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22 02 2008 - Benevento - Presentazione del Libro di " La Masseria delle Allodole"
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Le presentazioni del libro “La masseria delle Allodole di Antonia Arslan, a Benevento – in due incontri il primo giovedì sera al rettorato di piazza Guerrazzi, il secondo ieri mattina con gli studenti del Liceo Classico De La Salle all’auditorium G. Paolo II - sono state altrettante occasioni per riflettere sul lato oscuro del Novecento, che ha visto tante pagine sanguinose e diversi terribili genocidi...
Le presentazioni del libro “La masseria delle Allodole di Antonia Arslan, a Benevento – in due incontri il primo giovedì sera al rettorato di piazza Guerrazzi, il secondo ieri mattina con gli studenti del Liceo Classico De La Salle all’auditorium G. Paolo II - sono state altrettante occasioni per
riflettere sul lato oscuro del Novecento, il secolo breve, che ha visto tante pagine sanguinose e diversi terribili genocidi. Il primo è stato proprio quello subito dagli armeni nel 1915 in Anatolia ad
opera dei nazionalisti turchi che negli, ultimi anni di anarchica esistenza dell’impero ottomano, vollero eliminare con un freddo e cinico piano di sterminio questo popolo.
Una pagina storica che non deve sembrare – ha ricordato la moderatrice dei due convegni Enza Nunziato - lontana dai problemi del presente perché occorre mantenere alta l’attenzione per evitare quel sonno della ragione che precede il relativismo e l’indifferenza e che sono il terreno di coltura dei totalitarismi.
Del resto – ha aggiunto – la memoria rappresenta la coscienza della civiltà di un popolo e al tempo stesso un baluardo contro il male, uno strumento di tutela per la libertà e la democrazia.Francesco Vespasiano – docente dell’Università del Sannio – ha relazionato sul libro, sui suoi contenuti, sulla trama narrativa, sugli ideali che lo pervadono.
E’ partito dall’analisi della metodologia dei genocidi. Si parte sempre dalla negazione della dignità del popolo fatto oggetto di disprezzo, di cui si nega l’umanità e al quale si attribuiscono ogni genere di colpa e nefandezza e questo dato è analizzato con cura da Antonia Arslan nella sua narrazione.
E l’ebbrezza ferina del sangue che colpisce coloro che attuano i massacri, finendo per dimenticare ogni anelito di umanità e di bene, “uomini che diventano bestie”.
Un altro dato che ha colpito il docente è l’attenzione dell’autrice alla ricostruzione dell’identità culturale degli armeni, un popolo profondamente religioso: “Fede per avere forza, sopravvivere, continuare a vivere dopo un periodo di morte e di strage”.
E soprattutto diversi personaggi come il gran capo dei dervisci (uomini di fede islamica e mistici che sono figure tipiche dell’Anatolia), il console tedesco Hans Muller, il mendicante Nazim, che “con la forza creativa del bene” aiutano le donne della famiglia Arslanian, sopravvissute alla lunga deportazione a mettersi in salvo.
Un libro raffinato e scritto bene – ha sottolineato Vespasiano – che ricorda lavicenda e le sofferenze di una famiglia, gli Arslanian. In particolare di un innocente, Sempad, che muore decapitato da un ufficiale turco, e della moglie Sushanig e delle figlie che riescono dopo tanti stenti a mettersi in salvo
(anche se la povera Sushanig morirà non appena salirà sul traghetto che avrebbe portato i superstiti in Italia) rivissute dalla nipote (figlia del fratello Yermant, trasferitosi in Italia diversi anni prima del genocidio) Antonia Arslan (il cognome trascritto dall’anagrafe italiana erratamente e per questo
diverso dall’originario Arslanian).
“La lettura, l’interpretazione profonde di Francesco Vespasiano mi hanno colpito profondamente”, ha detto la scrittrice, Antonia Arslan, che ha ricordato con soddisfazione come, a quattro anni dalla pubblicazione, con tanti incontri di presentazione anche nelle scuole (quello di ieri è stato il 300esimo) gli italiani hanno dimostrato di capire la tragedia del popolo armeno.Un popolo che spesso non si stima e si sottovaluta, ma che in realtà sa manifestare “grande sensibilità e capacità di intuizione del dolore e del male degli altri”.
Ha ricordato la storia terribile di un milione e mezzo di persone sterminate
nel 1915, con i maschi uccisi immediatamente e le donne sottoposte ad una terribile deportazione, il cui scopo ultimo era quello di farle morire di stenti.
Una pagina storica non conosciuta per la cinica volontà della Turchia ancora oggi di negarla, di non riconoscerla come realmente accaduta, grazie alla complicità e agli appoggi anche di altri paesi, per motivi diplomatici. Ma “in fondo all’orrore una luce è riuscita a sopravvivere, con diverse persone che hanno salvato degli innocenti”. Ma è importante, adesso che la Turchia riconosca le sue responsabilità come ha fatto la Germania per la Shoah. “Se non avverrà adesso che questo paese che conta 73 milioni di abitanti, vuole entrare nell’Unione Europea, non accadrà mai più”, ha sottolineato. La scrittrice ha precisato di non nutrire rancori nei confronti dei turchi di oggi, ma ha fatto comprendere come sia assolutamente irrinunciabile dal punto di vista etico una ammissione di responsabilità che sia di riconoscimento alle atroci sofferenze e alla sorte terribile di tanti innocenti.
In entrambi gli incontri i lavori e la conclusione del dibattito hanno visto grande gradimento da parte dell’uditorio colpito nella sua sensibilità da questa vicenda storica di sofferenza di un intero popolo così poco conosciuta.
Di grande impatto la lettura di alcuni brani del libro condotta da studenti del Liceo Classico De La Salle e la rappresentazione di scene del bel film tratto dal romanzo e girato dai fratelli Taviani, per due eventi particolarmente riusciti. Da ricordare che il primo – quello a piazza Guerrazzi, nell’ex convento di San Domenico - è stato organizzato grazie al contributo dell’Inner Wheel di Benevento e dell’Università del Sannio; il secondo in virtù della disponibilità e sensibilità del corpo docente del De La Salle, del preside don Nicola Cocchiarella e del rettore del Seminario Arcivescovile Don Abramo Martignetti che ha messo a disposizione l’auditorium Giovanni Paolo II. Stampa
H.D.
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