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04 Dic 2009 QUESTIONE armena E CULTURA europea
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convegno 11-12 novembre 2009 BARI
Il prof.Domenico Mugnolo dell’università di Bari apre con la sua allocuzione il convegno nello splendido salone degli affreschi di Palazzo Ateneo esprimendo come sia importante parlare del genocidio per rompere l’ignoranza che regna attorno all’Armenia ritenuta addirittura da taluni paese musulmano.
Il prof. Spagnoletti presenta il programma articolato del Convegno:
che attraverso una sapiente scelta di relatori si può dividere in due assi la ricchezza dell’argomento discusso, legami profondi tra Puglia e cultura armena e tra la letteratura tedesca e quella armena.Inoltre spiega con nitida analisi le varie tappe della questione armena. Parla dell’identità armena e della diaspora di un popolo sullo sfondo di un ‘Europa devastata dalla guerra fino alla creazione di un villaggio armeno in Puglia “ Nor Arax”. Sottolinea l’importanza peculiare di un convegno che esprime i legami tra cultura tedesca e armena attraverso J.Lepsius, A.Wegner e F.Werfel. Ricorda che col trattato di Losanna calò una pesante coltre di silenzio sulla questione armena che col negazionismo turco arriva anche a punire tramite l’art. 301 chiunque tocchi l’argomento armeno. Trionfa il rovesciamento della responsabilità: armeni traditori, quindi la pianificazione dello sterminio con sottocensito numero di vittime. Anche lo storico Levy si fà fuorviare e arriva a sminuire il tragico evento a sporadiche eliminazioni....
Questo convegno vuole essere una testimonianza dell’annientamento fisico di un popolo ma non della sua cultura .
Anche il prof. Guaragnella ,preside della Facoltà di lingue di Bari, ha toccato i punti più dolenti della drammatica vicenda armena .
Un popoplo che non ha avuto un ritorno , un silenzio che per 50 anni ha coperto questo dramma. Talvolta attraverso l’oblio si determinano dei paradossi l’oblio può rimuovere l’odio. Cita i due libri di A.Arslan che hanno la peculiarità di non esprimere sentimenti d’ odio ma d’amore, così come in questo convegno emerge che lo studio e la ricerca sono un atto d’amore e che onorare l’identità di un popolo e l’universalismo dei diritti sono sempre da promuovere.
Antonia Arslan, impegnata in varie città della puglia a presentare il suo ultimo successo “ La strada di Smirne”, emozionando la platea,gremita insolitamente per un convegno, rievoca le vicissitudini della sua famiglia parlando dell’arrivo del nonno in Italia nel 1883 e delle origini della sua famiglia proveniente da Kharpert e di come le masserie della puglia hanno ispirato il titolo del suo primo romanzo “ La Masseria delle allodole”.
Ribadisce la tragedia di un popolo al quale è stato negato il ritorno e questo è il dolore profondo che chi si è salvato ha dovuto portare con sè per tutta la vita poichè gran parte della diaspora ha lasciato ,per sempre e definitivamente, tutto : case , beni , terreni, aziende, memorie ed emozioni.
Il Prof.Marco Bais del Pontificio Istituto Lateranense di Roma ,
descrive con la passione del ricercatore le peculiarità
dell’ Armenia storica che comprendeva un territorio molto più vasto dell’attuale repubblica d’Armenia. Fondamentale per gli armeni la Chiesa e la lingua, religione e scrittura .
La cultura armena spazia in Armenia Mayor e Minor e come cita anche M.Polo nel Regno di Cilicia.
Sorge tra il Tigri e l’Eufrate ( Paradiso terrestre) e il monte Ararat è per gli armeni sacro luogo sul quale si posò l’Arca di Noè , simboleggia la rinascita dell’umanità.
L’altopiano armeno dal punto di vista simbolico chiude fuori il
“ Male “ ( Gog e Magog). Prima del 518 a.C. anno del ritrovamento di un iscrizione di Dario , non sappiamo nulla degli Armeni ma si conoscono gli Urartei che parlano una lingua non indoeuropea.
Il mitico Haik avrebbe combattuto contro i giganti e portato il suo popolo da sud a nord.
Nel II sec. a.C. nasce lo stato armeno e nel I sec. a.C. Tigran il Grande crea un grande impero che a seguito delle guerre mitridatiche viene sottomesso a Roma. Dal 63 d. C. fino al 428 regna la dinastia iranica, quindi gli armeni passano dall’influenza
ellenica a quella iranica.
Agli inizi del trecento l’Armenia si converte al cristianesimo per opera , come cita Agatangelo, di S.Gregorio .
S.Gregorio l’Illuminatore è di origine partica, viene educato in Cesarea di Cappadocia e parla greco . Convertirà il re Tiridate dopo anni di segregazione in un pozzo profondo.
Essere cristiani sarà per il popolo armeno importante, come disse Vartan Mamigoyan alle truppe prima di affrontare i Sassanidi,- per noi armeni la nostra fede non è come un vestito ma come la nostra pelle -.
La Chiesa Armena si separa nel 451 (concilio di Calcedonia)
Celebri e preziosi sono i numerosi manoscritti elaborati negli antichi monasteri che sono arrivati ai giorni nostri.
“ Per lo stolto il manoscritto non vale niente per il saggio ha il prezzo del mondo”.
“ Dimensioni diasporiche nella cultura armena” è il tema trattato dal prof. Aldo Ferrari dell’Università di Cà Foscari.
“L’Ararat e la gru” è il titolo di uno dei libri che A.Ferrari ha scritto
L’Ararat simboleggia la parte stanziante del popolo armeno, la gru rappresenta la diaspora.
L’Armenia antica era un regno feudale con una fortissima nobiltà e Chiesa, formata da nobili, clero e contadini che componevano una società non urbana ma rurale e aristocratica.
L’Armenia vive dal V sec. a.C. fino al V d.C. all’interno dei propri confini poi cambia e diventa un crocevia, subisce invasioni devastanti e a partire dal 1045 finiscono gli stati nazionali. Nel 1071 arrivano i turchi selgiuchidi poi i mongoli e i turcomanni.
La diaspora armena comincia nel 1100 , da Trebisonda gli armeni si spostano in Crimea e in Georgia. Dalla Cilicia verso Venezia , Genova ,Pisa e la Sicilia.
Si crea così una diaspora che si disperde in tutto il mondo diventando una minoranza con colonie di commercianti soprattutto in India.
Gli armeni sviluppano caratteristiche rare, evitano l’assimilazione e non si fanno ghettizzare . Attraverso la costruzione di chiese e scuole restano sempre armeni, si integrano senza assimilarsi, hanno una polivalenza culturale ma restano sempre tenacemente ancorati alla propria cultura anche in un contesto musulmano o indiano.
Pregevole ed efficace la relazione di Gunter Seufert ( Die Zeit – Istanbul) che descrive con estrema chiarezza tutti i passi dei turchi per far dimenticare gli armeni e crescere gli studenti nell’ignoranza della verità. Ricorda che nell’anno scolastico’ 02- ’03 tutti gli allievi delle scuole medie dovevano scrivere un tema sulle “ Attività e rivolte degli Armeni” in cui descrivere
- gli orrori compiuti dagli armeni- nei confronti dei turchi e questo valeva anche per gli allievi delle scuole armene.
Ma nel 2008 ha luogo una campagna di raccolta firme in internet alla quale aderiscono circa 30500 persone indicando nome cognome, residenza e professione sottoscrivendo il seguente appello :
“ La mia coscienza non ammette che la grande catastrofe che ha colpito gli armeni turchi nel 1915, venga negata e che la sofferenza degli armeni non venga riconosciuta. Consapevolmente respingo questa ingiustizia, condivido i sentimenti e la sofferenza dei miei fratelli armeni e chiedo loro perdono”.
Livia Semerari dell’università ddi Foggia, ha illustrato quella importante realtà pugliese che è stato il villaggio armeno
“ Nor Arax” che nacque per ospitare gli armeni sopravissuti al genocidio provenienti dalla Grecia, circa 80 persone.
Ruolo primario ebbe il poeta Hrand Nazariantz residente a Bari per convincere alcune influenti persone ad aiutare gli esuli armeni. L’ing. Valerio ed altri filantropi fondarono alla periferia della città il villaggio, fornito di strutture sanitarie, cucine, bagni e lavanderie . L’inaugurazione avvenne nel febbraio del ’27. Nel 1938 fu anche annessa una scuola.
“ Il genocidio degli armeni” dice Marcello Flores dell’Università di Siena fino a 10 anni fà era un argomento pressochè sconosciuto perfino nell’ambito universitario. La consapevolezza della Storia segue dei ritmi non solo sempre legati alla documentazione.
Il genocidio armeno è l’evento più tragico della storia contemporanea in seguito al quale viene elaborato da un giurista polacco R.Lemkin, il termine –genocidio- .
Con la crisi dell’Impero Ottomano cresce un nazionalismo forte che porta al potere i Giovani Turchi, espressione di volontà di potenza che si manifesta come liberale e moderato appoggiato inizialmente anche dagli armeni ma che poi diventa sempre più radicale e legato all’identità turca. Quindi si assiste ad un passaggio dal multinazionalismo dell’Impero ottomano a quello turco. La perdita di territori , tra i quali i Balcani, spinge il nazionalismo turco fino al colpo di stato da parte del Triumvirato.
Gli armeni sono visti come diversi, antinazionali , il millet armeno è visto come la V colonna, considerati come sovversivi e traditori che favoriscono l’avanzata russa. La costruzione del nemico armeno crea i consensi per una repressione totalitaria.
Le tappe del genocidio sono ormai tristemente note a partire dal 24 aprile del 1915.
Le grandi potenze all’epoca ammisero i crimini con una dichiarazione congiunta. Deportazione e confisca di tutti i beni degli armeni di Turchia furono testimoniate dai numerosi missionari stranieri presenti sul territorio, dai diplomatici tra i quali il Console Gorrini, dall’ambasciatore americano Morgenthau del quale sarebbe gradita la traduzione della “ Morgenthau Story”.
Le memorie dei sopravissuti e le carte dei verbalidel processo contro i responsabili del genocidio furono discusse presso il tribunale di Istanbul e non in una sede internazionale come avverrà poi a Norimberga dopo la II guerra mondiale. Scompare l’idea di avere un’Armenia , rimarrà solo una piccola repubblica sovietica
Nel 1965, dopo mezzo secolo di silenzio, la diaspora armena porta alla ripresa degli studi sul genocidio.
Contributo straordinario a questo Convegno viene dato dai relatori tedeschi con relazioni su A.Wegner. J.Lepsius e F.Werfel.
Laura Wilfinger traccia una dettagliata biografia di colui che ebbe il coraggio di fotografare , custodire e divlugare le foto dei deportati armeni nel deserto mesopotamico , un ufficiale sanitario al seguito delle truppe tedesche durante la I guerra mondiale :
Armin T.Wegner.
Il suo nome è inciso a Yerevan nel muro della memoria insieme agli altri “Giusti per gli armeni” : Bodil Biorn, James Bryce, Fayez el Ghossein, Anatole france, Giacomo Gorrini, Karen Jeppe, Johannes Lepsius, Henry Morgenthau, Fridtjof Nansen e Franz Werfel.
Al Prof.Stefan Nienhaus dell’Università di Foggia va il merito di essere stato insieme al Prof.Mugnolo uno dei promotori di questo Convegno al quale ha contribuito con una documentata relazione su F.Werfel e il suo famoso libro “ I quaranta giorni del Mussa Dagh” arricchita da foto inedite dei veri protagonisti della storia.
Così anche il prof. Mugnolo parlando del drammatico libro “ La fiaba dell’ultimo pensiero” di E.Hilsenrath ci riporta ad una letteratura tedesca che porta la sua attenzione alla tragedia armena, in questo caso attraverso storia e narrazione di una saga familiare.
Ultimo e significativo intervento spetta al Prof. Hermann Goltz , Johannes Lepsius Stiffung Potsdam , che tramite il suo sapere spiega l’interessante esistenza di J.Lepsius definito da Werfel
-l’angelo custode degli armeni-. Nato a Monaco nel 1858 viene ordinato pastore evangelico presso la comunità tedesca di Gerusalemme dalla quale si trasferì in Germania nel 1886. Fondò una manifattura di tappeti per impiegare i disoccupati del paese. Quando seppe dei massacri Hamidiani in cui perirono centinaia di migliaia di armeni decise di trasferirsi in Anatolia per essere di aiuto e dopo aver organizzato varie manifestazioni pro armene in Germania. Per fare questo dovette dimettersi dal ruolo di pastore poichè la direzione non lo lasciava libero di andare. Lepsius era sorvegliato dalla polizia prussiana e tutti i suoi discorsi erano trascritti come “armeni”. Ottenne comunque dal governo tedesco come “amico degli armeni” dopo le tragiche vicende del 1909 ad Adana, il permesso dal ministero degli esteri di partire per la Turchia dove venne sostenuto da Morgenthau.
Dedicò tutta la sua vita a favore degli armeni.
Sulla sua tomba a Merano c’è un Khachkar che gli armeni hanno provveduto a collocare per eterna riconoscenza.
Durante il convegno è stato proiettato il documentario sulla vita e la missione di J.Lepsius “ Ashes and Phoenix “ Cenere e Fenice di Merlyn Solakhan e Manfred Blank.
Marina Mavian
G.C
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