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25 09 2008 - Diario di una missione 4: la luce di Bigene al buio
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DUN DI BOKA I KA TA PIRDI KU KAMIŇU
(proverbio locale: chi è signore della sua bocca non perde il cammino)
(interpretazione: chi sa chiedere arriva alla mèta)
Cari amici, riprendo il mio diario cercando di spiegarvi meglio alcune cose che mi avete chiesto.
Iniziamo con il mio nome: perché Ivo? Mamma e papà mi hanno battezzato con il nome di Ivone: un nome poco usato. Ho conosciuto una sola persona con questo nome. Don Ivone Ragazzo: anche lui sacerdote, salesiano, nativo di Borgoricco (Padova). E adesso? Adesso succede che, nella lingua portoghese, il nome Ivone esiste, ma è solo femminile! Ho già sentito, qui in Guinea-Bissau, parlare di una suora brasiliana: suor Ivone! Come dire: “Un nome, un destino!”. Capito bene questa cosa, che definirei imbarazzante, ho deciso con il mio Vescovo, Mons. Francesco Pio, di accorciare il mio nome e togliermi da ogni possibile confusione. Ivo! In G-B, e nei paesi di lingua portoghese, io sono don Ivo, e così mi firmo adesso. Voi non vi preoccupate: chiamatemi come preferite. Tante persone, negli anni passati, mi hanno chiamato con i nomi più strani: dal “santo” don Orione, al più “agricolo” don Limone! Per non parlare di come mi chiamava quella simpatica signora di S. Ciro (Foggia): don Divone! A sentirsi chiamare così, uno si sente importante, come un grande “divo” del cinema…
Seconda precisazione: la tristezza provocata dalla malaria. Io non sono triste, la tristezza è completamente passata, e non ha nulla a che fare con la depressione (vi sembro depresso?). La tristezza è conseguenza della malaria. Superata la crisi iniziale, che produce febbre alta e altre “cosette”, il corpo rimane debilitato e stanco. C’è la necessità di un adeguato riposo fisico. Ti alzi dal letto e ti senti stanco, non riesci a muoverti con agilità, cammini lento. E questo accade per vari giorni. I dottori vi possono spiegare il perché: io vi dico solo che è una questione di globuli rossi nel sangue. Sembra che siano spariti, e non chiedetemi dove sono andati, perché non lo so! Risultato: sei venuto in Africa con tanto entusiasmo e una piccolissima zanzara, che non hai nemmeno fatto in tempo a vedere, ti ha steso a terra! E stai facendo una gran fatica a rialzarti, sapendo che qualche altra zanzara, sorella della prima, potrebbe ancora girare dalle tue parti… È una questione di stanchezza fisica, che trasforma la gioia umana e cristiana in stanchezza anche sentimentale, in tristezza. Ma quando passa la stanchezza fisica, passa anche la tristezza. Semplice, vero? Ora io mi sento più che bene, totalmente felice e pronto per quello che il Signore mi chiede. La tristezza vissuta è solo un ricordo del passato! Punto esclamativo e a capo!
Il “multimistura”: mi sono dimenticato di scrivere gli elementi costitutivi di questa farina particolarmente nutriente, e prodotta totalmente con elementi naturali che si trovano in G-B: foglie verdi di “mandioca” (un tubero coltivato come una patata), di “batata” (la patata dolce) e di “abóbora” (un tipo di zucca). E poi “caju” (è un frutto africano, che non ho mai visto in Italia), “cabaceira” (il frutto del baobab), “casca de ovo” (il guscio dell’uovo), “sementes” (varie sementi) e “farelo de arroz” (la crusca del riso). Il tutto viene essiccato e triturato fino ad avere una farina scura, che aggiunta ad acqua diventa un nutrimento ricco di vitamine A, B, C, D, E, minerali, ferro, calcio, proteine, potassio, calorie e fibre. Una vera benedizione per tantissimi bambini che soffrono di scarsa alimentazione, e per le mamme in attesa del parto.
4 settembre 2008
Alla sera, durante la cena in Curia, riusciamo a vedere il telegiornale da un canale del Portogallo. E arriva anche un collegamento dall’Italia: sono in fibrillazione, le prime immagini che vedo dall’Italia dopo 40 giorni in Africa. Chissà cosa mi faranno vedere di bello… La delusione è profondissima: sono le immagini dei tifosi del Napoli che vanno alla partita con la Roma. I due sacerdoti angolani, che sanno bene cosa sono i conflitti armati, dopo 30 anni di lotte interne, commentano sottovoce: “È come la guerra”. Una volta l’Italia era chiamata “il bel paese”. Una volta! Tra l’imbarazzo e la vergogna, inizio il discorso sul calcio vero, quello giocato. Il Vicario Generale della diocesi, Padre Domingos Cá, attira l’attenzione di tutti quando afferma che la sua squadra ha vinto! Cari amici, questo è il Vicario più simpatico di tutti (perdonami, don Filippo…): sapete qual è la sua squadra del cuore? Il Chievo Verona!!! Incredibile! (Non vi dico la mia, altrimenti qualcuno non leggerà più il diario…).
5 settembre 2008
Giornata di grande attesa: questa notte arrivano Matteo (mio parrocchiano di Segezia, Foggia) e suo figlio Marco (da Firenze). Conto le ore. Passo la giornata a rispondere alle numerose email ricevute dopo la spedizione del diario 3. Giusi, invece, è già in piena attività nell’ufficio dell’Economato Diocesano.
6 settembre 2008
Ci alziamo all’una di notte. L’aeroporto è vicino. Il volo da Lisbona è previsto all’una e quindici. Imperversa un temporale fortissimo. Forse è questa la causa del ritardo: l’aereo arriva alle 3.30. Per non addormentarmi, cammino avanti e indietro nella sala di attesa. Ho superato pienamente tutte le difficoltà dell’insonnia provocata dalle forti somministrazioni di chinino. Il guaio è che adesso dormirei sempre, anche di giorno! Figuriamoci di notte!!! Finalmente arrivano. Non faccio grandi feste, perché sono davvero addormentato. Ma sono tanto felice: sono i primi amici che vengono a trovarmi! La loro visita è dovuta alla necessità di verificare il progetto per la costruzione della casa dei missionari a Bigene. Ne parleremo più avanti, perché sto morendo dal sonno…
Nella mattinata andiamo alla parrocchia “S. João Baptista” di Brá, guidata dai Padri Francescani Minori della Provincia Veneta. Padre Renato Chiumento è il parroco, nativo di Chiampo (Vicenza). Qui c’è anche il Seminario dei Francescani. Partecipiamo ad un fatto eccezionale, importantissimo per tutta la chiesa della G-B: la professione religiosa solenne di sei giovani guineensi. È la prima volta che tanti giovani dicono assieme il loro sì al Signore, alla Chiesa, a San Francesco di Assisi. Un grande giorno per tutta la Chiesa!
Nel pomeriggio accompagno Matteo e Marco a fare una passeggiata verso il mercato della città. Ma tutte le strade sono un mercato. La gente vive della piccola vendita delle proprie cose raccolte nell’orto, le vende lungo le strade, e poi si compra il riso necessario per la famiglia. Come in tutti i paesi del mondo, nel mercato sperimenti di tutto: colori, odori, volti, sorrisi, speranze, la fatica del vivere. Qui vedi anche la povertà del vivere in questa terra.
7 settembre 2008, domenica del Signore, XXIII domenica ordinaria
Finalmente andiamo a Bigene! Il Vescovo ha organizzato il viaggio, e abbiamo la grande gioia di avere Mons. José che ci accompagna. Con me sono anche Giusi, Matteo e Marco. Il Vescovo vuole presentarmi alla mia prossima comunità cristiana, ed io sono particolarmente gioioso di compiere questo viaggio con questi cari amici italiani. In loro vedo la presenza di voi tutti che leggete: il Vescovo mi presenta, ma accanto a me ci siete anche voi che, in qualche modo, mi offrite ai cristiani di Bigene, per la missione che mi attende.
Il viaggio verso Bigene è sempre incerto. Tre sono i possibili grossi problemi da affrontare: il traghetto sul “rio Cacheu”, che non sempre funziona. Le condizioni della strada tra Ingoré e Bigene: sono 31 chilometri di buche in mezzo alla foresta. Se una macchina o un camion si affossa, a causa delle piogge dei giorni precedenti, non passa più nessuno. E infine le condizioni metereologiche: se arriva un temporale su questo ultimo tragitto, rischia di affossarsi la tua macchina. Per questo, i missionari portano sempre una provvista di acqua. Non puoi sapere per quanto tempo starai fermo sulla strada!
Partiamo alle 7.39. Il percorso è meraviglioso: avvolto dal cielo pulito e dalla terra tutta verdeggiante. Grazie a Dio arriviamo bene, alle 12.30. Cinque ore su un percorso totale di 106 chilometri (comprese le due soste: per il traghetto e dalle suore di Ingoré). Da Ingoré, dove termina la strada asfaltata, percorriamo in due ore i 31 chilometri di buche fino a Bigene. È un tratto duro per la schiena, ma meraviglioso per gli occhi: la foresta è tutta piena di giochi di luce, colori, panorami improvvisi…
All’arrivo a Bigene pranzo con le suore, riposino, e poi tutti in chiesa. La comunità è molto povera, perché è povera la gente di questo paese e dei suoi 35 villaggi che lo circondano. Ma la chiesa c’è, frutto del lavoro dei missionari che di qui sono passati. Non è una chiesa grande, ma è ben tenuta e ordinata (le suore…). Cari amici: sono emozionato. Non mi aspetto nulla di speciale, ma comprendo che è molto importante per la vita di questa comunità ciò che sta per accadere: io sarò il primo missionario a fermarmi stabilmente a Bigene. Quando la comunità potrà crescere, con l’inserimento di famiglie cristiane, si potrà dare inizio ufficiale ad una parrocchia, di cui io potrei essere il primo parroco. Ci vorrà tempo. Per ora è una missione, in attesa che cresca.
Entro in chiesa con il Vescovo: nei primi banchi ci sono i bambini a sinistra, i giovani del coro a destra. Già stanno provando i canti per la Messa, un’ora prima! I bambini sono tutti in silenzio, composti e incuriositi dalla nostra presenza. Ogni tanto si girano indietro a guardare. Io li ammiro ad uno ad uno. Indossano i vestiti della festa, ben lavati. Le bambine hanno le piccole treccine, annodate con fili colorati. Molti di questi bambini non sono cristiani, ma frequentano la chiesa perché vanno alla scuola delle suore. Il coro è di soli giovani. Usano qualche vecchia fotocopia con le parole dei canti, due tamburi e uno strumento strano. È un filo di ferro circolare, nel quale sono inseriti i tappi delle bottiglie di birra. Lo strumento è mosso dalle mani come un tamburello e produce un suono che si abbina perfettamente ai tamburi.
Iniziamo la celebrazione alle 18.30 con un problema: il piccolo generatore di corrente non parte! L’ingresso dei celebranti è accompagnato dalle danze che alcune ragazze eseguono con i vestiti variopinti. Nell’omelia il Vescovo spiega ai fedeli il motivo della nostra presenza. Facciamo appena in tempo ad assistere alla processione dei doni: le ragazze hanno legato alle loro caviglie delle scatole di latta contenenti dei sassolini, per accompagnare con il suono il ritmo della danza, e lanciano sui fedeli dei chicchi di riso, ripetendo il gesto della semina sul terreno.
Poi arriva in pochi istanti il buio: il tramonto quasi non esiste, è brevissimo. Il generatore continua a non partire, e tutta l’assemblea è illuminata dalle piccole candele sull’altare. Tutti rimangono composti nelle loro panche, il coro continua le sue esecuzioni ritmate ed anche i bambini rimangono ai loro posti, senza scomporsi. Sembrano abituati a vivere nel buio, ed è proprio così. Non esiste l’energia elettrica in tutta la G-B (solo in alcune vie del centro della capitale), e muoversi nel buio è normale per tutti, piccoli e grandi. Quando c’è la luna piena, senza nuvole, è una grande comodità, perché tutti possono camminare sulle strade, senza problemi per le numerose buche. Se non c’è la luna, qualcuno usa qualche piccola lampada a batteria. Ma anche le batterie costano, pochi si possono permettere questo lusso.
La celebrazione prosegue al buio come se ci fosse luce piena. Dopo la Comunione, rivolgo qualche parola ai presenti. Non tutti comprendono il portoghese: io parlo in italiano, il Vescovo traduce in criuolo. Mentre ringrazio il Signore e mi affido alla preghiera e all’aiuto della comunità cristiana, per inserirmi come suo futuro pastore, mi accorgo che parlo senza vedere i volti dei presenti. Può sembrare uno scherzo della natura, e non voglio in nessun modo sembrare indelicato verso questi fratelli, ma parlare al buio, a persone con la pelle nera, vuol proprio dire non vedere niente! Non vedo i loro volti, non posso cogliere le emozioni e le espressioni dei loro occhi. Parlo nel buio senza vedere niente… Ma le sento! Sento il loro profondo silenzio, segno di grande attenzione. Sento i loro respiri, le loro attese, le loro speranze. Sono nel buio, ma è come se vedessi la luce nei cuori di queste persone, che da tanto tempo, forse da anni, pregano e chiedono un sacerdote nella loro missione, accanto a loro. In questo buio c’è una luce profonda, vera, che illumina: è la luce della fede.
Termino il mio saluto ed esplodono i tamburi. Non capisco più niente: non vedo e il suono dei tamburi mi fa vibrare tutto il corpo. Questa è la luce di Bigene al buio: uno splendore che ti prende l’anima! Grazie, mio Signore, della luce che tu hai posto nei nostri cuori, e che ci permette di camminare anche nell’oscurità più profonda.
8 settembre 2008
La giornata inizia con le lodi e la S. Messa nella cappellina delle suore. Mentre attendiamo gli altri ospiti della casa, guardo queste tre suore Oblate (Oblate del Sacro Cuore di Gesù; a Foggia le chiamano “le suore bianche” o le suore del “Piccolo Seminario”). Sono sedute sui piccoli sgabelli davanti a me: il velo bianco, i vestiti con i forti colori africani, il viso segnato dall’età e dal lavoro. Suor Rosa Bonuomo è di Deliceto (Foggia), suor Mires e suor Teresa sono del Brasile (stato del Marañhao). Sono qui da 15 anni, organizzano la scuola e l’alimentazione per i bambini denutriti, la catechesi e l’evangelizzazione nei villaggi, le cure degli ammalati.
Ho letto, da qualche parte, che qualcuno vorrebbe organizzare un concorso di bellezza per le suore, una specie di elezione di “miss suora”. Non so se la notizia ha qualche fondamento: mi sembra un pesce d’aprile fuori stagione… A me queste tre suore appaiono bellissime: dentro, nella verità dell’esistenza, per quello che sono e per quello che fanno. Sono così belle dentro che anche i loro volti, pur segnati dalle fatiche quotidiane, presentano una luce particolare: è come se fossero volti di pace, volti di amore. Di quell’amore che si vede in chi è abituato ad amare, senza aspettarsi nulla in cambio. Queste sono tre suore bellissime, mio Signore! Fa’ che, accanto a loro, anche il mio volto diventi volto di pace e di amore!
Al mattino facciamo un sopralluogo sul terreno adiacente alla chiesa, dove si dovrà costruire la casa per i sacerdoti e per i volontari. Il Vescovo ci guida e ci spiega la necessità di costruire, accanto alla scuola e al Centro Nutrizionale, queste due nuove abitazioni. La casa per i sacerdoti: la speranza di tutti, del Vescovo di Bissau e del Vescovo di Foggia, ed anche la mia, è che io non rimanga unico sacerdote in questa missione. Mons. José vuole costruire una casa bella grande, con tutti i servizi necessari e tre camere per i sacerdoti. E accanto, un’altra casa per i volontari, con quattro camere: afferma che dove ci sono i missionari, ci sono sempre tanti amici che arrivano, per brevi o prolungati periodi. Avete letto bene??? No??? Per favore, rileggete con molta attenzione quest’ultimo paragrafo, magari vi riguarda proprio!!!
Per ora il terreno è pieno di erbacce, cresciute con le piogge, e di piccole coltivazioni di noccioline. Vicino alla casa dei sacerdoti e dei volontari è in programma la costruzione della nuova casa per le suore (quella che stanno utilizzando presenta vari inconvenienti per la sovrapposizione di più strutture, con il risultato che è caldissima: chiedete a Matteo le sudate, anche notturne, che si è fatto!). C’è un “piccolissimo” problema in tutti questi bei progetti: la diocesi di Bissau non possiede un solo €uro…
Prima di uscire dalla missione delle suore, viene a farmi visita Alfiçene Camara, il capo dei musulmani di Bigene. Mons. José traduce le parole di questo uomo anziano, che si dimostra molto attento verso di me, invitandomi a vivere con pace e con preghiera la nostra diversa presenza in questo paese. I musulmani sono assai ben disposti verso i cristiani: i bambini frequentano le scuole della missione, i bambini denutriti e le mamme in gravidanza sono assistite dal Centro Nutrizionale. E tutto questo senza alcuna discriminazione religiosa. Qualcuno potrebbe pensare che sono così gentili perché gli conviene. Io vedo una enorme differenza tra i musulmani del Nord Africa e questi fratelli dell’Africa Occidentale. Fossi sacerdote in Egitto, dove si trova l’amico di Segezia don Talaat, penso che non avrei mai avuto questo saluto di benvenuto, così preciso e serio.
Nel pomeriggio decidiamo di fare una sorpresa a suor Augustine: andiamo nella sua missione a Samin, in Senegal. A nord di Bigene c’è una piccola strada, la macchina ci passa appena. Il posto di frontiera è formato da una capanna con un unico giovane soldatino. Fermiamo la macchina mentre lui si avvicina. Noi indaffarati a tirare fuori i passaporti, e lui che, quando riconosce il Vescovo, fa un grande sorriso e ci augura buon viaggio. L’altro posto di frontiera, in Senegal, è completamente vuoto! In pratica, entriamo in Senegal da clandestini, senza nessun controllo o autorizzazione…
Arriviamo alla missione di suor Augustine in tempo in tempo: scoppia il temporale africano! Matteo e Marco rimangono affascinati dalla potenza del temporale. È come un fiume in piena che scende dal cielo! Suor Augustine è felicissima della sorpresa, ed anch’io sono molto felice di visitare questa missione: è la missione più vicina a Bigene, a circa 10 chilometri. Certo, le strade sono quel che sono, e si trova in un altro stato. Ma è la più vicina: in un’ora, con il fuoristrada, ci si arriva!!!
A Bigene, alla sera dopo la cena, nel buio completo, esco con la lampada per guardare il cielo. Sento un coro di bambini che mi chiama: “Padre, Padre…”. Sono i bambini che abitano qui, vicino alla casa delle suore, e che già sanno della mia presenza. Vado verso di loro, ma non li vedo. Loro vedono me, e il coro si fa festoso. Dovrò imparare a convivere con questo buio che contiene luce, gioia, festa, comunione…
9 settembre 2008
Il martedì è giorno di mercato, e si vede! Mentre accompagniamo suor Rosa al Centro Nutrizionale, incontriamo ragazze e donne che stendono sulle stuoie, a terra, i loro prodotti. Più avanti ci sono gli uomini con gli animali da vendere: maialini, caprette, galline. Un forte miscuglio di voci, colori e odori.
Al Centro Nutrizionale c’è già la coda di mamme con i loro piccoli bambini. Mons. José ci spiega la necessità di questi Centri, presenti in tutte le missioni cattoliche. Entriamo a dare uno sguardo all’attività: suor Rosa, su semplici registri, ad un piccolo tavolo, segna con veloci note i dati della crescita dei bambini, dopo che alcuni giovani della comunità cristiana ne hanno misurato il peso e l’altezza. I giovani fanno anche da interpreti, perché non tutti parlano in criuolo, ma usano i linguaggi delle singole etnie. A Bigene, e nei villaggi attorno, ci sono i Balante, i Manjaco, i Mancagna, i Fula e i Mandingo. Viene distribuito il cibo del magazzino, a seconda delle esigenze dei bambini. Il cibo arriva dal magazzino del P.A.M. (Programma di Alimentazione Mondiale), che ha sede a Bissau: riso, olio, miglio, zucchero, soya. Il latte in polvere e le medicine arrivano dalla Caritas Diocesana. Tutto questo, però, non arriva d’estate, quando le strade sono impraticabili! E non ci sono solo i bambini da nutrire: alla prima mamma che porta il suo bambino, e che è in attesa di un altro bambino, suor Rosa chiede che salga sulla bilancia. Con tutti i vestiti addosso, pesa 37 chili!
Giusi rimane con suor Rosa. Con il Vescovo andiamo a incontrare Jean Claude, il costruttore belga che esegue varie opere per la diocesi di Bissau. Passiamo la mattinata a confrontarci su varie problematiche per la costruzione della casa dei missionari: la grandezza delle finestre, l’altezza dei muri, lo spessore delle fondamenta… Matteo e Marco se ne intendono bene. Anche il Vescovo sembra un esperto di costruzioni! Confronta il progetto con altre opere già eseguite, e ci lascia sorpresi per le sue capacità anche in questo campo. Io ascolto… e mi adeguo! Ma le finestre le voglio grandi: aria, ragazzi, qui fa caldo!!!
Nel pomeriggio le suore ci accompagnano a visitare due villaggi della missione. Il primo si chiama Djambam, a 8 chilometri da Bigene sulla strada per Ingoré. I bambini del villaggio ci circondano. Gli uomini e le donne sono pochi, forse sono ancora al lavoro nelle risaie. Raggiungiamo un altro villaggio, a 4 chilometri da Bigene: Bambeia. Qui c’è una grande accoglienza: Albino, il catechista del villaggio, ci presenta a tutte le persone che incontriamo, fino a portarci davanti alla sua bella casa, fatta con mattoni di fango cotti al sole e tetto di paglia (tutto qui!). È felicissimo: avere la visita del Vescovo è un grande avvenimento. Arrivano altre persone, bambini piccoli e grandi; anche qualche anziano viene a salutare il Vescovo. Nell’aria c’è un clima di grande festa. Ritornando a piedi verso la macchina passiamo accanto alla risaia, e il catechista chiede a tutti i contadini di fermarsi per salutare il Vescovo. Il panorama è da lasciarti a bocca aperta: il sole sta scendendo in mezzo alle alte palme, e il terreno è pieno delle piantine di riso, di un colore verde chiaro e intenso.
Poco fuori del villaggio, a circa mezzo chilometro, la macchina si affossa: le piogge del giorno precedente hanno riempito la sabbia della stradina. Non si vede acqua ferma, ma la sabbia, lungo un lato della stradina, è come se fosse fango. Le due ruote di destra si sono sprofondate di 30-40 centimetri. Proviamo a rimuovere la macchina azionando il comando per le quattro ruote motrici, ma si peggiora la situazione: le ruote slittano completamente nel fango, e la macchina si affossa ancor di più. La situazione è poco piacevole: cerchiamo di collocare dei pezzi di legno sotto le ruote, ma è inutile. Mons. José comincia a preoccuparsi: con Marco decide di ritornare a piedi alla missione, per prendere la sua macchina e le corde. Il tramonto è vicino, non c’è tempo da perdere. Comincia ad arrivare qualche persona. Un abitante del villaggio raggiunge il Vescovo con la sua bicicletta e gliela presta, così può essere più rapido. Marco ritorna alla macchina, che si sprofonda sempre più. Arrivano altre persone dal villaggio, ma arriva anche il buio. Ho la mia piccola torcia in borsa e faccio luce ad alcuni uomini che provano a scavare con piccole zappe vicino alle ruote, per estrarre il fango e inserire tronchi d’albero che altri uomini hanno tagliato con il machete. Riproviamo, ma niente! Cominciano a gridare verso il villaggio, e arrivano tutti: giovani, uomini, bambini. C’è una grande confusione attorno alla macchina. Ad un certo punto un uomo grida più forte di tutti, ed ordina come disporci attorno al fuoristrada: alcuni devono spingere da dietro, altri devono spingere di lato. Guardo la scena con grande curiosità: ormai sono una quarantina le persone attorno alla macchina. Poi l’azione: la macchina si sposta come se fosse sollevata dal terreno. Con tutte quelle mani e quei muscoli, se ne potevano spostare anche due!
Ora sono io a gridare, per ringraziare tutti e partire subito, e raggiungere il Vescovo. Facciamo i quattro chilometri il più velocemente possibile: l’ultimo chilometro è il più difficile, pieno di buche e in salita. Il Vescovo deve aver fatto una gran fatica: deve aver trascinato la bicicletta al buio e in mezzo alle buche. Arriviamo alla missione: anche il Vescovo è appena arrivato. Stremato dalla fatica, in un completo bagno di sudore: la sua camicia ne è talmente impregnata che è diventata trasparente. Ci accoglie con un gran sorriso, anche lui felice che tutto si sia risolto nel modo migliore (a eccezione della sua enorme sudata!). E con tutta semplicità mi dice: “Adesso, hai un altro argomento per il tuo diario!”. Signore: donami un poco di pazienza, solo una parte di questa pazienza che ha Mons. José, perché mi accorgo che, in questa terra, ce ne vuole tanta. Grazie!
10 settembre 2008
Ritorniamo tutti a Bissau. Stiamo per partire, e suor Rosa fa gli occhi lucidi! Deve essere stata una grande gioia, per queste care sorelle, poter ospitare il Vescovo per tre giorni, assieme a noi italiani. Per lunghi periodi vivono da sole, a volte rimangono anche senza l’Eucaristia domenicale. Posso capire l’emozione di questo saluto: siamo stati ben accolti e ben voluti! Le suore aspettavano da anni un sacerdote fisso a Bigene, e questo sogno sta per realizzarsi.
Il ritorno alla capitale non presenta particolari difficoltà. Rimaniamo sempre attenti alla bellezza di questa terra che attraversiamo. Ci sono tanti scoiattoli che attraversano la strada (non sapevo che questi simpatici animali vivessero anche in Africa!) ed anche alcune scimmie, con il pelo rossastro su tutto il corpo, mani e piedi di color bianco. Vanno tutti in cerca di noccioline: ma mentre gli scoiattoli sono discreti, le scimmie rovinano le piantagioni! E i bambini, a volte, devono rimanere accanto alle piccole coltivazioni di noccioline per allontanare queste scimmie.
Al ritorno a Bissau arriva una grande notizia: oggi Pietro ha deciso di “venire alla luce”! Figlio di mia nipote Giusy di Pordenone, che è figlia di mia sorella Zaira. Sono diventato pro-zio per la undicesima volta: fatemi gli auguri!!!! Grazie!
12 settembre 2008
Sono giorni di lavoro sul progetto della casa per i missionari a Bigene. Un primo progetto era già stato eseguito da Giusi, a Foggia, con il sostegno di Matteo, ex-costruttore. Ora ci lavora anche Marco, ingegnere con un affermato studio a Firenze. Passiamo diverse ore a rielaborare il tutto, con la verifica finale del Vescovo. Poi presentiamo il progetto a Jean Claude, e con lui verifichiamo altri aspetti della costruzione: materiali da impiegare, misure degli spazi. Decidiamo di utilizzare materiali che si trovano in loco, o provenienti dal Senegal. Infissi in legno locale, colori bianco o tonalità calde, e tante altre cose che nemmeno ricordo. Quando sarà fatta, venite a vederla, così vi spiego tutto… (ma quando sarà fatta???).
Mons. José è pienamente soddisfatto del lavoro eseguito, tanto che desidera proporre questo progetto anche per altre future missioni da costruire! Anch’io mi sento molto contento del lavoro che hanno realizzato questi amici: Matteo, Giusi e Marco vi hanno messo tutta la loro esperienza e capacità. Meglio di così non potevano fare! Il costruttore dice di poter consegnare la prima casa (quella per i sacerdoti) entro il mese di giugno del prossimo anno. Lo spero proprio, anche se non ci conto più di tanto: le difficoltà di trasportare il materiale fino a Bigene sono evidenti a tutti. Vedremo! Per ora, aspettiamo da Foggia il mio mandato come missionario, e poi si darà inizio ai lavori. La Provvidenza farà il resto, ne sono convinto!
13 settembre 2008
Riparto per Bigene, assieme a suor Teresa. Non hanno il sacerdote per la domenica e Mons. José mi dice di andare a celebrare. Saluto i carissimi Matteo e Marco che ritornano in Italia: hanno svolto un lavoro preziosissimo e gratuito (meglio: hanno speso di tasca loro per il viaggio e per tutto il necessario…). Il Buon Dio ci donerà di vivere altri giorni così intensi, “costruttivi” e fraterni.
Con la macchina del Vescovo arriviamo al fiume Cacheu, che attraversiamo con il traghetto. Dall’altra parte ci aspetta Keba, l’autista di Bigene, con la macchina delle suore. Il percorso è relativamente tranquillo. Le piogge dei giorni passati hanno lasciato grandi pozzanghere, larghe e profonde. Per un tratto guido anch’io (finalmente!) perché Keba è musulmano e sta facendo il digiuno del “ramadan”, è un po’ stanco. All’improvviso, vedo una cosa molto strana: in fondo alla strada, diritta davanti a me, c’è qualcosa che assomiglia al fumo: sta bruciando la foresta? Poi mi sembra che sia nebbia. Possibile? Nebbia nella foresta??? Keba mi dice che è il temporale africano: inizia lì in fondo. Gli lascio il volante e percorriamo gli ultimi chilometri sotto un diluvio di acqua. Fermarci ed aspettare che passi? Keba preferisce correre, per evitare che il torrente di acqua, sulla strada, diventi un fiume. Mi preoccupo seriamente, ed invoco tutti i Santi del Paradiso nella mia mente. Keba è bravissimo a guidare su queste strade, le conosce a memoria. Le buche profonde non si vedono, ora sono coperte dall’acqua. L’ultimo tratto, la salita prima di Bigene, è il più difficile. Se la macchina si sprofonda qui, possiamo raggiungere la missione a piedi, anche se diluvia. In un paio di passaggi anche Keba comincia a sudare freddo, c’è il rischio di slittare sul fango abbondante. Non vi dico come sto io… Alla fine, arrivando finalmente alla missione, penso che gli Angeli abbiano illuminato anche questo fratello musulmano!
Io mi sto facendo l’idea che la prossima estate, durante le piogge, non mi muoverò da Bigene tanto facilmente. Meglio stare con i piedi per terra, che percorrere queste strade piene di acqua!
14 settembre 2008, festa della Esaltazione della Santa Croce
Oggi è un giorno veramente speciale. Inizio le lodi con le suore, nella loro piccola cappella adiacente alla sala da pranzo, con una continua e piacevole distrazione. Sono nato a Cervarese Santa Croce (Padova): la mia comunità di origine, dove sono stato battezzato da don Angelo Berto e ordinato sacerdote da Mons. Giuseppe Casale, si affida alla particolare intercessione della Santa Croce. E, in questo momento, non riesco a non pensare alle persone di quella comunità cristiana che mi è tanto cara. A don Dino, il parroco dei miei anni giovanili, a don Romano, l’attuale parroco, ai fedeli di allora e di adesso… Mi passano davanti agli occhi i loro volti, ricordo i loro nomi, ripenso alle gioie e anche ai dolori vissuti assieme, prego per mio papà, mia mamma, mio fratello. Le mie lodi diventano un ringraziamento al Signore per questa comunità di Cervarese, che è stata ed è una benedizione del Signore per la mia vita, per la mia missione!
E proprio oggi, festa della Santa Croce, per un disegno imprevedibile, ma che sento provvidenziale, celebro la mia prima Messa da solo, in criuolo, nella mia prossima comunità cristiana di Bigene! Le lodi sono per voi, miei compaesani di Cervarese, oggi in gran festa, e sono sicuro che le vostre preghiere mi accompagneranno in questo giorno, così importante anche per me!
Nel pomeriggio mi preparo presto alla S. Messa, chiedendo alle suore di ascoltare le mie letture in criuolo. Arrivo in chiesa per tempo, e rimango colpito dalla serietà di un giovane che prepara la liturgia con suor Rosa. Si chiama Domingos: sistema tutto con ordine, informando chi svolge il servizio all’altare e chiedendomi alcune indicazioni per la processione di ingresso.
Questa volta il generatore funziona: lo avevamo portato a Bissau per la riparazione. Inizio, quasi con trepidazione, a leggere le parti della S. Messa in criuolo. Poi, un po’ alla volta, prendo coraggio e mi lascio andare: ho come l’impressione che qualche buon Angelo mi suggerisca la lettura giusta… Nell’omelia, molto semplice, parlo in italiano e suor Rosa traduce in criuolo. Alcuni giovani del coro capiscono varie parole italiane, e questo mi dà molta fiducia! La celebrazione scorre bene. Dopo la Comunione benedico alcune immagini della Santa Croce da donare ai fedeli per le loro case. E finisce la benzina del generatore!!! Ancora al buio. È un destino! (O forse è lo zampino di qualche angelo non buono! Penseremo a “sistemare” anche quello!!!). Si fa un po’ di ressa davanti all’altare: tutti, anche i bambini, vogliono il cartoncino con la Croce! Siamo al buio, Signore, ma queste persone cercano la tua luce, quella luce che proviene dalla tua morte in Croce e dalla tua Risurrezione!
Ritornati in casa, suor Rosa fa “la conta” delle offerte raccolte in chiesa. Non ci vuole molto: sono in tutto 400 franchi (60 centesimi di €uro!). Ho capito perché la benzina è finita!!!
Ringrazio ancora tutti gli amici che mi hanno scritto: conservo volentieri le vostre parole piene di comunione, di pace, e anche di una sana fede molto pratica, come quelle di Roberto da Segezia (Foggia): “Ti auguro che gli Angeli Custodi si diano sempre il cambio, per essere pronti a sostenerti”. O quelle di Fausto da Medole (Mantova): “Ho letto solo oggi la seconda puntata della tua avventura. Mi auguro che adesso vada tutto bene... ma per essere sicuro, corro a leggere la terza (non vorrei che, dopo il battesimo, ci sia la prima comunione e la cresima!)”.
Vi saluto tutti con gioia e pace
Pe. Ivo Cavraro, Curia Diocesana, Av. 14 de Novembro, apartado 20
1001 Bissau Codex, GUINE'-BISSAU
Email: ivocav@yahoo.it spedisco questo diario il giorno 20 settembre 2008 via email
Don IVO
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