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06 05 2009 - La crisi colpisce anche l'«isolazionista» Armenia
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- 05/05/2009
Non basta isolarsi: la crisi può colpire ugualmente. È il caso dell'Armenia, Paese fondamentalmente autarchico, con tre milioni di abitanti al centro del Caucaso...
Non basta isolarsi: la crisi può colpire ugualmente. È il caso dell'Armenia, Paese fondamentalmente autarchico, con tre milioni di abitanti al centro del Caucaso. Negli ultimi mesi ci siamo abituati a sentire parlare di economie in grave difficoltà a causa del crollo dei profitti delle banche, del collasso delle esportazioni o dell'esplosione del debito estero. Il caso armeno è diverso: il Paese è troppo isolato per subire questo genere di ripercussioni. A causare le maggiori difficoltà è stato il congelamento del flusso di denaro che i cittadini emigrati all'estero hanno garantito negli ultimi anni. Non solo: da mesi ormai si assiste ad un rientro di molti espatriati che hanno perso il loro lavoro e tornano nel Paese, gravando così su un'economia già debole.
Allo stesso modo, le banche armene sono troppo piccole e regionali per poter subire i contraccolpi della crisi subprime. Ad esse, inoltre, non è stato vietato l'accumulo di debiti in valuta estera (pratica che sta invece causando enormi difficoltà ai Paesi dell'Europa orientale). «Il settore bancario è ben amministrato e non risulta esposto», conferma al Wall Street Journal Aristomene Varou-dakis, funzionario della Banca Mondiale. Nonostante la discreta salute degli istituti di credito, comunque, il prodotto interno lordo del Paese ha subito una contrazione del 6,1% nel primo trimestre del 2009, che stride con la crescita del 7% fatta segnare nel 2008.
Emblematico il caso di Samvel Harutyunian, citato dal quotidiano americano.
L'uomo, partito qualche anno fa da Yerevan (la capitale armena) alla volta di Mosca, era riuscito a guadagnare ben 2.500 dollari al mese vendendo abiti turchi in un mercato della capitale russa. Ma a settembre la crisi ha provocato il crollo dei prezzi del petrolio, e immediatamente i consumatori russi hanno smesso di acquistare. Samvel e la sua famiglia sono stati costretti a tornare in patria. E con loro decine di migliaia di armeni.
Il ministro dell'Economia Nerses Yeritsyan si è detto preoccupato per questo fenomeno contro-migratorio, spiegando che in questo modo il tasso di disoccupazione e le spese sociali del governo stanno aumentando velocemente. Ad aiutare l'economia armena c'è un basso rapporto tra debito pubblico e Pil (pari al 15%), che concede al governo un discreto ambito di manovra. Ma, inevitabilmente, l'amministrazione di Yerevan sarà costretta a guardare all'estero: i primi capitali dovrebbero arrivare dal Fondo monetario internazionale (540 milioni di dollari), dalla Banca mondiale (550 milioni) e dall'alleato russo (500 milioni).
Vahe
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