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050524 - SOTTOSCRIZIONE
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Lunedì 23 Maggio 2005
SOTTOSCRIZIONE. Èstata costruita 16 anni fa a Krasar grazie alle offerte dei nostri lettori: siamo andati a visitarla Armenia, promossa la Scuola Verona Ospita 106 studenti e chiude solo quando il termometro va sotto i 4 gradi L’edificio è in buone condizioni ma resta il problema del riscaldamento soprattutto per la scarsa erogazione dell’ elettricità. Il tetto qualche volta fa acqua ma ci pensano gli stessi insegnanti con i genitori a ripararlo
di Enrico Giardiniinviato a KrasarNel pomeriggio grigio e piovoso, tra le casette marrone scuro in mattoni di tufo e la strada in terra battuta, l’edificio prefabbricato bianco a forma di grande «T» si staglia su un piazzale sterrato, in mezzo a un praticello verde. Bianco, il colore della pace. Verde, quello della speranza. Gli stessi che campeggiano nella targa posta a lato dell’ingresso, con la scritta: «Scuola Verona» e sotto «L’Arena, ottobre 1989». Continua a vivere e a svolgere la sua preziosa funzione la Scuola Verona di Krasar, costruita 16 anni fa dai lettori de L’Arena, generosi nel rispondere all’appello lanciato dal nostro giornale dopo il disastroso terremoto che aveva colpito l’Armenia il 7 dicembre 1988, provocando 40mila morti e 700mila senzatetto. A Krasar, un villaggio di 525 abitanti nel brullo altopiano del nord dell’Armenia, a 2.000 metri di altitudine, la speranza alimentata 16 anni fa dai veronesi che aderirono alla sottoscrizione non è rimasta tale. Quei 300 milioni di lire raccolti allora continuano a dare il loro frutto visto che oggi 106 bambini e ragazzi, maschi e femmine, dai sette ai 17 anni, frequentano la scuola e si preparano, pur tra mille difficoltà, ad affrontare il loro futuro. In una terra di pastorizia, di poca agricoltura e di un po’ di commercio. In una comunità povera ma che piano piano, con dignità e laboriosità, dopo aver raggiunto l’indipendenza dall’ex Unione sovietica nel 1991, sta risalendo la china di una storia sempre in salita, con persecuzioni, genocidi e diaspore. La scommessa di 16 anni fa era quella di realizzare un progetto che superasse la fase della prima emergenza, dopo la catastrofe provocata dal sisma, e si collocasse nel solco del rilancio. Partire dalla scuola aveva proprio questo significato: dare a tanti bambini la possibilità di continuare a studiare, dopo che le loro scuole, come le case e i pochi punti di ritrovo, erano andati distrutti. La scommessa è stata vinta. In tutti questi anni sono stati circa 1.500 i bambini e i ragazzi di Krasar che hanno frequentato la Scuola Verona, compiendo il ciclo dell’obbligo, 10 anni tra elementari e medie. L’edificio, a un piano, (una struttura prefabbricata di quasi 500 metri quadrati, costruita dalla ditta Ofma di Udine, la cui collocazione fu scelta insieme all’architetto Arà Zarian, successivamente direttore del Centro studi e documentazione armena di Venezia) è in buone condizioni. La Scuola Verona del resto, diretta da Samvel Avetisjan, un ventottenne di Krasar che è anche insegnante, è tenuta con cura, da chi la vive e la frequenta, cioè i ragazzi e i 17 tra maestri e professori, molti dei quali avevano partecipato alla costruzione, in loco, fin dalle fondamenta. Alunni e docenti conoscono la storia della Scuola Verona, sanno come e perché è stata costruita, ci tengono a far sapere che nel loro cuore c’è sempre un posto per Verona e per i veronesi. La struttura tiene bene, quindi, non senza qualche problema, peraltro manifestatosi già da molti anni. Il numero uno resta quello del riscaldamento, in una zona di montagna in cui la temperatura media durante l’inverno è di 20 gradi sotto lo zero ma può arrivare anche a meno 40, nei giorni di bufera in cui l’altopiano dell’Armenia del nord è attraversato da un vento potentissimo, che soffia periodicamente per due - tre giorni consecutivi, senza dare tregua. Alla Scuola Verona, dunque, ci si arrangia con qualche stufa a olio, ma le lezioni al freddo sono una costante. La volontà e lo spirito di iniziativa e di adattamento dei ragazzi e degli insegnanti fanno comunque superare tutte le difficoltà. Il problema del riscaldamento è dovuto in parte alla scarsa erogazione dell’energia elettrica, per avere la quale servirebbe un potente generatore di corrente, tale da garantire un continuo flusso di energia e quindi alimentare il riscaldamento a gas, introdotto da pochi anni a questa parte. L’altro problema è quello delle infiltrazioni d’acqua dal tetto, che si presenta quando piove in abbondanza. L’acqua scende da alcune fenditure sul soffitto provocate dalla condensa che si forma per lo sbalzo termico tra interno ed esterno. Ogni anno, quindi, gli stessi insegnanti o i genitori dei ragazzi provvedono a riparare le falle, che si formano anche in alcuni pannelli lungo le pareti. Anche in questo caso, con un po’ di spirito di adattamento, i problemi si superano. All’esterno, grazie anche alla manutenzione effettuata nel corso degli anni con la sostituzione di alcuni pannelli, la struttura resiste bene. Anche l’interno è ordinato. Il pavimento regge, nonostante la soletta poggi su fondamenta realizzate con sabbia e cemento di 16 anni fa, materiali non certo di prima qualità visto che furono reperiti dopo il terremoto. Le pareti interne sono bianchissime, e periodicamente tinteggiate. In condizioni perfette anche i banchi, le sedie, gli armadietti, gli attaccapanni, la lavagne e le lampadine. Gli alunni frequentano le lezioni dalle 9,30 alle 15,30. Talvolta svolgono anche il doppio turno, per recuperare il tempo perso durante la stagione invernale, quando la scuola resta chiusa per il troppo freddo. La temperatura interna minima per frequentare le lezioni è di 4,6 gradi (da noi non si va mai sotto i 18 gradi...) e se si scende più sotto i ragazzi tornano a casa. Gli alunni mangiano a scuola, portandosi da casa il pranzo. Soltanto ai più piccoli provvede un’associazione di volontariato sociale, che dà un aiuto per rifornirli di cibo. Alle elementari e alle medie gli alunni svolgono le materie tradizionali come matematica, lingua armena, lingua russa (tutt’ora la più utile per comunicare, visto che per 70 anni, fino al 1991, l’Armenia era una Repubblica federata nell’ambito delle Repubbliche socialiste sovietiche) storia e geografia. Da qualche anno si insegna anche l’inglese. Vengono poi organizzati corsi di cucito e ricamo, disegno e musica, utilizzando un vecchio pianoforte scampato per miracolo al terremoto del 1988. E nella bella stagione i ragazzi hanno la possibilità di svolgere educazione fisica, all’esterno dell’edificio, sfruttando il piazzale, dove è stato allestito un campo da pallavolo. La Scuola Verona, dunque, va avanti, con il lavoro degli insegnanti ma anche con la disponibilità e lo sforzo delle famiglie dei ragazzi, che cercano di supplire alle carenze delle istituzioni pubbliche per comperare quaderni, penne, gessi e i prodotti per le pulizie. Quanto ai libri, lo Stato ne passa una parte, ma per il resto serve ancora l’intervento delle famiglie. Ma a Krasar, come in tutti i villaggi del nord dell’Armenia martoriato dal terremoto, c’è molta solidarietà tra le persone, pur nella povertà. Ciò che si ha si mette in comune. E con i libri è lo stesso. Troppo importanti, questi libri, questa scuola, come trampolino di lancio per la vita di tanti ragazzi e ragazze. Il messaggio, i bambini e i giovani, lo lanciano a Verona e all’Italia, che sentono particolarmente vicine anche perché a meno di cinque chilometri da Krasar, nel paese di Ashotz, 15 anni fa è stato costruito l’ospedale «Redemptoris Mater», Madre del Redentore, donato da papa Giovanni Paolo II all’Armenia dopo il terremoto e finanziato dalla Caritas italiana. L’ospedale è il primo edificio pubblico con nome latino, dal significato religioso, in una terra popolata in parte da cattolici vissuti per 70 anni di dominio sovietico senza professare il loro credo. La struttura è diretta da padre Mario Cuccarollo, camilliano vicentino, giunto anche lui a Krasar per una visita alla scuola. Alcuni studenti usciti dalla Scuola Verona riescono a iscriversi all’università. Altri vanno al lavoro e mettono su famiglia. Ma fino a 17 anni, almeno, hanno studiato. In una scuola costruita grazie ai lettori del nostro giornale, che qui a Krasar non vengono mai dimenticati.
V.V
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