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16 12 2008 - Mendicanti, barboni, vite al confine di una cultura dominante------
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Oggi con l'Onda di Genova
da LIBERAZIONE 16/12/08
Vite al limite<br>
nello sguardo <br>
senza pietismo<br>
o scorciatoie<br>
di Aristakisjan <br>
Davide Turrini<br>
Mendicanti, barboni, vite al confine di una cultura dominante bisognosa di figure al limite della sopravvivenza per autoalimentare la propria infallibilità sociale e per ribadire inutili desideri filantropici. Questi i disperati protagonisti del cinema del moldavo Artur Aristakisjan.
In otto anni di attività solo due film: nel ‘93 Ladoni (La palma della mano) e nel 2001 Mesto na zamle (L'ultimo posto sulla terra) che vengono riproposti da RaroVideo in doppio dvd, con extra e booklet. Corpus cinematografico presentato ufficialmente martedì scorso all'Università Roma Tre con un incontro che ha visto la presenza del regista stesso. Il tour italiano di Aristakisjan continua oggi a Genova con una serata organizzata dagli studenti dell'Onda, poi il 17 dicembre alla Cineteca di Bologna quando risponderà alle domande del pubblico dopo la proiezione de L'ultimo posto sulla terra . Aristakisjan è cineasta dallo sguardo universale e scomposto, dall'anarchica e rivelatrice presenza politica della macchina da presa: un Grifi sbucato come un marziano a trent'anni di distanza dagli anni '70. Nato nel '61 a Kishinev in Moldavia da genitori armeni, tra l'86 e il '90 mentre studia alla Moskow Film School passa il tempo a filmare i diseredati di Kishinev: gente senza gambe, sdraiata per terra, che tira carrette dove dentro c'è tutta la loro vita. L'esistenza di questi emarginati diventa il primo film Ladoni . Poi, trasferitosi a Mosca, realizza Mesto na zamle (con le musiche di Robert Wyatt): la parabola di una comune sorta in un edificio del centro città in cui si incrociano le vite di poveri, disadattati, tossicodipendenti, militari in smaniosa esigenza di rastrellamenti e una specie di guru con le sembianze somatiche del Cristo.
Ma attenzione: Aristakisjan non lavora mai per compatire i soggetti osservati o
rassicurare le certezze di uno spettatore improvvisamente colpito da spaesamento in un mondo fatto di miseria dove saltano tutti i codici visivi più tradizionali e rimangono soltanto il sentimento d'amore, amicizia e sacrificio.
Il suo è un cinema fenomenologico, che avanza non tanto per una mera questione di drammaturgia, ma un po' come i pionieri del cinema per lampi, suggestioni, associazioni mentali, intuizioni di senso. «Al giorno d'oggi lo spettatore non percepisce più il cinema come un miracolo, ma solo come un'ulteriore forma di intrattenimento, eccitazione, un titillamento che ormai più che uno spettatore lo rende piuttosto un consumatore generico», ha dichiarato Aristakisjan, «rispetto ai protagonisti di Mesto na zamle tu spettatore tutto quello che vuoi
è raffigurarti come il centro del mondo, come se chiunque attorno a te importasse dei tuoi comportamenti. Ma chi sei tu? Ci hai mai pensato? Tu vuoi solo compiacerti di provare dispiacere per loro, o forse sei tu più di loro ad aver bisogno di compassione? Loro dell'elemosinare, ciò di cui hanno bisogno, hanno fatto una professione, si sono identificati come bisognosi; mentre tu hai paura dei tuoi bisogni.
16/12/2008
v,v,
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