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12 05 2009 - Successi della tradizione milanese Serapian
Ogg: da il Corriere. Serapian apre in via spiga Sabbadini e Dabbene si rinnovano per i giovani Successi della tradizione milanese,Serapian apre in via della Spiga; Mentre le griffe frenano per la crisi, i marchi storici riprendono quota puntando su prezzo ed esclusività che la crisi potesse bloccare l’avanzata delle multinazionali del lusso si poteva prevedere. Che sulle ceneri della recessione ripren­dessero slancio i marchi della tradizione milanese è una sorpresa. Così, mentre Sabbadini, gioielliere di via Montenapoleone noto per le sue pietre preziose, si mette a produrre monili in acciaio pretesi dalla moda, e la famiglia Dabbene lavora l’ar­gento con corna di cervo e con­chiglie per piacere ai giovani, Serapian, pellettiere che da 60 anni nella fabbrica di via Jommelli crea cartelle e borsette per la borghesia attenta agli ac­quisti, apre una boutique in via della Spiga. Le borse di qualità subentrano a un marchio di ab­bigliamento easy e si lanciano nell’impresa di espugnare il Quadrilatero, fortino delle griffe che hanno sfrattato le botteghe.
Una storia esemplare quella di Ardavast Serapian, 58 anni, figlio di un profugo armeno,: intreccia immigrazione e conquistato orgoglio nazionale che si traduce nella produzione tutta italiana, «comprese colla e borchie », nella fabbrica ricavata nella casa dove Ardavast, detto Arda, è nato. «Mio padre Stefano Serapian arrivò in Italia nel 1922 con il fratello Aramays, in fuga dai massacri turchi», racconta Arda. Approdano a Venezia in un orfanotrofio di padri armeni, «ma c’è posto per uno solo». Stefano, che ha 15 anni, lascia a studiare il fratello minore (diventerà medico) e parte per Milano. Tra tanti lavori, fa il pasticcere con Angelo Motta. È un ragazzo forte e atletico, per 13 anni si conferma campione italiano di sollevamento pesi:
lo testimonia la statua che gli dedica lo scultore vicino di casa Alfeo Bedeschi. Ma sono le due sorelle con cui condivide l’appartamento a cambiargli il destino. «Cucivano tomaie: con i resti, Serapian realizza borsellini a forma di animali. Ne porta una manciata a Montecatini. Lì conosce Gina, mia madre. Nel ’45 aprono un laboratorio nelle case bombardate della periferia, in zona Loreto», racconta Arda. «Mio padre compra altre villette del­la traversa di via Porpora e le affitta ai suoi artigiani». Alcuni sono ancora al loro posto, nella fabbrica dove oggi si fanno i prototipi «perché la produzione delle borse dal ’72 è stata trasferita nella fabbrica di Varese». Ardavast, laurea in economia e commercio alla Bocconi, entra in fabbrica nel 1973, do­po la morte del padre e può contare sul supporto di artigiani come Piero, unico a saper tagliare di fino il coccodrillo per il borsellino disegnato dalla signora Gina, bionda ed elegante che, ignorando i suoi i 93 anni, resta ancora in piedi ad aspettare i clienti nella bottega che dà sul laboratorio. C’è anche la metalleria piena di borchie e cerniere, da 40 anni ripassate da Sara, e l’archivio delle pelli stoccate dal dopoguerra. «Gli stilisti vengono a cercare spunti, idee», spiega Giovanni Nodari, 30enne che affianca lo zio.
Era stato Arda, nel ’73 a decidere di produrre anche per marchi come Cartier e Dunhil. Oggi li sfida nel loro regno? «I grandi marchi puntano sul brand, staccato dal prodotto, realizzato anche in Cina. Chi compra Serapian cerca il rapporto qualità prezzo, possibile con la produzione diretta. Arrivano manager con la cartella di laurea. Feticcio che cerchiamo di riparare, come accontentiamo la signora che chiede la pochette di una certa tinta per le nozze della figlia. In via Spiga ci sarà la collezione più alla mo­da, le borse in coccodrillo morbido, segreto della conciatura». «Una sfida coraggiosa», dice l’amico Armando Dabbene, anche per la diffusione delle vendite sul web che nel 2008 hanno fatto chiudere 30 mila negozi.
Ma la signora Gina da via Jommelli non si sposta. «Resto per le mie clienti».
Maria Teresa Veneziani

G.C.

 
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