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050426 - Per gli Armeni il diavolo si chiama Turchia
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90 ANNI FA IL GOVERNO OTTOMANO INIZIAVA IL GENOCIDIO CONTRO LA POPOLAZIONE CRISTIANA INERME
> Per gli Armeni il diavolo si chiama Turchia
> «Medz Yeghern», il .Grande Male., fu il primo olocausto del Novecento. Ma Ankara non vuole fare ammenda
> TIZIANA TREVISSON LUPACCHINI
Il Genocidio degli Armeni viene universalmente commemorato nel mese di aprile di ogni anno, prendendo come data precisa il giorno 24, in quanto l'avvio del progetto predeterminato ebbe inizio la notte del 24 aprile del 1915: i rappresentanti delle autorità ottomane bussarono alle porte di tutte le famiglie degli intellettuali armeni di Istanbul, antica Costantinopoli, invitando i predestinati alla morte, negli uffici della polizia. Al mattino seguente erano tutti nelle carovane della deportazione. Era l'inizio del Medz Yeghern, il "Grande Male", come gli Armeni chiamano il primo Genocidio del XX secolo che portò via la vita a più di un milione e mezzo di loro, innocenti cittadini dell'Impero Ottomano di religione cristiana, la cui unica colpa era di appartenere alla nazione armena, e trovarsi sulla via di congiunzione delle due parti del vasto territorio turanico che si estendeva nella fantasia malata dei nazionalisti turchi fra l'Adriatico e l'Asia Centrale.
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> IL PRIMO OLOCAUSTO
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> Per la prima volta, nella storia moderna, uno Stato organizzava meticolosamente il massacro dei propri cittadini con le proprie mani. Gli Armeni, infatti, erano cittadini ottomani da tanti secoli, dalla fondazione dell'Impero, ed erano abitanti di quelle terre - che si stendevano da Nord a Sud dal Mar Nero alla Cilicia, sulla costa del Mediterraneo, e da Ovest a Est da Cesarea fino al monte Ararat - da quattro millenni, molto prima che i turchi ottomani fondassero il loro Stato nel 1299. Con il loro apporto allo sviluppo e alla civilizzazione dell'Impero Ottomano, gli Armeni avevano ricevuto dai sultani ottomani stessi l'appellativo di "Millet-i Sadika": popolo meritevole di fiducia. Un popolo austero, laborioso, intelligente, che tuttavia, sin dalla fine dell'Ottocento, era stato considerato una minaccia per la sua maestria negli affari, per la sua conquistata ricchezza; ed odiato, soprattutto, per il suo essere di fede cristiana, e non voler abiurare.
> Dopo i primi massacri, ordinati dal sultano Abdul Hamid nel 1895, di nuovi ne erano cominciati nel 1908, con lo scoppio della rivoluzione dei "Giovani Turchi". Fu, però, del triumvirato Talaat, Enver e Gemal Pascià la decisione di liquidare l'intera comunità, adottata nel congresso segreto tenutosi a Salonicco nel 1911. L'occasione per realizzare questo piano di sterminio si presentò con lo scoppio del Primo Conflitto Mondiale. Inizialmente, infatti, furono chiamati alle armi tutti gli armeni validi che, dopo esser stati separati dai loro reparti ed inquadrati per costituire i cosiddetti " Battaglioni operai" vennero uccisi. Furono quindi arrestati ed in seguito uccisi tutti gli intellettuali, i sacerdoti, i dirigenti politici.
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> DESTINAZIONE: IL NULLA
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> Nelle città e nei villaggi abitati da armeni rimasero quindi solo donne, bambini e vecchi. Per loro venne decretata la deportazione: istradati in lunghe file verso il deserto della Siria - "destinazione il nulla", come nel film .Ararat., di Atom Egoyan -, senza acqua né viveri, finché non ne restò nessuno. I mezzi usati per compiere questo sterminio furono di un'inaudita ferocia e di un sadico accanimento contro le vittime: occhi accecati, labbra tagliate col rasoio, donne incinte sventrate per riderne; alcuni vecchi ferrati come asini costretti a trascinarsi a quattro zampe prima di ricevere una sciabolata nell'ano; altri, con la lingua tranciata, schiumano, con la bocca aperta, un atroce dolore muto. E le torture: perché tanta ferocia? Qui non c'era nulla da ammettere, da confessare. E allora perché giocare a pallone con le teste mozzate, tirare in aria i bambini e infilzarli con la baionetta, o impalare badando a non ledere subito gli organi vitali? Il massacro finalmente in libera uscita. Per non parlare dell'ossessione del sesso: poter avere le ragazze, vergini, che si sono viste passare tante volte per strada, promesse ad altri. Farne scempio.
> Chi riusciva a sfuggire al massacro periva per la fame, la sete, le malattie e gli stenti del lungo viaggio, compiuto a piedi, per centinaia di chilometri. «La questione armena risolta al mattatoio», come scriverà secco Gérard Chaliand, studioso francese di origini armene, il quale, pur avendo avuto la famiglia sterminata dai turchi, per tutta la vita ha rifiutato di ricordare la storia tragica del suo popolo, recuperando soltanto in età avanzata il desiderio di saldare i conti con questo passato familiare e collettivo, nascosto in un angolo profondo della sua coscienza.
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> OPERAZIONE GIUSTIZIA
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> Pochi anni dopo questi orrori, scatta l'operazione Nemesis, contro i responsabili del genocidio, organizzata in tre continenti: il 14 marzo 1921, a Berlino, il turpe Talaat viene abbattuto, per mano del ventiquattrenne Soghomon Teylirian, il quale aveva perduto l'intera famiglia e che di fronte a un tribunale tedesco avrebbe raccontato gli orrori del Grande Male e sarebbe stato assolto per infermità mentale. Nello stesso anno, a Roma, un "vendicatore" di ventidue anni giustizia con una pallottola in testa l'ex gran visir del primo governo dei Giovani Turchi, Said Halim. Sempre a Berlino, vengono colpiti a morte Behaeddin Shakir e Gemal Azmi. Gli attentati scossero qualche coscienza, in un Paese come la Germania, dell'azione del cui imperialismo la Turchia era stata il baricentro fin dalla seconda metà dell'800, allorché i tedeschi contendevano all'Inghilterra la costruzione di "grandiose opere civili" il cui costo veniva coperto dalla Deutsche Bank con un ampio sistema di debito pubblico, tanto che Rosa Luxemburg poteva sottolineare: «E così lo Stato turco diviene per l'eternità debitore dei signori Siemens, Gwinner, Helferich come lo era stato del capitale inglese, francese, austriaco».
> L'ebreo polacco Raphael Lemkin - il quale avrebbe imposto all'attenzione mondiale il termine "genocidio", combinazione del greco génos (razza) e del latino caedere (uccidere) a significare il male assoluto, l'orrore estremo delle stragi di popolazioni civili inermi -, ventenne e studioso di linguistica quando l'armeno Teylirian uccise il ministro turco Talaat, chiese alla madre, filosofa e pittrice: «È reato per Teylirian uccidere un uomo e non lo è per il suo oppressore uccidere più di un milione di persone?». E la madre rispose che quando lo Stato decide di eliminare un gruppo etnico o religioso, la polizia e la cittadinanza diventano «complici e non custodi della vita umana».
> Fino ai nostri giorni l'orientamento delle autorità turche, salvo alcuni casi personali e non ufficiali, è quello di negare assolutamente il genocidio della nazione Armena, probabilmente per chiudere definitivamente la porta a ogni conseguente richiesta di risarcimenti, richiesta che tuttora rimane solo di natura morale e non finanziaria, né territoriale, se anche rimane sempre aperta la questione del trattato di Mosca del 1921, quando in assenza dei diretti interessati è stato firmato un accordo fra tra la Russia Bolscevica e la Turchia ancora non completamente formata come Repubblica Kemalista, regalando le province di Kars e di Ardahan assieme alla zona di Surmalù ai turchi. A questo proposito ci sono state ripetute assicurazioni da parte delle più alte autorità della Repubblica Armena. Ove invece tale negazione non sia assolutamente possibile, davanti a fatti fin troppo evidenti, il comportamento politico turco prende le sembianze di una minimizzazione dell'accaduto tragico, delineando un.incresciosa opera .assistita dal governo. di spostamento della popolazione armena a causa della Prima Guerra Mondiale. Il Genocidio del popolo armeno non è, però, un .increscioso spostamento della popolazione, assistito dal governo.. Esso è e rimarrà uno dei Crimini più gravi della storia moderna che precede l'Olocausto.
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> TURCHIA SENZA VERGOGNA
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> E passi che qualche giornalista turco si spinga a minacciare: «Sia chiaro agli occhi dell'opinione pubblica mondiale: in passato, abbiamo castigato tutti gli infami meticci che, non contenti di approfittare delle nostre terre, hanno attentato ai beni, alla vita e all'onore dei turchi.
> Sappiamo che i nostri padri avevano ragione e se simili minacce dovessero ripetersi oggi, faremmo quanto necessario senza il minimo indugio» (Akit, Istanbul, 12 febbraio 2001); ma qualche preoccupazione sia consentito nutrirla quando nel momento stesso in cui fallisce l'obiettivo di reintrodurre il reato d'adulterio nel suo codice penale, quella stessa Turchia che vorrebbe le fossero aperte le porte dell'Unione europea, lungi dal riconosce le responsabilità dei turchi nello sterminio degli Armeni, giunge, invece, a prevedere la punizione, col carcere fino a dieci anni, di chiunque parli, anche in forma dubitativa, di "genocidio armeno".
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V.V
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