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17 09 2009 - Armenia, il faticoso cammino verso la democrazia
di Cristina Balotelli- da IL SOLE 24 ore 15 sett.2009
Una nazione povera, sospesa tra Oriente e Occidente, già appartenente all'Urss, ma dove la gente e soprattutto i giovani hanno tanta voglia di crescere. Anche con l'aiuto dell'Unione europea
YEREVAN – La prima impressione dell'Armenia è quella di un Paese sospeso tra Oriente e Occidente. Non è l'Europa, certo, ma non è nemmeno soltanto l'Asia. A sud confina con l'Iran, eppure i due popoli sono diversissimi. Lo stesso vale per l'Azerbaijan e la Turchia. Quest'ultima, poi, non ha lasciato un buon ricordo e nominarla, in presenza di armeni, non è mai una buona idea. La ferita del genocidio (un milione e mezzo di morti, la ''madre'' di tutte le pulizie
etniche) che la Turchia non vuole riconoscere, brucia ancora. Come la Georgia, con la quale confina a nord, l'Armenia è stata per molti anni una repubblica federata nell'ambito dell'Unione Sovietica. Nel 1991 entrambe hanno proclamato la loro indipendenza. Tuttavia, dappertutto si
respira ancora un'atmosfera sovietica: in molti edifici, nelle automobili uscite dalle fabbriche di Mosca, nelle scuole e nelle istituzioni."Gli armeni sono molto conservatori, anche i giovani. Vorrebbero essere comegli europei, ma poi ragionano come gli asiatici", racconta Vahé Mkrchyan, che a Yerevan fa l'insegnante e l'interprete. "L'Armenia è più Asia Occidentale che
Europa dell'Est. Nella nostra società, per esempio, la maggior parte della gente non accetta il sesso prima del matrimonio. Però il sesso c'è, ovunque". Vahé ha studiato a Londra, dove ha imparato l'inglese, ma è tornato in Armenia per lavorare. Lo stipendio che riceve dallo Stato è troppo basso, per questodeve arrotondare facendo l'interprete per le organizzazioni internazionali.
L'Armenia è un paese povero, ma ha voglia di crescere. Lo si nota soprattutto a Yerevan, città piena di giovani vestiti all'europea che affollano locali allamoda. Il Parlamento e i ministeri sono ospitati in edifici in tufo rosa che si affacciano sulle due piazze principali. In un albergo della città incontro il direttore degli imprenditori armeni, Gagyk Makaryan. "Oggi la disoccupazione in Armenia è ufficialmente al 7% – dice – ma secondo fonti non ufficiali è intornoal 30%". Non pochi rimpiangono l'Unione Sovietica: tutti avevano uno stipendio basso, ma il lavoro non mancava. "L'Armenia ha una popolazione di 3.1 milioni e di questi circa 700.000 sono anziani o invalidi e 780.000 sono giovani tra i 16 e i 30 anni", spiega il numero uno della Confindustria armena. "Noi cogliamo che i giovani abbiano una buona educazione, che siano preparati e competitivi, che trovino un lavoro". La ricetta? Investire nella formazione, in particolare nelle scuole tecniche.

Fondi Ue per istruzione e formazione Di questo si è fatta carico l'Unione europea, varando un programma di finanziamenti per 12 istituti professionali che dal crollo dell'Urss si trovano
in uno stato di abbandono deprecabile. Il programma è monitorato da E.T.F., European Training Foundation, agenzia che si occupa dei progetti legati all'educazione e alla formazione professionale in paesi extra-europei. "In Armenia esiste un enorme divario di qualità tra le scuole professionali e i
licei, quindi l'Europa interviene per cercare di colmarlo. Ho visitato scuoledove non hanno il riscaldamento da vent'anni!" racconta Milena Corradini, responsabile per i progetti in Armenia. "Il finanziamento messo in campo dall'Unione Europea è di circa 20-25 milioni di euro all'anno, 95 milioni spalmati su quattro anni".La strada che da Yerevan porta a Vanadzor, principale città della verdissima regione di Lori, che confina con la Georgia, passa attraverso campi e pascoli.
Qui vivono circa 280.000 armeni. Ci vogliono circa due ore per raggiungere in automobile la città. Vanadzor, nota per l'industria chimica (fertilizzanti) e tessile, oggi soffre per la crisi globale. Basti pensare che un terzo della sua popolazione, 150.000 abitanti, è emigrato in Russia per lavoro: tra le 50 e le 60.000 persone. I disoccupati ufficiali sono circa 6000. Da Yerevan a Vanazdor "E' stato difficile passare dal sistema sovietico a quello capitalista",racconta Hasmik Julhakyan, direttrice della fabbrica tessile 'Gloria', la più grande di Vanadzor, di proprietà tedesca. "Avere visto entrambi i sistemi è ilnostro vantaggio: cerchiamo di prendere le cose buone del sistema attuale, tenendo al tempo stesso quelle buone del sistema sovietico, perché non tutto era male". In questa fabbrica lavorano 700 persone. Entro in un enorme capannone dove circa 200 operaie sono impegnate a cucire capi d'abbigliamento che poi saranno esportati soprattutto in Russia e Germania. Ma gli ordini arrivano anche da due aziende italiane che vendono abbigliamento per l'infanzia, il cui nome la direttrice non intende rivelare. E' una donna autoritaria, tra i 55 e i 60 anni. Il rumore dei macchinari, di provenienza cinese, è assordante. Le operaie ricevono un salario pari a 150 euro al mese. "Il periodo di transizione è stato buio", continua la signora Julhakyan. "E' stato come passare da una situazione di cattività, all'interno dell'Unione Sovietica, a un sistema aperto, nel quale il rischio è di avere troppe informazioni e non sapere quali scegliere".
Per raggiungere Russia e Germania bisogna passare attraverso Georgia e Bulgaria, perché le frontiere con la Turchia sono chiuse. E' un ostacolo per molti imprenditori, che auspicano un cambiamento nei rapporti tra i due paesi. "Non posso dire che il sistema sovietico fosse sbagliato o peggiore. Anzi, agli studenti era garantita una eccellente formazione professionale. Però non si poteva uscire dai confini sovietici e non c'era meritocrazia", conclude la direttrice. Il capitalismo, secondo lei, porta invece troppa libertà e troppe informazioni. "La crisi l'abbiamo sentita, con un calo degli ordini, ma grazie a Dio non abbiamo dovuto licenziare nessuno".Nella fabbrica hanno trovato lavoro alcune studentesse dei corsi di "taglio e cucito" e di "disegno d'alta moda" ell'Istituto Tecnico Professionale di Vanadzor. Ne incontro cinque all'ingresso del capannone. Hanno tra i 19 e i 20 anni. Mi raccontano che sperano di essere assunte come operaie.L'Istituto tecnico offre anche corsi di "Marketing" e di "Informatica". Ma alcuni anni fa, prima che intervenisse l'Unione Europea, non aveva nemmeno la luce. "Solo negli ultimi 4 o 5 anni abbiamo cominciato a rinnovare queste scuole", spiega Artak Aghbalyan, responsabile del Dipartimento Formazione Professionale del Ministero dell'Educazione armeno. "Ai licei e alle Universitàè andata meglio – aggiunge – mentre le scuole professionali non hanno ricevuto fondi per 15-20 anni".

Nuovi computer in arrivo Oggi, grazie ai fondi europei, c'è un nuovo impianto di riscaldamento,
diversi computer (altri sono in arrivo), nuovi infissi alle finestre e una moderna illuminazione. Ma c'è ancora molto da fare. La scuola si presenta con i muri crepati, l'intonaco scrostato, macchie di umidità e fili elettrici a vista. Per non parlare dei bagni, praticamente inagibili. "Quello che mi
piacerebbe fare, dopo la scuola, è creare un network di negozi o di supermercati, in Armenia, che portino il mio nome", mi confida uno studente del corso di Marketing, Aram Meliqian, 20 anni. Da due frequenta l'Istituto Tecnico. Anche quando il riscaldamento non c'era e bisognava coprirsi bene per resistere a temperature sotto lo zero. "Ma gli studenti – dice – non ci fanno caso". Quanto ai bagni, aggiunge ridendo, "facciamo del nostro meglio per non utilizzarli". Nessuna protesta? "Tanto, anche se protestiamo non cambierà nulla". Anche Anush Ahababian studia Marketing e ha le idee chiare. "Vorrei continuare a studiare, ma al tempo stesso vorrei mettere in piedi il mio
negozio di gioielli. Anzi, una rete di negozi di gioielli". Tuttavia non crede di poter trovare un lavoro a Vanadzor, perciò lo cercherà a Yerevan, "perché lì le chances di realizzare le proprie aspirazioni sono sicuramente maggiori".
La scuola non ha Internet e i ragazzi non conoscono Facebook né Youtube. Le allieve del corso di "disegno d'alta moda" hanno realizzato dei modelli molto belli che si ispirano alla tradizione armena. Raccontano orgogliose di aver avuto molto successo in Francia, dove hanno partecipato a una sfilata con le loro creazioni. Le loro figurine stilizzate sono appese ovunque, sulle pareti delle aule. Staccato da una parete, invece, c'è un ritratto di Karl Marx. E su un altro muro, un poster recita: "Volgograd. Un monumento maestoso al coraggio del popolo sovietico". Il personale europeo di ETF deve assicurarsi che i soldi siano spesi nel modo giusto e soprattutto che non se li mangi la corruzione. "A tutti i livelli c'è corruzione in Armenia – rivela Vahé Mkrchyan – ma è come se non fosse un gran problema, nel senso che per la gente è molto comodo". Non è un segreto: in tutti i settori (polizia, sanità, scuola, governo) la corruzione "è un modo per semplificare, per superare gli ostacoli burocratici". All'università, per esempio, "per molti studenti è più comodo pagare i professori per passare gli esami che studiare sui libri". Da parte loro, i professori non disdegnano di prendere soldi, perché i loro stipendi sono bassi. La corruzione è una delle cause dell'arretratezza infrastrutturale del paese.
Le strade sono piene di buche. Gli edifici sono rovinati. Si dice che la mafia russa ricicli il suo denaro nelle costruzioni. Incontrando i giovani Però c'è pochissima criminalità. A Vanadzor la sera si può girare in totale sicurezza. Anche la capitale dà questa impressione. E mentre cammini, può
capitare di incontrare dei giovani che ti fermano solo perché sei europeo e non vedono l'ora di parlarti. "Sogno di visitare Parigi perchè adoro quella città e la cultura francese", mi dice in un buon francese Tatévik Hovannissian, una ragazza di 20 anni. "Dopo i miei studi di geografia vorrei lavorare nel turismo, oppure in una banca". Anche lei cercherà lavoro a Yerevan, perché "lì la gente è molto attiva e non amo la mentalità chiusa e poco liberale di Vanadzor".
I giovani di Vanadzor si sentono isolati dal mondo e sono insofferenti alla mentalità conservatrice dei loro genitori. Hratch Hovhannissian, fratello di Tatevik, 18 anni, è iscritto al primo anno della Facoltà di Lettere. "Siamo noi giovani che cambieremo molte cose. Per esempio, la gente di Vanadzòr non ne fa molte. Non si sentono liberi. Per questo voglio andare a Yerevan, lì si sentono più liberi". E a una domanda su cosa ne pensa dei vicini turchi, risponde: "Ci sono molte persone che sono arrabbiate con i turchi e con gli azeri, ma sono cose passate. Io non sono arrabbiato". Hratch, come tanti giovani della sua età, ascolta ogni tipo di musica (americana, rock, hip hop, tango) ed ama ballare. Prima di lasciare Vanadzor, visito la Chiesa di "S.Gregorio di Narek''. E'
stata costruita di recente. I sovietici hanno fatto abbattere molte chiese armene. Padre Stephanus raccomanda una visita alla mostra dei bambini, allestita nell'ambiente sottostante la chiesa. Qui trovo un ragazzo che prova alcune canzoni armene al pianoforte. "Abbiamo organizzato molti eventi, come la mostra d'arte dei bambini, o i concerti di musica", spiega Padre Stephanus. "La Chiesa è un punto di riferimento importante per molte famiglie che mandano qui i loro bambini. Noi armeni siamo cristiani da più di 2000 anni. Ora, con la crisi economica, la gente sente ancora di più il bisogno di venire in chiesa".Per tornare a Yerevan questa volta passiamo dal lago di Sevan dove, in cima a una collina, si trova uno dei tanti monasteri del paese. Qui incontro due giovani iraniani. Sono turisti, entusiasti dei monasteri armeni e della vista magnifica sul lago e le montagne. In Iran c'è una minoranza cristiana armena ufficialmente riconosciuta. Gli iraniani sono sempre stati molto tolleranti con gli armeni e sono stati i primi a riconoscere l'indipendenza dall'URSS. Oggi i
rapporti tra i due paesi sono buoni ed è in atto una importante cooperazione economica. "Molti iraniani stanno investendo nelle costruzioni in Armenia", racconta Gagyk Makaryan. "Gli aerei che collegano i due paesi sono sempre pieni. Tuttavia il regime iraniano non aiuta gli imprenditori armeni che vorrebbero investire in Iran, aprire un impianto o una fabbrica". Non avendo
rapporti con Turchia e Azerbaijian, all'Armenia restano l'Iran e la Georgia per gli scambi commerciali.
Giornalisti intimiditi e picchiati A Yerevan incontro Liana Haroyan, Avvocato e Direttore dei progetti del Media and Law Institute. Ha seguito diversi casi di giornalisti intimiditi e picchiati per le loro idee. Il suo compito è difendere i loro diritti. E' una giovane donna piena di vitalità e allegria. Ma quando parla del suo Paese, assume un'espressione rassegnata. "L'anno scorso ho avuto tra le mani sei o sette casi di giornalisti picchiati e minacciati da sconosciuti. E sono solo i
casi di cui io sono a conoscenza – spiega – ma probabilmente ce ne sono di più". "Un giornalista fu picchiato cosi brutalmente che finì in coma e in pericolo di vita per alcuni giorni. Un altro fu picchiato ferocemente fino ad avere un'emorragia cerebrale". Oltre alla violenza, c'è anche un altro metodo per far tacere i media scomodi: "fanno partire delle ispezioni fiscali contro i giornalisti che manifestano idee critiche nei confronti del governo. Purtroppo la nostra legge fiscale è talmente povera nella sua formulazione che può essere interpretata in tanti modi, perciò riescono sempre a trovare delle irregolarità e quindi procedono congelando il conto in banca del giornalista".

La situazione non è la stessa per tutti i media. Le televisioni "sono maggiormente soggette alle pressioni del Governo o del partito al potere e ci sono certi argomenti, soprattutto politici, che i giornalisti non possono coprire", racconta Narine Safaryan, giornalista di Internews Armenia. "Ci sono certe persone nel Governo e nella società che non puoi mai criticare perché sono loro che possiedono i media del Paese", aggiunge. "Bisogna fare confronti – continua riferendosi alle informazioni che circolano su Internet – altrimenti non si riesce a capire dove sta la verità, ma non tutti lo fanno". Anche perché molti, in Armenia, ancora non hanno Internet.
Il cammino verso la democrazia è ancora lungo. La gente sa di avere dei diritti, ma non pensa a difenderli. I sindacati e le associazioni non riescono a farsi sentire. Nel marzo 2008 una manifestazione dell'opposizione in piazza della Libertà, a Yerevan, è stata repressa nel sangue. L'ordine è stato ristabilito con i carri armati. Ma l'Europa guarda con interesse all'Armenia, che presto, quando sarà ultimato il progetto di gasdotto che passerà attraverso il suo territorio e la Georgia, potrebbe diventare un importante distributore del gas iraniano.

V.V

 
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