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10 12 2007 - Interrogare l’oblio armeno
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da La Stampa 9 12 07- tuttolibri
ELENA LOEWENTHAL
È un libriccino: neppure cento pagine, e di minuscolo formato. Eppure Ricordare per dimenticare. Il genocidio armeno nel diario di un padre e nella memoria di
una figlia di Janine e Vahram Altounian (con un saggio di Manuela Fraire, per Donzelli, pp. 95, € 11,50), è veramente un’opera corale. Composta da più voci,
tempi e luoghi distanti fra loro. Il centro della narrazione è «un quaderno da scolaro di trentaquattro pagine numerate piene di una scrittura fitta ma
piuttosto goffa.
Le cancellature sono poche e si può pensare che il testo sia stato scritto di getto». Questa parte s’intitola «Tutto quello che ho patito dal 1915 al 1919» ed è il racconto di un viaggio da Bursa, una città termale sul Mar di Marmara dove fino al 1915 abitavano circa centomila armeni, sino a Der Zor, nella Siria orientale quasi al confine con l’Iraq. Il viaggio è in realtà l’esodo di un ragazzo armeno attraverso e dalla Turchia. Due anni dopo
la fine di questo diario e dell’estenuante cammino per la sopravvivenza, Vahram Altounian approderà in Francia. Qui sua figlia Janine è diventata psicoanalista e traduttrice (come per dare un senso anche alla «deportazione subita dalla lingua materna»). Ha supervisionato la traduzione completa delle opere di Freud in francese. Queste pagine di suo padre le ha scoperte tardi e le ha fatte
attendere nella memoria e nella coscienza, prima di darle alle stampe. Il titolo del libro tradisce infatti, anzi descrive con incisiva proprietà di linguaggio, il cammino dei sentimenti: «Per sopravvivere probabilmente bisogna operare un taglio nella memoria, ma anche nella relazione con l’altro, in particolare nel rapporto con il proprio figlio». E così, anche il lettore si ritrova a condividere l’esperienza del mancato passaggio di memoria, a immedesimarsi nella figlia che a distanza di decenni ma soprattutto dopo unlungo silenzio, ascolta sulla pagina la fuga del padre ragazzino, verso una faticosa sopravvivenza.
Ha ragione Janine Altounian quando s’interroga sulla necessità dell’oblio, a fronte di traumi storici quali il genocidio armeno. Lei ha deciso di «interrogare l’oblio» attraverso la lettura di quel diario, dove stanno scritte cose che suo padre non le ha mai raccontato a voce. Accanto a queste riflessioni di taglio psicoanalitico, dense di chiaroscuri e complessità (la chiave è freudiana, con tutti i suoi archetipi), si staglia il racconto sommario, elementare, del padre.
Si staglia anche l’evidenza di una rimozione storica che solo molto adagio e stentatamente riaffiora alla memoria collettiva: «Gli armeni vivono per lo più
in un mondo, l’Occidente, dove i riferimenti alla loro non esistono. Il genocidio del 1915 non è inscritto nella memoria occidentale», scrive Janine e questo assunto è il punto di partenza per lei per fare i conti con la rimozione di quell’esperienza storica.
Autore: Janine e Vahram Altounian
Titolo: Il genocidio armeno nel diario di un padre e nella memoria di una figlia Edizioni: Donzelli
Pagine: 95
Prezzo: 11,50 euro
(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 8 dicembre
V.V
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