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24 12 2007 - Confermata dal Tf la condanna allo storico negazionista turco
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REGIONE TICINO on line
Vittoria armena
di Silvano De Pietro
La condanna per discrimi¬nazione razziale inflitta a Dogu Perincek, che nel 2005 aveva a più riprese negato il genocidio degli armeni, è defi¬nitiva. Il
Tribunale federale, quale terza istanza, ha infatti confermato le precedenti con¬danne e respinto il ricorso del nazionalista turco, il cui avvo¬cato ha
annunciato di voler ri¬correre alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ma la sen¬tenza dei giudici federali di Losanna potrebbe costituire un segnale importante anche per la giustizia di altri paesi, nei quali gli armeni si battono per far sì che lo sterminio del loro popolo, perpetrato dal¬l’impero ottomano nel 1915, venga riconosciuto quale ge¬nocidio.
Due anni fa, Dogu Perincek, allora presidente del Partito dei lavoratori della Turchia, aveva contestato pubblicamen¬te la storicità di uno sterminio
programmato della minoranza armena durante la prima guerra mondiale: in discorsi pronunciati a Losanna, Op¬fikon ( Zurigo) e Köniz ( Berna) aveva fra
l’altro parlato di una « menzogna internazionale » . Nel marzo scorso il Tribuna¬le di polizia di Losanna lo ave¬va condannato – in base all’ar¬ticolo 261bis del codice penale svizzero, che punisce fra l’al¬tro chi « disconosce, minimizza grossolanamente o cerca di giu¬stificare il genocidio o altri cri¬mini contro l’umanità » – a una pena pecuniaria di 9 mila fran¬chi, sospesa con la condiziona¬le per due anni, più una multa di tremila franchi.
Perincek aveva dovuto inoltre assumer¬si i costi giudiziari e versare mille franchi all’Associazione Svizzera- Armenia ( Asa) a tito¬lo di torto morale. La
sentenza era stata confermata in giugno dalla Corte di cassazione vo¬dese.
Perincek si è quindi rivolto al Tribunale federale, argo¬mentando che la giustizia vo¬dese non avrebbe svolto suffi¬cienti indagini per stabilire se i
massacri avvennero real¬mente. I giudici federali gli hanno risposto che scrivere la storia non compete all’auto¬rità penale. E comunque gli storici
convengono ampia¬mente che il genocidio armeno è un fatto realmente avvenuto.
L’imputato non ha invece di¬mostrato il contrario. E non ha importanza che alcuni Stati abbiano scelto di non ricono¬scere pubblicamente il genoci¬dio: a
questo proposito entra¬no in considerazione motivi di opportunità politica.
Non è, per esempio, decisivo il fatto che il Consiglio federale abbia evitato di riconoscere il geno¬cidio ( anche se lo ha fatto il Consiglio nazionale) e che
lo stesso governo abbia caldeg¬giato presso le autorità turche la creazione di una commissio¬ne internazionale di storici per analizzare il tema.
Perincek è stato mosso da motivazioni razziste e nazio¬naliste, al di fuori del dibattito storico ed in piena cognizione di causa. Condannandolo, la sua
libertà d’espressione, ga¬rantita dalla Convenzione eu¬ropea dei diritti dell’uomo, non viene violata: egli avrebbe infatti dovuto sapere che le sue affermazioni l’avrebbero esposto a una denuncia in Svizzera. La condanna intende proteggere la dignità umana della comunità armena.
In seguito alle inchieste pe¬nali aperte nei confronti di Pe¬rincek e dello storico Yusuf Halacoglu, le relazioni tra la Svizzera e la Turchia hanno subito
un raffreddamento. C’è stato anche un forte dibattito interno dopo che il consigliere federale Christoph Blocher, nel corso della sua visita ad Ankara, il 4 ottobre 2006 disse che l’articolo 261bis del codice penale svizzero gli faceva veni¬re il mal di pancia. Il ministro di giustizia si era rammarica¬to al riguardo con il collega turco Cemil Cicek, esponendo¬si in tal modo alle critiche di chi gli rimproverava di aver messo in discussione una leg¬ge votata dal popolo, e per di più all’estero.
H.Dun
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