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12 06 2008 - cinema: Gianikian - Ricci Lucchi
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cinema: Gianikian - Ricci Lucchi
La coppia inossidabile
Tutta su di loro la serata di storia a Germanedo
LECCO Il cinema come strumento di conoscenza storica e di critica politica, l'immagine che non ha più alcun bisogno di parole o spiegazioni didascaliche perché basta a se stessa. È un ?cinema puro? quello praticato e teorizzato da Yervant Gianikian (nella foto in bianco e nero qui a fianco) e Angela Ricci Lucchi, straordinaria coppia di cineasti che ha segnato una delle tappe
artistiche e intellettuali più significative dell'ultimo trentennio. Figlio di un armeno scampato al massacro turco del 1915 lui, di origini romagnole e pittrice allieva di Kokoshka a Vienna lei, i due formano dalla metà degli anni settanta una coppia inossidabile, nell'arte come nella vita. Sarà l'esperto di cinema Massimo Ferrari ad affrontare questa sera, la corposa produzione
cinematografica di Gianikian-Lucchi, una coppia che continua il proprio rigoroso lavoro sulla memoria, catalogando e proponendo agli spettatori associazioni di oggetti, idee e sensazioni. Ma soprattutto riflessioni profonde sulla storia e sulle dinamiche sociali e politiche più celate e inconfessabili:
vedere i loro film è un po' come sottoporsi a una seduta di autoanalisi collettiva, in cui il rimosso, riemergendo, fa male e sconvolge. Ma diventa anche un antidoto, un monito a non rifare gli stessi sbagli, a riconoscere i percorsi pericolosi.
La lezione dedicata a Gianikian-Ricci al Centro sociale di Germanedo di questa sera, chiude tra l'altro, il lungo corso «Capire la storia del cinema» organizzato dal Comune di Lecco e dalla Biblioteca Civica, cominciato nel novembre scorso e seguito da numerosi cinefili e appassionati lecchesi. E non si poteva concludere in modo migliore, con due autori che da sempre si sforzano, riuscendoci perfettamente, di gettare un ponte verso il mondo reale che sta dietro le immagini. Tutti i loro film sono stati costruiti a partire da materiali documentari recuperati negli archivi di tutto il mondo, accostati tra loro in modo da creare associazioni di idee e di emozioni nello spettatore, chiamato più che mai a rapportarsi a quel che vede sul grande schermo in modo attivo, nell'ottica di un cinema critico e consapevole Il loro percorso di ricerca comincia quando agli inizi degli anni Settanta Gianikian e Ricci scoprono pellicole degli anni venti in Pathé Baby che appartengono all'archivio del cineasta Luca Comerio: il materiale fragile e deteriorato li spinge ad analizzare ogni singolo fotogramma. Visionando le pellicole in moviola, i due si accorgono che ogni fotogramma contiene dettagli che lo scorrimento del film sullo schermo nasconde. Inventano allora una «cinepresa analitica» con cui riesplorare in profondità ogni inquadratura. Rifotografano così, ad uno ad uno, oltre 300 mila fotogrammi, e li montano secondo un ritmo personalissimo, realizzando così una delle opere più interessanti e suggestive del cinema sperimentale italiano, Dal Polo all'Equatore del 1986.
Qualche anno dopo, nel 1990, lavorando su materiali rinvenuti negli archivi dei paesi dell'Est, Gianikian e Ricci realizzano Uomini anni vita una rigorosa e commossa rievocazione dei massacri subiti dal popolo armeno.
Segue poi, a distanza di cinque anni, Prigionieri della guerra (a destra un fotogramma) una lucida e amara riflessione storico-politica sulla Prima guerra mondiale realizzata sempre ingrandendo, virando e reinquadrando singoli fotogrammi di materiali rinvenuti negli archivi di mezza Europa. Con
Prigionieri della guerra (1995) comincia una riflessione sulla guerra che porterà i due autori a realizzare altri due film ? Su tutte le vette è pace del 1998 e Oh uomo! del 2004 ? che entreranno a far parte di una trilogia che costituisce uno degli atti d'accusa più lucidi e sconvolgenti di tutta la storia del cinema nei confronti della barbarie della guerra.
Questa sera, Massimo Ferrari proporrà le sequenze più significative della trilogia, un'opera che dovrebbe essere proposta a tutti gli studenti del nostro Paese perché vale più di tanti anni di lezioni di storia e di educazione civica impartite, spesso senza passione, da dietro una cattedra.
Prigionieri della guerra è un film sull'aspetto concentrazionario del potere, sul rapporto tra oppressori ed oppressi, sugli strumenti di violenza psicologica che gli uni utilizzano contro gli altri. Davanti agli occhi sfilano masse di uomini costretti nei campi di lavoro e privati della loro dignità individuale. Non ci sono parole o commenti, il sentimento di pietas sgorga spontaneo dalle immagini, potente e inevitabile. In Su tutte le vette è pace, invece, vengono mostrati i ?gesti? della guerra, i preparativi meticolosi dei soldati, quasi ritualizzati, e poi i combattimenti, i movimenti degli opposti schieramenti. Tutto si svolge come se gli individui fossero privati della loro volontà e dei loro sentimenti, come in uno straniante teatro dell'assurdo.
Ma particolare attenzione sarà dedicata da Massimo Ferrari a Oh, Uomo!, un film scioccante e meraviglioso, in cui l'occhio indugia sulle ferite, sulla guerra che diventa, come dice Godard, "pezzo di ferro che entra in un pezzo di carne?.
Questa sera al Centro sociale di Germanedo in via dell'Eremo 28 dalle ore 21 alle 23.
Sabrina Bonaiti
V.V
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