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050623 - Yerevan il sesto incontro del Comitato di cooperazione Unione Europea-Armenia
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ARMENIA A Yerevan 6° incontro del Comitato di cooperazione con la UE 21/06/2005
PanARMENIAN.Net – Elab.Informest E’ cominciato ieri nella capitale armena
Yerevan il sesto incontro del Comitato di cooperazione Unione Europea-Armenia.
L’agenda vede all’ordine del giorno principalmente delle questioni economiche.
Particolare attenzione verrà data alla partecipazione del Paese al programma
europeo che riguarda i “nuovi vicini” dell’Unione allargata, programma nel
quale l’Armenia è stata inserita due mesi fa. Attualmente l’obiettivo a breve
termine è di svolgere dei negoziati bilaterali, elaborando una linea politica
che sarà implementata a partire dal prossimo anno. A fianco alle politiche di
“vicinato”, l’agenda dell’incontro contiene delle questioni relative alla
cooperazione commerciale ed economica, alla creazione di un buon clima
d’investimento, ai problemi energetici, alla collaborazione negli investimenti,
oltre che alla situazione politica dell’Armenia, alla lotta contro la
corruzione e alla cooperazione con le organizzazioni internazionali.
www.carta.org
Petrolio nel Caucaso tra pace e guerra
Nicola Melloni
31 maggio 2005 Pochi giorni fa e' stata inaugurata la molto attesa e molto
temuta pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan (Btc). Lunga 1770 kilometri. Costato 3,6
miliardi di dollari e capace di trasportare 1 milione di barili al giorno dal
Mar Caspio al Mediterraneo, l'oleodotto attraversa tre paesi (Azerbaijan,
Georgia e Turchia) in una della aree piu' instabili e pericolose del mondo: il
Caucaso.
Il progetto, fortemente voluto dagli Stati Uniti e' stato realizzato con fondi
internazionali (dalla Ebrd, la Banca europea per la ricostruzione e lo
sviluppo, all'Ifc, una consociata della Banca mondiale) e vede riunite in un
consorzio molte tra le piu' grandi imprese petrolifere mondiali (tra cui
l'Eni), guidate dalla British Petroleum (Bp).
La realizzazione dell'oleodotto va inquadrata e valutata in termini
geopolitici, assai piu' che economici. Le riserve petrolifere del Mar Caspio
sono seconde solo a quelle del Golfo Persico (ma c'e' chi dice che
potenzialmente potrebbero essere superiori), ma fino a questo momento era
impossibile trasportare il greggio verso occidente senza passare per la Russia
(o per l'Iran). Il potere di interdizione di Mosca era quindi grandissimo.
Questo poteva andare bene fino a che' ci fosse stato un "nostro uomo" al
Cremlino (Eltsin, in questo caso), ma con le rinate pretese imperiali della
Russia di Putin, bisognava trovare un'altra soluzione. Le guerre cecene sono
state funzionali come non mai agli interessi americani: Mosca non e' in grado
di controllare il proprio territorio nel Caucaso e quindi le pipelines russe
non sono sicure.
Peccato che la situazione nelle altre repubbliche caucasiche non fosse
propriamente migliore. La regione e' dilaniata da guerre intestine, alleanze
strategiche, banditismo e dittature. Tre piccoli stati (Azerbaijan, Armenia,
Georgia), tre repubbliche che non esistono su alcuna cartina geografica
ufficialmente riconosciuta (Nagorno-Karabakh, Abkhazia e Ossezia del Sud), due
vicini grandi e scomodi (Russia e Turchia): il panorama non e' di facile
comprensione. Azerbaijan e Armenia sono in stato di guerra (calda o fredda, a
seconda dei momenti) da oltre 15 anni, per via del Nagorno Karabakh, provincia
azera a maggioranza armena; il confine tra Armenia e Turchia e' chiuso, data
anche la storica ostilita' turca a riconoscere i diritti delle minoranze, tra
cui quella armena, il cui genocidio, all'inizio dello scorso secolo, anticipava
la feroce repressione contro i curdi. La Russia sostiene e foraggia le due
repubbliche ribelli della Georgia (Abkhazia e Ossezia del Sud), in cui mantiene
basi militari per non perdere tutto il proprio peso nella regione. In
Azerbaijan da poco il potere e' passato dalle mani di Aliev padre a quelle di
Aliev figlio, ma visto che il paese e' il piu' ricco produttore di petrolio
della regione, gli Stati Uniti lo sostengono, fedeli all'idea che se "Parigi
val bene una messa", il petrolio val bene una dittatura. Anche i Turchi sono
schierati di conseguenza, mentre la Russia appoggia, anche se con meno enfasi,
l'Armenia.
L'oleodotto, ovviamente, gira attorno all'Armenia, al Nagorno Karabakh e alle
province ribelli della Georgia. Proprio in quest'ultimo paese, che pur
orientato verso Occidente adottava con Shevarnadze la politica dei due forni,
l'anno scorso si e' svolta la cosiddetta rivoluzione delle rose, che ha portato
stabilmente Tblisi in zona americana, e dove ora la polizia e' addestrata
dall'esercito americano su come difendere le pipeline. Esercito americano che,
presente sul territorio, potrebbe pure difendere le installazioni da se',
qualora se ne presentasse la necessita'. La visita di Bush di poche settimane
fa mirava esattamente a questo. Ora l'amministrazione americana ha spostato le
sue attenzioni sull'Azerbaijan per ottenere prerogative similari anche in quel
paese.
Tutto questo non puo' che acuire la tensione nel Caucaso. Inoltre, a sorpresa,
poche settimane fa anche il Kazakhistan ha deciso di unirsi al gioco di potenze
nella regione, dichiarando di voler immettere il suo petrolio (e' il secondo
produttore dell'area post-sovietica dopo la Russia) nel BTC, ancora una volta a
scapito delle pipeline russe che venivano utilizzate fino ad ora.
Insomma, a Mosca si vive la sindrome dell'accerchiamento. Con i fondi del
petrolio si rafforzera' la dittatura di Aliev in Azerbaijan, che forte
dell'appoggio incondizionato dell'Occidente potrebbe anche scegliere di cercare
di chiudere i conti con l'Armenia. Saakashvili ed il governo georgiano sembrano
decisi a fare lo stesso con le due repubbliche ribelli, alimentando la tensione
nell'area. Alle spalle di tutti la Turchia cerca di rafforzare il suo progetto
di egemonia sul Caucaso, sfruttando le incertezze di Mosca ed il supporto
americano.
L'Europa ha scelto, sottovoce, di prendere posizione a fianco degli Stati
Uniti. British Petroluem (e di conseguenza il governo inglese) e', come si e'
ricordato, la capofila dell'impegno europeo sulla rotta del petrolio,
spalleggiata sia da Eni che da Elf (Francia). La scelta, una volta di piu', e'
miope di corto-raggio: da un lato si frena il processdo di adesione della
Turchia alla Ue, mentre dall'altro la si incoraggia nel suo progetto egemonico
nel Caucaso e di repressione e sfruttamento del popolo curdo (la pipeline passa
per un largo tratto sul Kurdistan turco, senza che quella popolazione ne goda
dei discutibili frutti). Da un lato si dichiara la democrazia come un principio
irrinunciabile, dall'altro si finanzia un regime corrotto e dittatoriale come
quello azero. Da un lato, soprattutto, si vorrebbe provare a rendersi piu'
indipendenti dagli Stati Uniti, dall'altro si isola la Russia e ci si prepara a
diventare dipendenti dalla politica e dalla presenza americana anche per il
petrolio che viene dall'Est.
Per l'oro nero si e' sempre trafficato, spesso ucciso, si e' comunque sempre
cercato di sfruttare i paesi produttori, finanziando dittature ricche dei loro
proventi ma che lasciassero sempre e comunque la fetta piu' sostanziosa alla
rapacita' occidentale, mentre le popolazioni locali sopravvivono nella miseria.
Il Btc non fa eccezione
V.V
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