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12 09 2008 - Caucaso, la polveriera millenaria
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da AVVENIRE - AGORÀ 12-09-2008
scenari
Fin dall’antichità l’area compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio è stata un mosaico di lingue, popoli e culture. La conquista russa aveva «congelato»
tensioni che ora tornano a esplodere, ma l’unica soluzione sarà la tutela delle minoranze etniche
DI JOSEPH YACOUB L a guerra tra Russia e Georgia sull’Ossezia del Sud e l’Abkhazia ha riproposto
con forza la questione delle frontiere nei Paesi del Caucaso e, ancor più, il problema della coabitazione di una grande varietà di popoli e di minoranze
etniche, linguistiche e religiose.
Ecco dunque che il Caucaso rischia di tornare a infiammarsi per nuovi conflitti etnici di cui solo lui conosce il segreto.
Scriveva nel 1881 il geografo francese Elisée Reclus: «Si sa quanto sia stata lunga e faticosa la conquista del Caucaso: è durata due secoli… Quasi tutti i
montanari del Caucaso conservano l’odio dei vinti contro i vincitori e ricordano con orgoglio i tempi dell’antica indipendenza». Proseguiva: «Si sa
che il Caucaso è il Paese delle religioni e delle lingue». Già nell’antichità lo storico Plinio il Giovane (62-113) affermava che, per amministrare bene le regioni caucasiche, i Romani dovevano usare centotrenta traduttori.
Nella sua Geografia Strabone (63 a.C.-25 d.C.) evocava le immagini di un mosaico su un territorio ristretto e dell’umanità. Isolato complesso montuoso,
il Caucaso è in preda a scosse e convulsioni politiche che arrivano da ogni parte. Storia e posizione geografica spiegano l’eterogeneità e la complessità
della sua popolazione. Accanto ai tre popoli dominanti, georgiani, armeni e azeri, coesistono nazionalità e minoranze che superano il centinaio come
adighei, abkhazi, cabardini, circassi, caratini, ceceni, ingusci, psciavi, nogai, talisci, curdi yazidi, assiri, osseti, calmucchi, tatari, agiari,
baschiri, lazi, svani, khevsuri, tati ecc. Si trovano affiancate lingue diversissime: caucasiche ma anche turche (o turaniche), indoeuropee, iraniche e
semitiche. Negli anni 1991-1992 moltissimi popoli caucasici si erano autoproclamati sovrani, come i sudosseti e gli abkhazi in Georgia e gli armeni
del Nagorno-Karabakh in Azerbaigian. Ma ogni proclamazione d’indipendenza era stata accompagnata dal conflitto armato, con il suo fardello di rifugiati e sfollati.
Dopo la dissoluzione dell’Urss, questa regione ribelle e turbolenta si è vista sconvolta da sussulti nazionalisti: sanguinosi combattimenti tra georgiani,
conflitti che oppongono i georgiani a osseti e abkhazi, guerre tra azeri e armeni che si disputano il Nagorno-Karabakh, talisci e lesghi contro azeri,
russi contro ceceni, ceceni contro ingusci, cabardini contro balcari, cumucchi contro lachi, darghini contro cumucchi. A partire dal 1990 la situazione ha
assunto aspetti drammatici. Va detto che questa zona è di primaria importanza geopolitica e strategica. 'Marca' della Russia posta sul fianco meridionale, i
legami che la uniscono con Mosca sono forti e antichi e importantissimo è il ruolo che questa periferia montuosa svolge nella tradizione nazionale e nella
letteratura russa. Lo testimoniano opere di scrittori come Puškin, Lermontov e Tolstoj, per quanto talvolta esse assumano connotazioni coloniali. Ma la Russia
impiegò due secoli a 'pacificare' il Caucaso. Poiché, fin dall’inizio, i popoli caucasici resistettero tenacemente al dominio russo. In passato migliaia di
caucasici, soprattutto musulmani, abbandonarono i loro paesi per il Medio Oriente ( Turchia, Siria, Giordania…), preferendo l’esilio all’occupazione.
Dopo la dissoluzione dell’Urss, il Caucaso è oggetto di contesa tra Stati Uniti e Mosca, in ragione soprattutto del petrolio del Mar Caspio. La Georgia si è nettamente occidentalizzata e vorrebbe a tutti i costi aderire alla Nato, l’Azerbaigian si è da tempo avvicinato alla Turchia a tutto danno dell’Armenia
che si preoccupa, e i Paesi musulmani s’interessano al conflitto in Cecenia e in Daghestan. Del resto questa regione è stata in ogni epoca un crocevia di
grandi strade commerciali (Mesopotamia, Bisanzio, Turchia, Persia, Russia), un luogo di incontro e di confronto tra Oriente e Occidente, una terra di antica
cultura impregnata fin dalle origini di cristianesimo, islam e credenze autoctone legate alle culle delle grandi civiltà. Nessuno dei conflitti emersi
in questi ultimi due decenni si è definitivamente risolto: tornano a scoppiare di tanto in tanto, come il conflitto ceceno, quello (congelato) del
Nagorno-Karabakh e ora l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia. Il Caucaso si trova a fare i conti con logiche nazionalistiche che si contrappongono e si escludono a
vicenda su autonomia, principio di autodeterminazione, frontiere etniche e geografiche e integrità territoriale. Questa zona è incontestabilmente la
regione potenzialmente più conflittuale.
Dalla sua pace dipende in parte la pace nel mondo. Fin d’ora, siamo realisti.
La prospettiva di una soluzione non può venire dal moltiplicarsi degli Stati – tantomeno nel Caucaso – ma da un pieno riconoscimento dell’autonomia delle
minoranze all’interno degli Stati esistenti.
H.D
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