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050620 - IL CUSTODE DELLA MEMORIA STORICA
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IL CUSTODE DELLA MEMORIA STORICA
Padre Harutiun Bezdikian è nato in Libano per puro caso. «Sarei dovuto nascere in Cilicia, dove i miei genitori, armeni, vivevano prima che i turchi arrivassero a compiere il massacro». I genitori di padre Harutiun furono testimoni della famosa epopea del Mussa Dagh, la montagna non lontana da Antiochia, teatro di un eroico episodio di resistenza armena contro i turchi nel 1915, immortalato dal romanzo di Franz Werfel I quaranta giorni del Mussa Dagh.
Per sfuggire all’ordine di deportazione del Governo turco, gli abitanti dei villaggi armeni dell’altopiano si rifugiarono sulla montagna e lì organizzarono una strenua difesa per oltre 40 giorni, finché non furono avvistati da una flotta francese che li condusse in salvo in Egitto. Fra i salvati c’erano il padre e la madre di padre Bezdikian, allora ragazzini. «Alla fine della guerra i miei genitori tornarono in Cilicia, ma furono costretti a fuggire di nuovo in Libano quando i francesi si ritirarono dalla Cilicia cedendo a Kemal Ataturk, che già nel 1921 aveva ordinato l’uccisione degli armeni sfuggiti al massacro del 1915-1917. Era il 1937: a Beirut sono nato io».
Padre Harutiun, che fa parte della Congregazione mechitarista di Venezia, studia da anni il genocidio, basandosi sui numerosi documenti – fra cui le testimonianze di diplomatici europei in Turchia – che provano il massacro pianificato. «Chi ipotizza che i turchi sterminarono gli armeni come reazione ai moti rivoluzionari contro il Governo turco sbaglia», dice padre Harutiun, «i massacri cominciarono molto prima del 1915, gli armeni sono stati perseguitati per secoli. Basti pensare al massacro del 1895-96: nel giro di pochi giorni, 350.000 armeni furono uccisi. È rimasta, fra le altre, la testimonianza della moglie di un console francese che racconta lo strazio». Aggiunge: «La Turchia ha proposto la formazione di una commissione storica per indagare sul genocidio. Ma storicamente non c’è più nulla da chiarire».
In occasione del 90° anniversario, padre Bezdikian era fra i relatori del convegno sul genocidio all’Accademia delle scienze di Erevan, con una relazione sul genocidio nella letteratura italiana. «Per le nuove generazioni il genocidio è ancora un trauma fortissimo. Il 24 aprile per le strade di Erevan c’era un milione e mezzo di persone a manifestare. E la notte precedente 10.000 giovani hanno partecipato a una lunga veglia: per le strade si cantavano inni sacri, con le torce accese, molti hanno raggiunto il Monumento al genocidio. Una veglia pacifica. Solo uno slogan si sentiva ripetere: "Riconoscimento". Per un popolo è un’atrocità soffrire e non essere nemmeno riconosciuti vittime».
V.V
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