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24 04 2008 - comunicato stampa di Pietro Kuciukian ed eco sulla stampa per eventi del 24 Aprile
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Eco sulla stampa del 24 Ap. ricevuta da "CASA ARMENA" di Milano;
Comunicato stampa di Pietro Kuciukian;
Il sottosegretario alle Relazioni internazionali, Robi Ronza, è stato presente questa mattina alla Divina Liturgia in rito armeno gregoriano celebrata nella basilica milanese di Sant'Ambrogio a commemorazione del 93° anniversario dell'inizio (24 aprile 1915) del genocidio degli armeni ad opera del governo ottomano dei Giovani Turchi. Primo dei genocidi che segnarono di sangue il secolo XX, quello degli armeni costò la vita a non meno di un milione e mezzodi persone, uomini, donne e bambini. "Ricordare questo genocidio", ha osservatotra l'altro il sottosegretario Ronza, " è un doveroso gesto di solidarietà conla nazione armena, che peraltro non va affatto visto come un atto ostile neiconfronti della Turchia contemporanea. Riconoscendolo essa non potrà che trarnevantaggio sul piano della sua crescita civile e del suo prestigiointernazionale, così come la Germania contemporanea trasse vantaggio eprestigio dal rinoscimento delle responsabilità storiche della Germania nazista".
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Alemanno candidato sindaco di Roma sul genocidio armeno:
".... quanto al giudizio storico su Ataturk, il riconoscimento del suo ruolo nella costruzione di una Turchia laica non cancella la più ferma condanna del genocidio armeno, una tragedia dalle dimensioni allucinanti, ingiustamente e inspiegabilmente ignorata dalla memoria storica europea;"
IN Risposta all'Apèpello di Pasquale TOTARO.
http://www.extraonline.it/notiziedallacapitale.asp?id=187
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Armeni, riconoscimento genocidio cercasi
di Luca Ferrari giovedì 24 aprile 2008
da Reporter 24.4.08
In molte città d’Italia, in questa settimana si stanno celebrando incontri sul tema degli Armeni. La giornata odierna,il 24 aprile, viene riconosciuta e commemorata nel ricordo del genocidio armeno del 1915-16.
La storia è nota, alla fine dell’800 i Turchi iniziano a reprimere con la violenza le aspirazioni indipendentiste armene. Il primo apice lo si raggiunge nel 1886 quando cinquantamila armeno vengono uccisi, come risposta alla loro occupazione della banca ottomana di Istanbul.
Con il 900, i Giovani Turchi, un gruppo di intellettuali e di ufficiali dell’esercito, agiscono per trasformare l’Impero in una monarchia costituzionale. Nuove spinte irredentiste, sostenute prima dai russi e poi dai francesi, portano la Turchia a una deportazione di massa della minoranza.
Nella tragica marcia dall’Anatolia ai deserti della Siria e della Mesopotamia, trecentomila nazionalisti armeni vengono massacrati. Ma le stime (cadaveri) sono destinate ad aumentare, e secondo alcune fonti, si arriverà a sfondare il numero di due milioni di vittime
Ad oggi, il governo di Ankara continua ancora a rifiutare di riconoscere il genocidio armeno, affermando che tale strage fu dovuta a un guerra civile accompagnata dalla carestia e dalle malattie, e che i numeri sono stati molto ingigantiti.
Quest’ultimo passo ricorda molto quello che hanno detto certi criminali nazisti sugli ebrei. Come se non bastasse, l’argomento è tabù in Turchia. La magistratura infatti, punisce con l’arresto e la reclusione fino a tre anni anche il solo nominare in pubblico l’esistenza del genocidio degli armeni, in quanto gesto anti-patriottico.
Lotta di numeri. Lotta di responsabilità. Minimizzazioni. Se nemmeno la morte trova la pace, ci può essere speranza per noi, umili vivi?
Non è passato molto tempo, da quando il 16 agosto 2004, il ministro tedesco Heidemarie Wieczorek-Zeul presentò le sue scuse ufficiali alla Namibia, per il
genocidio (ammesso e riconosciuto) ad opera del generale Lothar Von Trotha ai danni della tribù dei Herero, nel 1904.
I muri sono destinati a cadere. Alcuni con la forza. Altri con la ragione.
Forse un giorno Istambul lo riconoscerà. O più malinconicamente, troverà una scappatoia per dire che ci furono certe responsabilità ed entrerà nell’UE.
Questa è la logica del mercato.
C’è una grande fetta di mondo insepolto. Un esercito di morti che vaga per mari, cieli e terre, in attesa di un briciolo di umanità. Di ammissione di colpa. Di giustizia, quantomeno morale.
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da formiche.it
Nessuno parli di Armenia
Oggi è la giornata della memoria del genocidio armeno. Ancora grande la difficoltà nel riconoscere che di genocidio si è trattato. Pochi e mal pubblicizzati gli eventi per celebrare la ricorrenza.
Foto di copertina del libro di Fethiye Çetin
Ultimi Commenti
NON CI SONO COMMENTI! 24/04/2008 | VALERIA BRIGIDA
Sono passati 93 anni da quel massacro che, ancora oggi, in molti si ostinano a negare. Il 24 aprile 1915, quando imperversava la prima guerra mondiale, il popolo degli armeni subì un vero e proprio genocidio. Erano circa 2 milioni. Ne furono uccisi circa 1,5 milioni. Solo nel 1985 l’Onu e il Parlamento europeo hanno dichiarato il complesso di quelle morti “genocidio”.
Nell’ottobre del 2006 Robert Fisk, corrispondente per The Independent, scrisse:
“Le vittime armene furono uccise con pugnali, spade, martelli e scuri per risparmiare le munizioni. Annegamenti di massa furono effettuati nel mar Nero e nell’Eufrate, principalmente di donne e bambini, talmente tanti che l’Eufrate si intasò di cadaveri e deviò il suo corso di forse mezzo miglio. Ma Dadrian, che parla e legge correntemente il turco, ora ha scoperto anche che decine di migliaia di armeni furono bruciati vivi nei fienili”.
“Metz Yeghern”. In lingua armena significa “il grande male”. È così che i sopravvissuti hanno deciso di chiamare quell’orrore che porta la firma dei
turchi ottomani. Ancora oggi la voce dei negazionisti è più forte della terribile verità. Due anni fa la Francia di Chirac approvò un disegno di legge in cui si giudicava reato negare il genocidio armeno. A quell’epoca il ministro degli Interni era proprio Nicolas Sarkozy, l’attuale premier francese che oggi come allora chiede apertamente alla Turchia l’ammissione del genocidio come condicio sine qua non per l’entrata a pieno titolo nell’Unione europea. La sensibilità francese dipende forse dal fatto che proprio oltralpe la comunità armena si aggirerebbe a circa mezzo milione di persone.
Qual è la situazione attuale? Il governi turco e armeno devono ancora aprire un vero dialogo su quel che è stato per avviare una riconciliazione su presente e passato.
Il Parlamento europeo il 29 ottobre 2007 ha ribadito l’auspicio che la Turchia “ponga fine ad ogni blocco economico o chiusura delle frontiere e si astenga da
minacce o attività militari tali da aumentare la tensione con i paesi limitrofi”.
Se negli ultimi tempi qualcuno è riuscito a raccontare in profondità il dramma armeno e a squarciare per la prima volta il velo di vergogna che circonda l’autoaffermazione delle proprie radici armene, è Fethiye Çetin. Nel suo ultimo libro Heranush, mia nonna c’è la storia vera – e autobiografica – di una donna che in punto di morte rivela la sua origine armena. In Francia, con questa opera, Çetin ha vinto anche il Premio Armenia 2006.
Oggi, dunque, è una giornata importante. E, forse, tranne piccole celebrazioni sparse e poco pubblicizzate, dovrebbe far riflettere soprattutto il silenzio sulla ricorrenza, mantenuto dalle istituzioni nazionali e internazionali. Un milione e mezzo di morti non possono essere taciuti e misconosciuti così
facilmente.
Casa Armena di Milano
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