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Canto per il popolo armeno le ferite di quel Deserto nero
di MARIELLA RADAELLI
da IL GIORNO del 3 novembre 2009
. MILANO .
SPEDITI nel «Deserto nero», cancellati, nella loro fisicità, nella loro cultura, tradizione, religione. Torna da domani al Verdi, per la seconda stagione consecutiva, la pièce ispirata al romanzo «Masseria delle Allodole» di Antonia Arslan, opera trasposta al cinema dai Fratelli Taviani. Si dà voce al genocidio nascosto, dimenticato, negato: quello armeno. Il racconto dell.Arslan (saggista e scrittrice di madre italiana e padre armeno) viene adattato per il teatro da Renata Coluccini e Jolanda Cappi, con la regia di Renato Sarti.
Venerdì è attesa la scrittrice veneta, che a fine serata dialogherà con Aldo Ferrari, docente di storia russa e armena. La Arslan presenterà il suo recente «La strada di Smirne» (Rizzoli), secondo volume della trilogia che l.autrice sta per ultimare sull.argomento in chiave familiare autobiografica. Lo spettacolo si concentra sulla deportazione nel deserto siriano delle donne scampate al massacro dei loro padri, fratelli, figli. In scena, tre figure femminili, nel deserto. Mostrano con dignità la loro resistenza. La strage degli uomini di casa è già stata compiuta dai curdi scesi nella notte dalle montagne, tra l.aprile del 1915 e il settembre 1916. Solo in 600mila riescono a salvarsi, su un milione e ottocentomila. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro del Buratto, è in collaborazione con la Casa Armena di Milano e si avvale dell.
aiuto del Teatro della Cooperativa.Signora Arslan, questo spettacolo appoggia la battaglia della memoria condotta dagli armeni per il riconoscimento del genocidio, il primo ideologico della Storia... .
«Sì, l.ideologia dei giovani turchi ha influenzato alla base il comportamento dei nazisti. Noi siamo stati la prima prova».
Come si può sanare la ferita?
«La ferita guarisce molto lentamente perché il genocidio è stato negato in modo spudorato, pagando fior di studiosi. Per chi ha sangue armeno nelle vene, questo è terribile. Ma per fortuna ora ci sono piccoli segnali... Un folto gruppo di intellettuali, tra i quali anche lo scrittore turco Orhan Pamuk, premio Nobel, si stanno dando da fare perché venga riconosciuto. Un atteggiamento che dovrebbe essere basilare se si vuole parlare di democrazia in Turchia».

Casa Armena

 
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