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10 04 2009 - OBAMA e il Genocidio Armeno
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IL GENOCIDIO ARMENO
9 Aprile (7 Ap. e 17 Mar. 2009 )
Obama dica no al ricatto turco
Questa settimana, ancor prima della sua partenza per la visita in Turchia, si sono levate le solite voci per ammonire il presidente Obama sull' opportunità di annacquare la posizione di principio finora adottata sul genocidio armeno. In aprile la diaspora armena commemora l' inizio sanguinoso della campagna militare dell' Impero Ottomano, nel 1915, che mirava ad annientare la popolazione armena. La ricorrenza assume due forme: da una parte il Giorno della Memoria armena (24 aprile), dall' altra il rinnovato tentativo di persuadere il Congresso americano ad abbandonare i giri di parole e a chiamare ufficialmente quel lontano avvenimento con il nome che gli compete, quello appena menzionato. Nel 1915 il termine genocidio non era stato ancora coniato, ma l' ambasciatore americano a Costantinopoli, Henry Morgenthau, fece ricorso a un' espressione assai più cruda. Nel suo rapporto urgente inviato al ministero degli Esteri, con allegati i dispacci appena giunti dai suoi funzionari, specie quelli dislocati nelle province di Van e Harput, Morgenthau descriveva l' assassinio sistematico degli armeni come «sterminio razziale». La sua denuncia è suffragata da un vasto archivio di documenti. Ogni anno, però, ecco che si rimettono al lavoro le lobby industrial-militari, che grazie a smentite ed eufemismi fanno pendere l' ago della bilancia a favore del cliente turco. (Di recente, l' alleanza militare tra Turchia e Israele, palesemente opportunistica, ha raccolto non pochi consensi vergognosi anche tra i deputati ebrei). Il presidente Obama, però, affronta il problema in modo insolitamente chiaro e inequivocabile. Nel 2006, per esempio, l' ambasciatore americano in Armenia, John Evans, venne richiamato per aver utilizzato la parola genocidio. L' allora senatore Obama reclamò per iscritto presso l' allora segretario di Stato Condoleezza Rice, tacciando di vigliaccheria il ministero degli Esteri e affermando senza mezzi termini che il genocidio armeno del 1915 «non è un' insinuazione, un' opinione personale, né un punto di vista, bensì un avvenimento largamente documentato e comprovato da testimonianze storiche inoppugnabili». Nel corso della campagna elettorale, l' anno scorso, Obama ha chiarito la sua posizione affermando che «l' America si aspetta un presidente che sia capace di dire la verità sul genocidio armeno e sappia reagire con forza contro tutti i genocidi. E io sarò quel presidente». A chiunque possa nutrire ancora qualche dubbio in proposito, raccomando due recenti opere di eccezionale erudizione, in grado entrambe di approfondire e spiegare il dramma armeno. La prima è Il calvario armeno: memorie del genocidio armeno, di Grigoris Balakian, e la seconda Terra ribelle: viaggio tra i popoli dimenticati della Turchia, un diario contemporaneo di Christopher de Bellaigue. Inoltre, abbiamo appena appreso l' esistenza di documenti inconfutabili provenienti dagli archivi di Stato turchi. Il politico ottomano che ordinò la campagna di deportazione e sterminio degli armeni, Talat Pascià, ci ha lasciato una documentazione dettagliatissima. La sua famiglia ha consegnato le carte a uno scrittore turco di nome Murat Bardakci, che ha pubblicato un libro dal titolo alquanto scarno di Le ultime carte di Talat Pascià. Una di queste «ultime carte» è la fredda stima che durante gli anni 1915 e 1916 soltanto, ben 972.000 armeni sparirono dall' anagrafe della popolazione (vedi l' articolo di Sabrina Tavernise nel New York Times dell' 8 marzo 2009). C' è chi afferma che la tragedia armena fu la spiacevole conseguenza del turbine innescato dalla Prima guerra mondiale e dalla rovina dell' Impero, e questo potrebbe essere anche vero dei numerosissimi armeni massacrati al termine del conflitto e durante il collasso del governo ottomano. Ma stiamo parlando di un archivio conservato dal governo dell' epoca e dal principale politico nemico degli armeni, e qui si afferma che agli inizi della Prima guerra mondiale la popolazione armena passò da 1.256.000 cittadini a 284.157. E' molto raro che un regime, nella sua corrispondenza privata, confermi con tanta esattezza quanto denunciato dalle sue vittime. Che cosa diranno adesso coloro che negano il genocidio? Il solito iter è quello di insinuare che se il Congresso voterà a favore della verità storica, allora la Turchia, per rappresaglia contro la Nato, seminerà il caos lungo il confine iracheno, vieterà l' uso delle basi turche all' aviazione americana o prenderà altri provvedimenti. Al vertice della Nato, il weekend scorso, si è avuto sentore di questa stessa arroganza, quando il governo di Ankara ha cercato di ostacolare la nomina di un bravo politico danese, Anders Rasmussen, a capo dell' Alleanza, tirando in ballo la scusa che, in veste di primo ministro, Rasmussen si era rifiutato di censurare i giornali danesi per placare i musulmani! Oggi si sussurra che se il presidente Obama o il Congresso firmerà la risoluzione riguardante il genocidio, la Turchia negherà la sua collaborazione in molti settori strategici, tra cui la normalizzazione della frontiera tra la Turchia e l' Armenia e il passaggio dei gasdotti e oleodotti attraverso il Caucaso. Quando la questione viene posta in modo tanto provocatorio, però, si finisce col suggerire subdolamente all' Armenia che è nel suo interesse chinare la testa e stendere un velo pietoso sulla sua storia. Ma come potrebbe uno Stato, o un popolo, acconsentire ad annullare in questo modo il suo orgoglio e la sua dignità? La vicenda non riguarda solo gli armeni, minacciati economicamente dalla chiusura turca del confine comune. Tocca allora ai turchi, che vantano uomini di cultura e scrittori coraggiosi pronti ad affrontare rischi ben reali per rompere il tabù sulla discussione della questione armena. E spetta anche agli americani i quali, avendo eletto un nuovo presidente coraggioso, oggi si sentono dire che sia lui che il Congresso devono colludere in una gigantesca menzogna storica. Una menzogna, per di più, svelata sul nascere da coraggiosi diplomatici americani. La falsificazione della storia dura ormai da troppo tempo, con il pretesto delle ragioni di Stato. Ma è precisamente «per ragioni di Stato», in altre parole per la dichiarazione chiara e irrinunciabile che non siamo disposti a subire ricatti né intimidazioni, che il 24 aprile 2009 sarà ricordato come la data in cui avremo saputo affermare la verità e accettato tutte le conseguenze. (traduzione di Rita Baldassarre)
Hitchens Christopher
Pagina 42
(9 aprile 2009) - Corriere della Sera
EQUILIBRISMI IL LEADER STATUNITENSE HA AFFRONTATO IL MASSACRO DEL 1915: «LE MIE IDEE SONO NOTE»
Armeni, Barack evita la parola genocidio
ANKARA - Era il campo minato della visita. Ma Barack Obama, al prezzo di qualche equilibrismo, lo ha superato senza danni, conciliando platonicamente le esigenze dell' amicizia con quelle della verità. Anche se nessuno nel Parlamento turco ha applaudito. Parliamo del genocidio armeno, il massacro di oltre un milione e mezzo di armeni, consumatosi nel 1915 nei giorni del disfacimento dell' Impero Ottomano. La Turchia non ha mai voluto riaprire questa oscura pagina di storia, neppure ora che un difficile processo di normalizzazione con l' Armenia è in corso. Da anni gli Usa discutono se approvare una dichiarazione ufficiale sul genocidio. Nel 2007 l' Amministrazione Bush fermò l' iniziativa del Congresso, per non irritare i turchi, il cui appoggio è indispensabile per la sicurezza delle truppe americane in Iraq. Obama in campagna aveva promesso una dichiarazione presidenziale. Ieri il presidente ha camminato sul filo del rasoio, rinunciando a pronunciare la parola della discordia, ma affrontando lo stesso il tema. «Il nostro Paese lotta ancora con il trattamento che abbiamo riservato agli indiani d' America. L' opera umana è per natura imperfetta e ogni Paese deve elaborare il suo passato. So che in questa stanza ci sono opinioni forti sui terribili eventi del 1915. Le mie idee sono note, ma qui si tratta per Turchia e Armenia di affrontare il passato. La strada migliore per entrambi i popoli è un processo di elaborazione onesto, aperto e costruttivo. Ci sono già stati passi coraggiosi dai leader turchi e armeni, che promettono un' alba di coesistenza pacifica e prosperosa». P. Val. Nella Storia I massacri del 1915 Nel 1915-17, nel corso della Prima guerra mondiale, un milione e mezzo di armeni furono uccisi per mano dell' Impero ottomano, la cui dissoluzione diede vita alla Turchia moderna Genocidio Gli armeni, sostenuti da prove, testimonianze e ricerche storiche, parlano di «genocidio» e di annientamento sistematico di un' etnia. La Turchia si limita ad ammettere che i morti armeni furono vittime di una «guerra civile» e «furono 300 mila»
Valentino Paolo
Pagina 17
(7 aprile 2009) - Corriere della Sera

REALPOLITIK LA PROMESSA FATTA IN CAMPAGNA ELETTORALE PUÒ ATTENDERE. PER LA GUERRA IN AFGHANISTAN SERVONO LE BASI IN ANATOLIA
Genocidio armeno, Obama «grazia» i turchi
Denuncia rinviata. Il presidente atteso ad Ankara non vuole inimicarsi gli alleati La scusa ufficiale: un intervento della Casa Bianca in questo momento bloccherebbe il dialogo in corso
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - In campagna elettorale, la promessa era stata cristallina e senza condizionali. Una volta eletto alla Casa Bianca, Barack Obama avrebbe fatto una solenne dichiarazione presidenziale, bollando per la prima volta come genocidio il massacro di oltre 1 milione e mezzo di armeni, perpetrato nel 1915 dai turchi ottomani. Un gesto di risarcimento simbolico, ma essenziale e atteso per milioni di americani di origine armena, discendenti di sopravvissuti dell' eccidio. Ma, come spesso accade, l' occhio con cui un candidato guarda il mondo è affatto diverso da quello con cui lo guarda un presidente. O per dirla con l' ex governatore Mario Cuomo, si fa campagna con la poesia e si governa con la prosa. L' amministrazione Obama sta pensando di rinviare a una data imprecisata la dichiarazione sul genocidio degli armeni, per timore di offendere la Turchia, da sempre opposta a riaprire questa pagina oscura, nel momento in cui Washington sta sollecitando l' aiuto di Ankara su tutti i principali nodi strategici del Medio Oriente, dall' Afghanistan all' Iraq. La scusa ufficiale, giusta la dichiarazione di un portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, sono i progressi in atto verso la normalizzazione dei rapporti tra Armenia e Turchia, che la pubblicazione di uno «statement» sul genocidio, d' impatto fortemente emotivo, potrebbe bloccare o annullare. «In questo momento - ha detto Michael Hammer - gli Stati Uniti si concentrano sul modo in cui aiutare i due Paesi a lavorare insieme per accettare il passato, con un dialogo onesto e aperto». Ma per la comunità armeno-americana, si tratta di un ennesimo tradimento, la ragione vera essendo la preoccupazione di non ferire Ankara. E ciò serve solo a perpetuare il rifiuto turco di riconsiderare un capitolo vergognoso e brutale della sua Storia. Contro le prove degli studiosi, la Turchia nega la tesi del genocidio, sostiene che i morti furono frutto della guerra civile e dei disordini seguiti al crollo dell' Impero Ottomano e definisce esagerata la cifra di 1,5 milioni di vittime. Barack Obama non è il primo presidente a dover affrontare il rovello. Altri suoi predecessori hanno evitato di alienarsi le simpatie di Ankara, cruciale partner nella Nato. Nel 2007, l' Amministrazione Bush frenò l' iniziativa di una risoluzione del Congresso sul genocidio degli armeni, sostenendo che l' appoggio turco fosse cruciale per la sicurezza delle truppe americane in Iraq. Ma per Obama, il tema si pone in un momento difficilissimo. Il suo viaggio in Europa, dal 30 marzo al 7 aprile, si concluderà infatti proprio in Turchia, prima visita del nuovo presidente in un Paese islamico. Dopo la chiusura di alcune basi americane nell' Asia Centrale ex sovietica, l' Amministrazione ha assolutamente bisogno di usare il territorio turco per le linee di rifornimento alle truppe in Afghanistan. Ma l' eventuale dichiarazione sul genocidio, che la comunità degli armeni d' America vorrebbe fosse fatta il 24 aprile, giornata del ricordo, rischia di irrigidire i dirigenti turchi di fronte alle richieste americane. «È un vecchio adagio - dice il deputato democratico Adam Schiff, che fu tra gli autori della risoluzione congressuale - dobbiamo riconoscere il genocidio, ma non quest' anno». Paolo Valentino Il «Grande Male» I massacri del 1915 Nel 1915-17, nel corso della Prima guerra mondiale, centinaia di migliaia di armeni - un milione e mezzo secondo l' Armenia, 300 mila secondo la Turchia - furono uccisi per mano dell' Impero ottomano, la cui dissoluzione diede vita alla Turchia moderna Genocidio o no Gli armeni, sostenuti da prove, testimonianze e ricerche storiche, parlano di «genocidio» e di annientamento sistematico di un' etnia: lo chiamano «Metz Yegern», il Grande Male. La Turchia si limita ad ammettere che i morti armeni furono vittime di una «guerra civile». In base all' articolo 301 del codice penale - che punisce l' «insulto all' identità turca» - rischia il carcere anche chi soltanto parla del «genocidio armeno» L' Armenia oggi Alla fine della Prima Guerra Mondiale nasce la Repubblica di Armenia, che nei primi anni 20 è inglobata nell' Unione Sovietica. Al collasso dell' Urss del ' 91, il Paese ottiene una nuova indipendenza. Armenia e Turchia non hanno rapporti diplomatici. Di recente i due governi hanno dato vita a un timido dialogo che l' Amministrazione Obama non intende «turbare»
Valentino Paolo

V.V.

 
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