Tradotto dal Prof. Mario Verdone
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Della mia dolce Armenia
amo la lingua che ha il sapore del sole,
la tragica voce e i lamenti dei bardi,
amo i fiori color del sangue,
l’intenso profumo delle rose
e le danze gentili delle figlie del Nairi.
Amo il cielo blu profondo,
le acque limpide e il lago luminoso,
il caldo sole d’estate e i gelidi venti d’inverno
che soffiano con voce di drago,
i muri tristi e neri delle capanne sperdute nel buio
e le pietre millenarie delle antiche città.
Ovunque vada non dimenticherò
le nostre canzoni che hanno voce di dolore
e i libri di pergamena pieni di preghiere e di pianti.
Malgrado le piaghe
che feriscono il mio cuore addolorato
la mia Armenia diletta, insanguinata, io canto.
Per il mio cuore ebbro d’amore
non c’è leggenda più fulgida,
non vi sono fonti più pure
di quelle dei nostri antichi cantori.
Va per il mondo: non c’è vetta bianca
come quella dell’Ararat.
Come strada di gloria irraggiungibile, io l’amo.
Vahè