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2 01 2008 - Genocidio degli armeni, Pamuk rischia il patrimonio
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da IL GIORNALE - da Istanbul
Povero Orhan Pamuk. Dopo aver rischiato la galera e aver patito il linciaggio morale della Turchia più ultranazionalista, adesso il premio Nobel 2006 rischia
anche di finire in bolletta. La Yargitay, la Corte di cassazione, ha annullato ieri una sentenza della Corte di Istanbul, che a sua volta aveva respinto la
richiesta di risarcimento inoltrata da sei cittadini turchi. La colpa di Pamuk era averli feriti gravemente «nella dignità e nell'onore» per le dichiarazioni
fatte sul genocidio armeno e sui curdi, parole per cui Pamuk fu processato nel dicembre 2005. A un settimanale svizzero lo scrittore aveva detto che il suo Paese era responsabile della morte di un milione di armeni e di 30mila curdi e che in Turchia nessuno parlava di questo argomento. Lo scandalo nel Paese fu enorme e ci fu anche chi accusò Pamuk di aver scatenato un caso politico per vincere il Nobel, che gli fu assegnato un anno dopo, nell'ottobre 2006.
Proprio le parole sulla «questione curda» sono alla base dei nuovi problemi legali dello scrittore. I familiari di sei soldati uccisi dai ribelli curdi del
Pkk, organizzazione riconosciuta come terroristica da Europa e Stati Uniti, gli hanno fatto causa chiedendo i danni. Hanno agito adducendo come ragione il
fatto che fra quelle 30mila persone uccise, ci sono anche molti cittadini turchi innocenti e giovani militari, spesso in zone di guerra per compiere il
proprio servizio di leva e che non furono solo i curdi a morire in questa guerra che da oltre 30 anni insanguina il sud-est della Turchia.
Il Tribunale di Istanbul aveva rigettato l'accusa, sostenendo che le dichiarazioni del Nobel non potevano essere considerate una violazione dei diritti personali. Adesso la Cassazione ha riaperto il caso e il narratore potrebbe essere costretto a pagare 30mila dollari alle famiglie che hanno chiesto il risarcimento. Non solo. A queste sei potrebbero aggiungere altri familiari a cui il conflitto con il Pkk ha portato via i figli.
E si contano a centinaia.
H.D.
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