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050426 - LA TURCHIA E IL MEA CULPA
> Il genocidio (rimosso) degli armeni
> LA TURCHIA E IL MEA CULPA
> Di Piero Ostellino
> Nei necrologi del CORRIERE di domenica è comparso un lungo elenco di famiglie italiane che ricordavano i loro morti di novant'anni fa. Khatchadourian, Darakdjian, Andilian, Alexanian... Ma anche Cerutti, Bonadeo, Castelli... Così, il ricordo di chi scrive è andato, per dolente analogia, al lunghissimo elenco di altri morti - 4 milioni e mezzo- perché di un altro milione e mezzo ne sono andati perduti persino i dati anagrafici - i cui nomi sono scolpiti lungo le pareti del Museo dell'Olocausto di Gerusalemme. Dal quale ogni uomo che abbia memoria e cuore non può non uscire sconvolto e in lacrime. Quello ricordato su questo giornale dalla Chiesa Apostolica Armena, l'Unione degli Armeni d'Italia, le Comunità Armene d'Italia e dalle singole famiglie è stato il primo sterminio di massa del XX secolo. Era incominciato il 24 aprile 1915, quando i capi della Comunità armena di Costantinopoli erano stati arrestati, deportati e uccisi dalle autorità turche. Ed era proseguito, dopo l'uccisione di gran parte degli uomini validi, con la deportazione in condizioni disumane di donne, vecchi, bambini: il massacro di oltre un milione e mezzo di persone sul quale troppo a lungo il mondo ha steso un complice velo di silenzio.Ora, però, è venuto il tempo che la comunità internazionale si associ alla richiesta che gli armeni rivolgono da sempre alla Turchia di farne ammenda e che i governi turchi hanno sempre ignorato. Caduto il regime fondamentalista musulmano dei "Giovani turchi", la Turchia, sconfitta e secolarizzata, istruirà una Corte marziale per giudicare i responsabili dell'eccidio che sarà sciolta senza aver terminato i lavori. E il governo di Ankara inaugurerà la "politica del silenzio". Che dura tutt'ora.Chi controlla il passato - si dice - controlla il presente e il futuro. In Turchia si insegna ancora la storia come se sul suo territorio non ci fosse stato che il popolo turco. E gli armeni non sono descritti come una parte integrante della società, ma come una fonte di problemi. Così, anche se a livello di élite qualche passo avanti sulla "questione armena" è stato fatto - nel dicembre scorso il primo ministro Erdogan ha inaugurato a Istanbul un museo armeno - è fra la popolazione che essa rimane un "capitolo sensibile". Condannare la Turchia per il massacro di allora avrebbe lo stesso senso che condannare i tedeschi di oggi per i crimini nazisti. Cioè nessuno. Ma i governi tedeschi hanno rinnegato il tragico passato del proprio Paese. E' perciò che il governo di Ankara non può coerentemente chiedere di far parte di un'Europa che ha nella sua Costituzione la garanzia dei diritti delle minoranze e le cui radici, piaccia o no, affondano nella tradizione giudaico-cristiana, fingendo, al tempo stesso, di ignorare, e non condannando, lo sterminio della minoranza cristiana armena in nome dell'unità e dell'integrità dello Stato di allora Papa Benedetto XV - che se ne era dichiarato "inorridito" - era intervenuto presso il sultano ottomano affinché fermasse i massacri. Sarebbe di conforto, non solo per gli armeni, se papa Ratzinger, Benedetto XVI, in uno dei suoi prossimi interventi pubblici, ricordasse la questione. Ma sarebbe, forse, ancora più confortante se l'ambasciatore turco a Roma pronunciasse anche una sola parola su quel lungo elenco pubblicato nelle pagine dei necrologi del Corriere , evitando di lasciar cadere ancora una volta nel silenzio - per malintese ragioni nazionalistiche contro le ragioni della morale universale - la "giornata della memoria armena" appena trascorsa.
> postellino@corriere.it
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V.V

 
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