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10 Ag 2009 .- La Turchia sta per diventare il baricentro energetico dell'Eurasia
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7 Agosto 2009 La rete dei gasdotti di
Gabriele Cazzulini
Sanare il conflitto tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno-Karabakh e ristabilire normali rapporti con l’Armenia
L’antagonismo per i nuovi gasdotti tra Russia ed Europa ha rivalutato la posizione della Turchia, che finora si è mossa abilmente partecipando sia al progetto europeo del gasdotto Nabucco che a quello Eni/Gazprom per South Stream. Questa politica all’apparenza bifronte esprime il disegno geopolitico di Ankara che punta a sfruttare la sua centralità sulla questione dell'energia per costruire una posizione di baricentro politico regionale, al crocevia tra Europa, Asia e Medioriente.
Ieri il primo ministro turco Erdogan ha ospitato ad Ankara un incontro con il suo collega russo Putin per assicurare l’accesso alle acque territoriali della Turchia, nel Mar Nero, per il transito del gas russo verso la Bulgaria. E’ una manovra obbligata per evitare non solo il passaggio in Ucraina, che tanti conflitti ha prodotto in passato, ma anche il transito nelle acque territoriali ucraine. All’incontro era presente anche il primo ministro italiano Berlusconi, perché l’Eni, insieme a Gazprom, è il socio di riferimento della compagnia che controlla South Stream – e l’Italia meridionale, in particolare la Puglia, sarà uno dei punti di arrivo del gas russo pompato dal gasdotto.
La Turchia gioca una partita molto attiva sulla politica energetica tra Europa ed Asia. Nemmeno un mese fa, il 13 luglio scorso, proprio ad Ankara, col presidente della commissione europea e i paesi aderenti, si era solennemente celebrato l’accordo, più volte mancato, per l’avvio dei lavori di Nabucco, il gasdotto rivale di South Stream. Nel caso del progetto Nabucco la posizione turca è molto più impegnativa e strategica, perché Ankara rappresenta lo snodo fondamentale tra il gas proveniente dal Mar Caspio, dall’Iran e, forse, dall’Iraq, e l’Europa sudorientale. Quasi un terzo dell’intera rotta di Nabucco scorre in Turchia, che deve inoltre gestire da sola il collegamento ai due gasdotti locali che trasportano gas dall’Iran e dall’Azerbaijan.
Per la Turchia l’adesione a South Stream non implica l’uscita da Nabucco. Il dato più evidente è che Ankara non intende alimentare ostilità verso interlocutori così influenti come Europa e Russia. Scegliere significa perdere la Russia o l’Europa e ritrovarsi in una posizione subalterna rispetto ad un unico partner troppo forte. Invece la forza della Turchia è la sua doppia indispensabilità. Ecco perché Ankara guarda con disinvoltura sia ad oriente che ad occidente. Solo due giorni prima del grande vertice di luglio per Nabucco, il ministro degli esteri turco aveva incontrato il suo collega russo a Mosca per discutere di progetti bilaterali, incentrati sull’energia, dal gas al petrolio e all’atomo. Il messaggio era chiaro: l’adesione della Turchia a Nabucco non impedisce l’adesione a South Stream.
Adesso quell’incontro si è rivelato il prologo per l’incontro di ieri tra Putin ed Ergodan, perché dopo aver incassato il consenso turco su South Stream, il primo ministro russo ha offerto di costruire la prima centrale nucleare della Turchia e di realizzare un oleodotto che attraversa l’intera Turchia, dal Mar Nero fino al Mediterraneo. Ma il vero punto di forza dell’intesa tra Turchia e Russia, che finora è rimasto in penombra, è il Blue Stream II, cioè la variante mediorientale dell’attuale gasdotto che scorre dalla Russia all’Europa orientale. Con Blue Stream II la Turchia sarà lo snodo per il gas russo verso Israele, Libano e Giordania, prefigurando effetti geopolitici di primaria rilevanza. Ecco perché i media turchi, ancora divisi sulle polemiche per il processo alla cosiddetta società segreta ultra-nazionalista “Ergenekon”, sono concordi nel definire “storica” la visita di Putin ad Ankara.
La politica bifronte di Ankara sull’energia non nasconde le differenze tra South Stream e Nabucco. Con gli 8 miliardi di euro di Nabucco, l'Europa spera di ridurre del 10% la sua dipendenza energetica dalla Russia, che potrà conservare una quota predominante del 30% sul mercato europeo – sebbene il costo di South Stream sfiori i 25 miliardi di euro. Per entrambi i gasdotti i lavori di realizzazione non inizieranno prima della fine del 2010 e non finiranno prima del 2014. Fino ad allora la Turchia resterà l’ago della bilancia. Erdogan sta già traducendo in chiave geopolitica la posizione strategica della Turchia sull’energia. Sanare il conflitto tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno-Karabakh e ristabilire normali rapporti con l’Armenia: l’agenda diplomatica turca lavora per fare di Ankara il centro strategico tra Europa, Medioriente e Asia, bilanciando la ritrovata intesa con la Russia alla storica alleanza con gli Usa nella Nato. L’opposizione di Francia e Germania all’integrazione europea della Turchia sembra un problema superato da una sfida ancora più ambiziosa.
G.C.
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