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17 12 2008 - 200 intellettuali turchi lanciano una petizione per il riconoscimento del genocidio degli Armeni.
mercoledì 17 dicembre 2008
Un primo passo
200 intellettuali turchi lanciano una petizione per il riconoscimento del genocidio degli Armeni.

PeaceReporter - Magari non sarà una petizione a cambiare la Turchia, ma ci sono gesti che lasciano il segno. Duecento intellettuali turchi, tra giornalisti, scrittori e docenti universitari, hanno annunciato ieri, 15 dicembre 2008, il lancio di una petizione online per chiedere di riconoscere il genocidio degli Armeni durante la Prima Guerra mondiale.
Un passo importante. ''La mia coscienza non può accettare oltre la negazione della grande catastrofe che gli Armeni cittadini dell'Impero Ottomano subirono nel 1915''. Una frase semplice, eppure piena di implicazioni. Questo il testo che i primi firmatari sottopongono alla società civile turca, chiedendo di aderire in massa. ''I rifiuto questa ingiustizia e solidarizzo con le vittime e con i fratelli armeni. Mi scuso per quello che è accaduto'', continua il testo della petizione. Sono parole che pesano come pietre, in un Paese come la Turchia, dove per decenni le autorità hanno ammesso che tanti armeni vennero uccisi durante il collasso dell'Impero Ottomano, nel 1915, ma che non esisteva nessun disegno di pulizia etnica e che anche tanti turchi musulmani vennero assassinati in quei giorni turbolenti. La storiografia contemporanea, però, ha ormai accertato che il massacro di almeno 700mila armeni avvenne nel quadro di un genocidio deciso a tavolino dal governo dei Giovani Turchi, che ritenevano la minoranza armena in Turchia alleata dei suoi nemici.
Una lunga storia. L'Impero Ottomano stava morendo e, guidati da Kemal Ataturk, un gruppo di ufficiali turchi si preparava a gestire il futuro della Turchia. Alcuni battaglioni armeni dell'esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro fila armeni che in precedenza avevano militato nell'esercito ottomano. Intanto l'esercito francese finanziava e armava a sua volta gli armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente potere repubblicano, che sorgerà ufficialmente nel 1923 dopo la lotta anti-imperialista di liberazione nazionale e la vittoria della rivoluzione kemalista. Cominciarono le purghe degli armeni, chiamate 'marce della morte'. Le cifre del genocidio non sono ancora appurate, anche perché la Turchia si è sempre rifiutata di ritenerlo tale, arrestando chi si fosse permesso di dire il contrario.
Argomento scottante. Negli ultimi anni, però, in Turchia qualcosa sta cambiando. Forse grazie alle pressioni dell'Unione europea che, nell'ambito di una possibile adesione di Ankara all'Ue, chiede al governo turco alcuni passi coraggiosi, come il rispetto dei diritti della minoranza curda, la soluzione della questione di Cipro (la cui parte settentrionale è stata occupata dall'esercito turco a metà degli anni Settanta) e il riconoscimento del genocidio degli armeni. Il governo turco, con difficoltà, sta cercando di dare dei segnali positivi. Non a caso, negli ultimi anni, ha ripreso le relazioni diplomatiche con l'Armenia. Ma l'argomento genocidio resta tabù, tanto che un giornalista come Hrant Dink, nel 2007, è stato assassinato dai nazionalisti per i suoi scritti di denuncia sul genocidio. Lo stesso scrittore Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura nel 2005, vive sotto protezione. Adesso questi duecento intellettuali coraggiosi escono allo scoperto, chiamando la società civile a dire la sua, in barba ai nazionalisti. Non è ancora un risultato acquisito, ma un

Seta Martayan

 
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