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24/04/2008 15.16.07 DA RADIOVATICANA, Serata all Auditorium di Roma
Di scena all'Auditorium Conciliazione a Roma lo spettacolo teatrale "Pietre urlanti" sui massacri degli armeni del secolo scorso

Nella notte del 24 aprile di oltre 90 anni fa, circa 200 leader della comunità armena furono arrestati ad Istanbul, allora capitale dell’Impero Ottomano. Per la comunità armena fu l’inizio di un periodo drammatico segnato da deportazioni e violenze. Secondo molti storici, dal massacro perpetrato contro quella che era considerata una minoranza pericolosa per l’integrità dell’Impero Ottomano ormai vicino al tramonto, si salvò solo chi riuscì a fuggire in Europa. In base a fonti indipendenti, sarebbero state uccise più di un milione e mezzo di persone. Per ricordare quella tragedia, sono in programma diverse iniziative:
tra queste, oggi alle ore 19 all’Auditorium Conciliazione con ingresso libero, l’opera teatrale “Pietre urlanti”, della regista armena Satenig Gugiughian.
Amedeo Lomonaco l'ha intervistata:
R. – Ci tengo a precisare, anche se con una sorta di difficoltà, che è comunque una espressione e uno spaccato della mia vita. E' quindi una storia vera: si tratta dell’incontro fra una sorella ed un fratello che non si vedono da 15 anni, perchè lui è scappato da quella casa in cui il peso della sofferenza era troppo grande. La sorella lo va a recuperare per cercare di portarlo dal padre morente.

D. – Cosa significa per una regista armena riproporre, con il linguaggio del teatro, una ferita così profonda della storia del popolo armeno, ma anche della
propria storia personale?

R. – Significa aver avuto un momento di grande coraggio, perchè parlare di sé non è facile: è anzi molto doloroso. Credo, però, che sia fondamentale per tutti noi, figli di sopravvissuti, salvaguardare la memoria: dobbiamo uscire allo scoperto e parlare pubblicamente, rischiando anche l’ira di chi non vuole sentire queste cose. L’importante è tirare fuori il coraggio. La gente è ora che sappia.

D. – A proposito di questo coraggio dell’esporsi, quali sono gli ostacoli e le potenzialità nel rappresentare la storia di un popolo attraverso il teatro?

R. – Talvolta una bugia, che non è la storia, ma è la spettacolarizzazione della storia, può avere più enfasi che un comunicato stampa. Il mondo è fatto così: ha bisogno di immagini! Non potendo proiettare le immagini del genocidio, perchè crude o perchè non tutte esistenti, credo che la forma spettacolo-cinema-teatro debba assolutamente avere più spazio.
D. – Anche alla luce di questi spazi, come è cambiato – se è cambiato - negli anni il modo di raccontare queste vicende drammatiche nel mondo culturale
armeno?
R. – Più passano gli anni, più questo genocidio non viene riconosciuto e più diventiamo armeni. E’ incredibile questo. Io sono molto più armena oggi di quanto non fossi stata da bambina, anche se sono cresciuta non con le favole, ma con questi racconti. Sono stata, quindi, imbevuta di questa storia: ne è intriso ogni centimetro della mia pelle e del mio essere. Col passare degli anni e, specialmente dalla morte di mio padre, è come se si ribellasse qualcosa in me. Avendo questo stato d'animo, c’è la voglia di urlare al mondo: “Siamo armeni e lo resteremo”.
D. – Quali sono le ferite più laceranti che non si riescono a curare, anche dopo 90 anni?
R. – La ferita che resta è sempre quella: non si può rimarginare una ferita di questo genere e specialmente quando non è riconosciuta. Se fosse riconosciuta,
il dolore resterebbe intatto, ma il sangue dei nostri genitori non sanguinerebbe più, avrebbero pace. La negazione è un omicidio premeditato ogni volta. Il riconoscere non modifica la situazione o il dato di fatto, ma farebbe nascere la sensazione di aver ricevuto un atto di dovuto rispetto.
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Associazione Dialoghi, Gianni Lattanzio:
bene che presidenza UE inviti Stati membri a proseguire colloqui adesione Turchia per risolvere questione armena Gianni Lattanzio, fondatore dell'Associazione europea "Dialoghi", condividendo la solenne dichiarazione di ieri, davanti al Parlamento europeo in sessione plenaria, del presidente di turno della Commissione Ue, lo sloveno Danilo Turk affinché "''L'Europa sia credibile'' e ''porti avanti il negoziato per l'adesione della Turchia all'Unione europea'' ha ribadito che "L'Unione aveva gia' dato il suo via libera ai negoziati. Non puo' ora tirarsi indietro perche' questo ne metterebbe in discussione la credibilita''.

L'attenzione di Lattanzio si è volta alla posizione della Turchia nei riguardi della "questione armena": "Oggi è il 24 aprile, e si commemora in Italia il 93-esimo anniversario del "Metz –Yeghérn" armeno, quando due milioni di armeni indifesi furono sistematicamente fucilati, decapitati, lasciati morire di fame e di sete nel deserto dal governo turco, e quasi 100.000 bambini armeni di religione cristiana affidati a famiglie di altra religione, strappandoli alle loro radici culturali. Tal quale l'Impero Ottomano faceva secoli prima con gli orfani cristiani catturati."

" Noi crediamo che sia giusto" ha continuato Lattanzio "che oggi in Europa i luoghi dello sterminio della II guerra mondiale siano diventati monumenti nazionali, dove i sopravvissuti possono recarsi a pregare, a ricordare, e anche a vivere; e crediamo ugualmente giusto che questo avvenga anche nell'Armenia turca che vuol farsi Europa."

"Non dobbiamo mai dimenticare" ha concluso Gianni Lattanzio, "che senza il Metz-Yeghérn armeno, e l'assordante silenzio che lo ha coperto, non sarebbe stato concepito l'Olocausto della guerra 39-45, dove 6 milioni di ebrei e 25 milioni di slavi furono sistematicamente massacrati per creare la Grande Germania, versione ingrandita della Grande Turchia" e quindi "l'Europa dimenticando il Metz-Yeghérn armeno lo ha ripetuto dieci volte più grande.
Dobbiamo ricordare, e correggere gli errori del passato, affinché non si ripetano! L'Europa è nata per lavare tutto quel sangue, ed accoglierà chiunque sia disposto a fare lo stesso, realmente e senza riserve!"

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H,D

 
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