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30 07 2008 - Bombe a Istanbul, nessuna rivendicazione, molti i possibili mandanti
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Edizione 158 del 29-07-2008 l'OPINIONE
- Bombe a Istanbul, nessuna rivendicazione, molti i possibili mandanti
Strategia della tensione, in Turchia si usa ancora;
di Paolo Della Sala
L’attentato di Istanbul presenta il quadro oscuro della nostra “Strategia della tensione”. Poche le certezze: l’esplosivo utilizzato sarebbe il T4 (o Mlx); un responsabile curdo ha negato qualsiasi coinvolgimento del Pkk nelle due esplosioni che ieri hanno causato la morte di 18 persone e il ferimento di altre 154. Le cause degli attacchi vanno individuate nel quadro geopolitico e interno della Turchia. Ieri la Corte Costituzionale ha iniziato a deliberare il possibile scioglimento del partito Akp, cui appartengono il Presidente Abdullah
Gul e il premier Recep Tayyip Erdogan. L’accusa è di “anti-laicismo”. A giugno era stata respinta la legge che aboliva il divieto del velo islamico negli istituti scolastici. Il procedimento denota che lo “Stato profondo”, il kemalismo (nazionalismo laico) politico-militare, intende riprendere le redini
del governo. A inizio luglio il governo islamico aveva stroncato l’organizzazione clandestina Ergenekon, con l’arresto di due ex generali.
A gennaio erano stati arrestati 15 membri dello stesso gruppo estremista. Altre 90 persone erano state incriminate, con accuse di cospirazione e terrorismo
(anche contro il premio Nobel Orhan Pamuk). Non a caso il presidente Gul invita alla “unità”, mostrando così che il pericolo consiste proprio in una spaccatura
tra militari e islamici. Non si deve dimenticare che nei prossimi giorni saranno effettuate le nomine dei vertici dell’esercito. Il tutto mentre dimostranti laici hanno sfilato a Istanbul, innalzando la bandiera turca sotto una gigantografia di Kemal Atarturk. Il quadro internazionale è altrettanto complicato. Il porto di Ceyhan sul Mediterraneo, grazie ad Erdogan, sta diventando il punto principale di snodo degli idrocarburi verso l’Europa. La prossima rivoluzione riguarda gli accordi con l’Iran di Ahmadinejad, in crisi possibile con la Siria. Ankara sta diventando l’unico interlocutore di Teheran, dopo il recente fallimento dell’incontro di Ginevra. Di ritorno dalla Svizzera, il negoziatore iraniano Said Jalili ha fatto tappa in Turchia. I turchi trattano con Teheran una soluzione per il contenimento dei curdi iracheni.
Nel contempo gli iraniani mediano tra la Turchia, l’Armenia e l’Azerbaigian, protetto di Ankara. Il ministro del petrolio iraniano ieri ha dichiarato che il suo Paese sta negoziando con Ankara la ealizzazione di un mega gasdotto dal giacimento di South Pars (il più grande al mondo, appena abbandonato da Total) verso il Mediterraneo. Cosa che deve aver dato non pochi mal di pancia alla Gazprom e al presidente russo. La nascita di una “Entente Cordiale” con l’Iran crea malumori, oltre che ai russi, anche agli Usa. Ma non meno preoccupati da uno “sbarco” iraniano nel Mediterraneo turco sono i sunniti, incluse le organizzazioni jihadiste vicine ad Al Qaeda.
V.V
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