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10 04 2009 - La partita di Erdogan nel bazar diplomatico
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La concertazione - Corriere della Sera
di Antonio Ferrari
Barack Obama non accetta che si possa sminuire il ruolo della Turchia, «luogo dove Est e Ovest non si dividono ma si incontrano».
Per questo motivo è pronto a sfidare di petto alcuni alleati,a cominciare da Francia e Germania, contrari all'ingresso di Ankara nella Ue. È un passo che la Casa Bian¬ca sostiene invece con crescen¬te impegno, perché l'ingresso «allargherebbe e rafforzereb¬be le fondamenta dell'Unio¬ne », con il cemento garantito da «diversità di etnicità, tradi¬zione e fede». La sfida, lancia¬ta a Praga, è stata reiterata nel parlamento turco, in realtà non particolarmente entusia¬sta.
E' forse quel silenzio ingom¬brante di numerosi deputati la ragione del convinto affon¬do di Obama, che teme la stan¬chezza dei turchi per una cor¬sa senza la certezza del tra¬guardo. Disaffezione affiorata anche nelle ultime elezioni, che hanno visto il premier Er¬dogan, convinto europeista, ri¬cevere un altolà dagli elettori. Troppo importante per gli Usa è il legame con lo storico alleato per cedere alle resisten¬ze della Ue. Una Turchia in Eu¬ropa rafforzerebbe quell'offer¬ta di generosa apertura con l'intero Islam, «con il quale l'America non sarà mai in guerra», che il pre¬sidente non si stan¬ca di ripetere. Discorso inecce¬pibile, condivisibi¬le, e sicuramente gradito all'Italia, che si spende a fa¬vore dell'ingresso della Turchia nell' Ue.
Ma non si può ignorare la presenza di quell' intreccio di «pazarlik», termi ne turco che significa contrat¬tazione, e che ha preceduto, accompagnato e forse segnerà la tappa conclusiva del viag¬gio di Obama in Europa per partecipare a tre vertici (G20, Nato e Usa-Ue) e oggi a Istan¬bul al Forum sull'alleanza del¬le civiltà. Contrattazione può voler di¬re che Erdogan ha sì ceduto sulla nomina a segretario ge¬nerale della Nato del premier (ormai ex) danese Anders Fo¬gh Rasmussen, perdonando il silenzio, anzi la difesa delle vi¬gnette satiriche su Maometto pubblicate da un giornale del suo paese, e ritirando il veto. Ma in cambio ha ottenuto pol¬trone importanti al vertice l¬ la Nato, e forse qualche silen¬zio di troppo sulle inadem¬pienze della Turchia:
in mate¬ria di diritti umani, di violazio¬ni della libertà di stampa, e di cedimenti alla propria compo¬nente islamica di frontiera. Sul genocidio (o massacro sistematico) degli armeni nel 1915 Obama non ha parlato, li¬mitandosi a sfiorare lo scot¬tante e delicato argomento, «per non turbare» gli sforzi di¬ plomatici che avvicinano Ankara e Erevan. Scambio di favori, appunto. Il presidente Usa è credibile, deciso e scal¬tro, ma sul «pazarlik» Erdo¬gan gli tiene testa.
Antonio Ferrari
G.C.
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