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04 04 2009 - Domenica sera arriva Obama e Ankara prepara un 'forte segnale'
Turchia/ Verso storico accordo con Armenia per riaprire confini
di Apcom
Istanbul, 2 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Per le fonti diplomatiche che hanno parlato al Wall Street Journal ormai è questione di poco tempo. Per la Turchia e l'Armenia è un passo storico. E per gli Usa potrebbe essere una grande opportunità. Ankara ed Erevan sarebbero vicini all'accordo per riaprire il confine. Una notizia portata avanti con convinzione e piazzata in prima pagina, ma che lascia qualche dubbio. Da settimane il ministero degli Esteri turco fa trapelare informazioni sul buon andamento delle trattative e sulla possibilità che presto si possa arrivare a un accordo fra le due parti. Un patto che dovrebbe declinarsi in tre punti: apertura e definizione delle frontiere, ripristino delle relazioni diplomatiche e creazione di una serie di commissioni per l'esame delle controversie bilaterali, inclusa una sulla storia del coflitto tra i due Paesi. Nessuna tempistica certa, e sia in Turchia che in Armenia l'ipotesi del gran disgelo incontra forti resistenze. Ma il WSJ - citando diplomatici che hanno chiesto l'anonimato "perchè i negoziati sono estremamente delicati" - ipotizza che l'annuncio potrebbe essere dato in concomitanza o immediatamente dopo la visita di Barak Obama in Turchia, al via domenica sera. O almeno questo piacerebbe molto ad Ankara. Il 24 aprile, infatti, si avvicina, e con lui il rischio che Obama possa utilizzare la parola "genocidio" nel tradizionale statement in commemorazione dei massacri del 1915.
Una sola parola che butterebbe all'aria mesi di colloqui e anche tutti gli accordi commerciali e relativi alle rotte energetiche che Armenia e Turchia sperano di concludere di presto e ai quali, forse, tengono più che la riapertura del confine chiuso nel 1993 come protesta per l'occupazione armena del Nagorno-Karabakh. I rapporti fra i due Paesi negli ultimi tempi sono progressivamente migliorati. A settembre il presidente della Repubblica turca, Abdullah Gül si è recato a Erevan su invito del Presidente della Repubblica armena Serzh Sarkissian, per vedere una partita fra le due nazionali. Da quel
momento gli incontri fra le due delegazioni diplomatiche si sono succeduti con regolarità. Nel frattempo in Turchia sono successe cosa importanti: l'anno prossimo all'università apriranno per la prima volta facoltà in lingua armena e ieri per la prima volta la Radio di Stato ha iniziato trasmissioni in lingua armena. A questo va poi aggiunto il rapporto con l'alleato turco. Se gli Stati Uniti decidessero di accontentare le richieste della Diaspora armena e riconoscere come genocidio i fatti del 1915, a cui la Turchia contrappone la sua visione dei fatti, le relazioni Usa-Turchia andrebbero in glaciazione in un momento particolarmente delicato. A Obama, una Turchia che voglia collaborare può servire su tre fronti: l'appoggio militare in un territorio a rischio come l'Afghanistan, la mediazione nel Caucaso e quella in Medio Oriente. Inoltre gli Usa vogliono usare le basi in Turchia per il ritiro dall'Iraq. Ankara, che nel 2003 ha rifiutato l'utilizzo del proprio territorio per l'attacco a Baghdad, potrebbe dimostrarsi ora più conciliante. C'è poi il 'fronte azero' da considerare. Per sondare gli umori dell'Azerbaigian sul possibile accordo turco-armeno arriva oggi a Baku il vice segretario di Stato Matthew Bryza, il diplomatico americano per eccellenza sulle questioni caucasiche. Il presidente Ilham Aliyev teme che un allentamento delle tensioni tra Turchia e Armenia si tradurrebbe in minore pressione su Erevan nel negoziato per il Nagorno Karabakh. In una capitale blindata e dove sarà accompagnato da oltre 4.000 agenti, il presidente Usa terrà un discorso in parlamento che molti attendono di storica apertura al mondo musulmano. Un discorso che sarà soppesato nei minimi dettagli e sfumature, per capire come la nuova amministrazione si pone si fronte all'alleato turco. Se come un perno della sua politica estera o una potenza emergente con la quale vivere una condizione di conflittualità.
Nell'ottica dell'accordo con l'Armenia vanno tenute presenti le pressioni della diaspora e anche la posizione presa durante la campagna elettorale e anche dal suo vice John Biden e dal segretario di Stato Hillary Clinton. Ma al momento sembra pesare di più la considerazione del rischio di intervenire in una situazione che Turchia e Armenia stanno cercando di sanare da sole. Secondo ilquotidiano Hurriyet, anche da Washington sarebbero arrivati al presidente precisi input di lasciare che le cose si risolvano da sole. Alcuni giuristi americani, sostiene la testata turca, hanno suggerito ad Obama si supportare con forza l'ingresso della Turchia in Unione Europea e di favorire "la
riconciliazione dell'alleato Nato con l'Armenia". Molti autorevoli analisti turchi, fra cui Ferai Tinc, editorialista del quotidiano Hurriyet, intervistata da Apcom, hanno evidenziato come a Obama non convenga interferire nella questione e ritengono che alla fine il presidente deciderà di non menzionare la parola genocidio nel discorso.




G.C.

 
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