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07 05 2009 - il Cremlino gioca a scacchi nel Caucaso.
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da IL GAZZETTINO il Cremlino gioca a scacchi nel Caucaso.
Mercoledì 6 Maggio 2009,di Maurizio Cerruti Il Caucaso sta a Mosca come il Medio Oriente sta a Washington. Aree di primaria rilevanza strategica, turbolente, instabili, da tenere sotto controllo con ogni mezzo anche a costo della guerra. Nel caso della vasta regione di alte montagne tra il Mar Nero e il Caspio, però, non è - o non è solo - il petrolio la posta in gioco per il Cremlino, sebbene vi transitino oleodotti e gasdotti di importanza fondamentale per l'economia russa.Prevalente è la questione della sovranità nazionale sui territori caucasici della Federazione russa, come dimostra l'impegno senza risparmio usato nello stroncare il secessionismo ceceno del quale, di recente e probabilmente con eccessiva fiducia, Mosca ha dichiarato la completa eradicazione.Putin ha trovato proprio nella guerra cecena il suo trampolino politico: fu nominato primo ministro dal presidente Boris Eltsin nell'agosto 1999 - il quinto premier nel giro di un anno e mezzo - col compito di riportare sotto controllo la repubblica ribelle. Furono i successi militari in Cecenia là dove avevano fallito i suoi predecessori, culminati nella brutale invasione-distruzione "a rullo compressore" della capitale Grozni, a favorire solo sette mesi dopo l'«incoronazione» di Putin a capo del Cremlino. Con la Cecenia, anche l'Ossezia del Nord, l'Inguscezia e il Daghestan sono Repubbliche autonome nelle quali alla forza attrattiva della Russia - economica, politica e militare - si contrappongono tendenze centrifughe oggi solo apparentemente sopite. Si tratta di popolazioni prevalentemente musulmane, eredi di antichissime culture, che hanno saputo difendere le proprie peculiarità dalla feroce colonizzazione zarista e dalla "scientifica" assimilazione modernizzatrice sovietica.È per mantenerne il controllo - oltreché per accrescere il potere sugli Stati caucasici ex sovietici, indipendenti dal 1991 - che Mosca gioca da anni una partita spregiudicata che fa leva sulle rivalità di cattivo vicinato. Ha incoraggiato l'Ossezia del Sud e l'Abkhazia a dichiarare la scorsa estate la secessione dalla Georgia (riconoscendone subito l'indipendenza) così come appoggia l'Armenia nel conflitto "congelato" per il Nagorno-Karabakh, l'enclave dell'Azerbajgian a maggioranza armena.La penetrazione della Nato - già presente da decenni in Turchia - nell'area caucasica è una grave minaccia alla strategia egemonica russa nella regione. Una Georgia membro della Nato - ipotesi incoraggiata dall'amministrazione Bush e oggi non accantonata da Obama - segnerebbe, probabilmente, la fine di quel progetto.
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