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28 01 2009 . 2 Articoli da : Lerner e Cavallotti
Lerner "Giorno della memoria come insegnamento per il futuro"
27/01/2009 13:57
"Le vittime sono tutte uguali, non c'è classifica", lo ha affermato il giornalista Gad Lerner, oratore ufficiale a Palazzo Ducale per celebrare il giorno della memoria. Nel salone affollato da ex deportati, scolaresche e autorità, lo scrittore e giornalista si è distaccato dal ruolo di "portavoce delle vittime" o di "sacerdote della Shoa" prediligendo quello di "sentinella per riconoscere i pregiudizi, l'odio e l'incapacità di riconoscere i diritti altrui", sottolineando che lo sterminio non è stata una follia improvvisa ma una conseguenza di secoli di disprezzo. Lerner ha ricordato gli stermini degli armeni, dei curdi, della Cambogia, del Rwuanda e della Ex-Jugoslavia trattando anche i problemi del conflitto arabo- israeliano a Gaza.



Nella Giornata dell'Olocausto
Scritto da Marco Cavallotti
martedì 27 gennaio 2009

A Roma si parla del museo dell'Olocausto, ed è giusto che non se ne discuta solo oggi, giorno destinato alla commemorazione, ma sempre, quando si vogliano ammonire i giovani sul pericolo di inimmaginabile degenerazione e di tragica caduta etica, incombente in ogni momento sulle nostre coscienze.
Ma proprio per questo, proprio per la terribile ripetibilità di tanti orrori, io voglio ricordare oggi non solo gli Ebrei massacrati nei campi nazisti e traditi da molti loro vicini di casa. Non solo loro, ma anche le vittime di altri analoghi eccidi, di cui il XIX e il XX secolo sono pieni, frutto tragico di società dotate di strumenti di sterminio più evoluti della loro coscienza. Con loro, poi, furono rinchiusi e massacrati anche Zingari e omosessuali, intesi anche loro come creature degenerate da sottoporre a pulizia etnica.
Ma c'è anche molto altro nell'elencazione degli orrori: dall'Olocausto degli Armeni, protrattosi in Turchia per decenni nelle fasi più drammatiche del crollo dell'Impero ottomano e della nascita di uno Stato che voleva essere moderno: la borghesia armena, con le sue libere professioni e con i suoi commerci, appariva come una sorta di ostacolo alla crescita della maggioranza turca, un po' come avverrà per gli Ebrei in Europa; a quello dei contadini Ucraini – forse il più terribile per la dimensione della strage –, riservato dalla dirigenza comunista di Mosca ad un popolo che malgrado le umiliazioni e l'impoverimento progressivo a vantaggio della capitale sovietica pòoteva riferirsi pursempre ad una tradizione ed una cultura più moderna ed "europea" rispetto ai vicini dell'Est; ai massacri cambogiani, che restano ormai sepolti nella nostra indifferenza mentre il loro principale responsabile, Pol Pot, poi vissuto indisturbato ospite della Cina, senza che le Nazioni Unite muovessero un dito; agli eccidi di una parte e dell'altra, perpetrati in nome di folli teorie razziali e di demenziali mitizzazioni storiche, nei Paesi nostri vicini al di là dell'Adriatico, e al di là del Mediterraneo, nell'Africa nera.
Sono tutte persecuzioni in cui l'elemento razziale, tanto evidente e tanto dibattuto per la Shoah anche a livello teorico dalla letteratura nazista e fascista del tempo, compare comunque, sustanzia e giustifica l'azione, fa da controcanto alle altre tipiche "giustificazioni" di carattere sociale ed economico, o culturale.
Limitare il ricordo ad uno solo, pur gravissimo, dei terribili eventi qui ricordati è probabilmente un errore, comprensibile ma grave: perché far sì che uno degli Olocausti diventi unico e incommensurabile rispetto agli altri significa, in fondo, ritenere che nulla di nemmeno lontanamente simile possa verificarsi un'altra volta. Malgrado le pretese contrarie.

 
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