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16 10 2009 - Turchia e Armenia: con lo sguardo a Bruxelles
da LIMES
Turchia e Armenia: con lo sguardo a Bruxelles
Lo spazio della Politica E'stato siglato a Zurigo lo storico accordo tra Turchia ed Armenia. Il peso regionale della Turchia. Cosa cambia per l.Unione Europea?

Recep Tayyip Erdogan ed Ahmet Davutoglu: sono i due nomi che probabilmente più di tutti stanno imprimendo un nuovo slancio alla politica estera della Turchia, da ormai sette anni a questa parte. L.incontro di sabato scorso a Zurigo tra i rappresentanti della Repubblica di Turchia e quelli dell.Armenia, per sancire un accordo che mettesse finalmente fine al congelamento diplomaticoin atto dal 1993, costituisce un altro tassello di fondamentale importanza per il nuovo corso regionale di Ankara. E. importante sottolineare la responsabilità di Erdogan, primo ministro e, forse ancor di più, di Davutoglu, attualmente ministro per gli Affari Esteri (ma dal 2002, anno in cui l.Akp di Erdogan andò al potere, rappresenta di fatto l.eminenza grigia della politica estera della Turchia), in quanto è probabile che senza la determinazione e le strategie regionali attuate da questo ticket governativo, non si sarebbe arrivati ad un punto tanto importante.

Parliamoci chiaro: i problemi tra la Turchia e l.Armenia non sono improvvisamente svaniti e risolti con la firma di un trattato bilaterale. A livello politico-diplomatico però l.incontro di Zurigo ha rappresentato davvero un momento di svolta rispetto ai tradizionali assetti ed equilibri di potere in
quell.area molto vasta di confine con la Turchia che va dal Medioriente fino al Caucaso ed all.Asia Centrale ad Est, ma sempre con uno sguardo all.Europa verso occidente. E. proprio questa .multidimensionalità. a costituire la novità della politica regionale turca, a dire il vero in atto già dalla fine degli equilibri bipolari negli anni .90, ma con ancora più decisione oggi, grazie alla congiuntura venutasi a creare di un governo turco finalmente stabile e duraturo come non era accaduto da decenni e, d.altro canto, con ai propri confini diverse realtà che diventavano man mano più instabili e potenzialmente esplosive, al punto tale da necessitare proprio di un elemento stabilizzatore come la Turchia. In tale contesto si inserisce, per esempio, il panorama mediorientale, così frastagliato dalle lotte intestine di tipo etnico, religioso, economico e politico come in Libano, oppure come nel caso della eterna lotta tra israeliani e palestinesi, o ancora come nel caso della competizione per l.egemonia regionale tra gli arabi (con Egitto ed Arabia Saudita in testa) e gli sciiti dell.Iran, con mezzo piede in Iraq e l’altro sulle sponde del Mediterraneo orientale (grazie alla presenza di Hamas, Hezbollah, la Siria.). In questa cornice rientra anche la polveriera caucasica e, come dicevamo, non sarà certo l.accordo di Zurigo a mettere tutto a posto, ma sicuramente è una chiarissima dichiarazione di intenti.
Le questioni sul tavolo sono parecchie ed alcune di fondamentale importanza per lo Stato turco, andando a toccare elementi e valori ritenuti .sacri. come quello del nazionalismo e dell.appartenenza all.etnia turca (ciò che Mustafa Kemal, il fondatore della Repubblica, avrebbe definito .turchità.). Gli armeni ancora oggi cercano un riconoscimento da parte turca dei massacri compiuti all’indomani della Prima Guerra Mondiale, allorchè le truppe di ciò che rimaneva dell.ex Impero Ottomano uccisero centinaia di migliaia (per gli armeni quasi due milioni) di armeni, compiendo quello che a Yerevan è definito il genocidio degli armeni e che, nella memoria di quel popolo, equivale alla Shoah per gli ebrei. Dal loro canto i turchi negano un qualsiasi piano premeditato per l’eliminazione dei cittadini di nazionalità armena, ma negli ultimi anni il dibattito in Turchia stessa si è fatto più .libero. e vi sono voci che cominciano a parlare di un.eventuale rivisitazione delle versioni turche di quei fatti, per arrivare ad accertare quale sia stata davvero la realtà storica.

Oltre a questo cruciale scontro in atto da decenni tra i due popoli, vi sono poi contrasti ed attriti di carattere più geopolitico e che riguardano gli equilibri di potenza nella regione ed il sistema di alleanze che si è venuto a creare. L.Armenia, fin dai tempi della Guerra Fredda, si trovava contrapposta alla Turchia ed era una sorta di spina nel fianco sovietica per i Turchi, fedeli alleati del blocco occidentale e della Nato. Alla fine della Guerra Fredda, con il crearsi delle nuove entità statali ad Est della Turchia, Ankara ha sempre avuto nell.Azerbaijan un alleato fedele, per motivi strategici, economici, politici ed energetici. Baku, inoltre, ha combattuto una guerra con l'Armenia per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, in parte occupata dalla truppe armene. Ciò ha fatto sì che la Turchia si schierasse con gli Azeri, trovando nuovamente un nemico comune nell.Armenia. Fino ad oggi, Yerevan rappresenta (o rappresentava?) forse l.unico vero nemico della Turchia ai propri confini, ora che Ankara ha risolto anche i contenziosi con l.Iran e la Siria.

L.inimicizia (per usare un eufemismo) che caratterizzava i rapporti tra Turchia ed Armenia è sempre stato il maggiore ostacolo per la risoluzione delle controversie caucasiche e la creazione di organismi e concertazioni, all’interno delle quali Ankara avrebbe potuto e può tuttora svolgere un ruolo importantissimo da mediatore, considerati i suoi ottimi rapporti attuali con tutti gli altri attori coinvolti, dalla Russia all.Azerbaijan, alla Georgia. L’accordo bilaterale di Zurigo, dunque, apre la via a nuovi scenari di cooperazione regionale, ponendo le basi per un allargamento del clima collaborativo a tutta la regione.
Se è vero, infatti, che l.Azerbaijan non vede di buon occhio tale riavvicinamento, temendo per i propri interessi nell.area, è altrettanto vero che Erdogan e Davutoglu sono stati chiari nel ribadire che un accordo di normalizzazione completa tra Armenia a Turchia dovrà passare per la risoluzione
della questione del Nagorno-Karabakh e un accordo tra Azerbaijan ed Armenia.
Come dire: Ankara fa da garante per l.Azerbaijan da un lato e l.Armenia dall’altro, affinchè tutti e due gli attori traggano dei benefici dalla loro cooperazione e da quella tra Ankara e Yerevan, in una triangolazione che la Turchia spera di portare a termine con successo. Sicuramente siamo solo all’inizio, e certamente gli ostacoli sono ancora tantissimi (non è chiaro se e in che termini i Turchi potranno mai riconoscere la responsabilità del cosiddetto genocidio armeno; se gli armeni vorranno disimpegnarsi dal Nagorno-Karabakh; se agli azeri convenga andare in tale direzione; se la Russia, attore terzo, accetti senza battere ciglio una simile prospettiva.), ma vi è un fattore ulteriore che spinge Ankara verso un impegno sempre maggiore in tal senso: quel fattore si trova a Bruxelles.

La Turchia non ha affatto accantonato le aspirazioni di ingresso nell.Unione Europea e, proprio con tale fine, continua ad agire in modo del tutto proattivo e propositivo nei vari teatri regionali in cui può essere coinvolta. Se per Davutoglu ed Erdogan l.impegno diretto in Medio Oriente, nel Caucaso, in Asia Centrale, nei Balcani, nel conflitto afghano-pakistano e nelle negoziazioni tra USA e Iran, rappresentano delle tattiche comportamentali utili a raggiungere lo scopo finale della grande strategia, non è da dimenticare che tale strategia mira ad entrare in Europa. Lo stesso Davutoglu, per rispondere alle critiche di chi vedeva nella sua nomina (proprio lui, così convinto sostenitore dell’attivismo turco non solo in Europa, ma anche ad Est ed a Sud) un allontanamento di Ankara da Bruxelles, ha ribadito una volta per tutte che la priorità in politica estera per il governo dell.Akp resta quella di ottenere l.adesione all’Ue. E. bene tenere in considerazione tali dichiarazioni, ogni qualvolta la Turchia dimostra di essere attiva nei teatri regionali con cui confina: Ankara vuole dimostrare di essere diventato un attore di peso per gli equilibri di potenza regionali e intende proporsi come candidato sempre più credibile ed affidabile per gli europei. Questa è la politica della Turchia in questo momento e Bruxelles non dovrebbe essere distratta abbastanza da non capire che Ankara sta tentando di costruire quel ponte che in molti, dalla parte occidentale, intendono invece abbattere, non cogliendone appieno le prospettive e gli scenari che, pur tra mille difficoltà, potrebbero dischiudersi all’orizzonte..


G.C

 
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