso il suo folle progetto, reagiva con sicurezza dichiarando: «chi si è mosso o chi si ricorda dell’eliminazione degli armeni?». Lo storico italiano Marco Impagliazzo ha sostenuto, peraltro, la tesi che la sostanziale impunità di questi crimini abbia fatto sì che il regime nazista potesse pianificare con tranquillità l’olocausto. Il popolo armeno ha radici millenarie ed ha costituito la prima nazione cristiana della storia (si è dotato per primo di un alfabeto, nel 405, per tradurre le Sacre Scritture). Quando l’Impero ottomano comincia ad entrare in crisi e a subire il contraccolpo dei rivolgimenti interni, esso appare immediatamente come il capro espiatorio, l’elemento estraneo e pericoloso (anche per il rilievo assunto sotto il profilo numerico ed economico) da sacrificare. «Una civiltà - ha rimarcato mons. Georges Evian, vicario dell’Istituto del clero patriarcale di Bozmmar (Libano) - che abitava un territorio compreso, da nord a sud, fra Mar Nero e Cilicia fino alle coste del Mediterraneo, è stata spazzata via, nel momento in cui la Turchia si schierava al fianco degli Imperi centrali. Nel 1894-96 aveva inizio il processo di soppressione di oltre 200mila vittime, più le conversioni forzate all’Islam. Veniva offerta la possibilità di avere la vita salva agli apostati che diventavano musulmani. Si è sviluppata poi la tesi del panturchismo e panturanesimo, che poggiava sul disegno di realizzare l’unificazione etnico-culturale di tutti i turchi». Un martire del periodo - lo ha richiamato mons. Evian - è stato il vescovo Ignazio Maloyan, beatificato da Giovanni Paolo II nell’ottobre 2001; accanto a lui furono sacrificati altri 14 membri della Congregazione cattolica di Bzommar. «Oggi ci presentiamo al mondo - ha riferito il vicario patriarcale - con migliaia di documenti che fanno luce sui fatti e ne condannano gli autori. Ma lo facciamo col ramo d’ulivo in mano, lontani dall’odio e sventolando la bandiera del dialogo. Chiediamo al governo turco il risarcimento per le generazioni di innocenti che hanno pagato ingiustamente e, per bocca di tutti i popoli civili, lo esortiamo a non distorcere la storia e non profanare la verità». «Abbiamo fiducia - ha aggiunto mons. Evian - nell’organizzazione delle Nazioni Unite e nel Parlamento europeo, che sono garanti della dignità umana e del rispetto dei diritti». Il messaggio è partito dal podio bresciano per diramarsi «alle istituzioni italiane e internazionali». Da Brescia la solidarietà verso la comunità armena si sta concretizzando attraverso la onlus Dms, che segue alcuni programmi nel campo sanitario e dell’istruzione. Il presidente, prof. Angelo Bosio, ha ribadito la necessità di «guardare avanti» e di lavorare per una «assunzione di responsabilità». «Diversamente - ha affermato Bosio - non potrà mai esserci pace: né per noi, né per i nostri figli».
V.V
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