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050620 - MUSSA DAGH: Libro della settimana

--------- IL LIBRO DELLA SETTIMANA---------
Il calvario infinito delMussa Dagh
MIRKO MOLTENI
Tra i simboli del tragico genocidio armeno risplende l’eroica resistenza che
oltre 4.000 Armeni opposero 90 anni fa ai Turchi Ottomani su di un monte
affacciato sul Mediterraneo. Era dal 24 aprile 1915 che il governo ottomano
aveva ufficialmente avviato il massacro della minoranza cristiana. Ma a partire
dal 28 luglio gli abitanti di 6 villaggi armeni stanziati presso il Golfo di
Alessandretta si asserragliarono sul Mussa Dagh.
Armati di fucili, si organizzarono per la resistenza sotto la guida di un
comitato presieduto da Dikran Antreasian. Respinsero per oltre un mese gli
assalti dei soldati turchi. Nel frattempo, i ribelli segnalarono la loro
presenza alle navi anglo-francesi che battevano quel tratto di costa, grazie a
un’enorme bandiera con una croce rossa in campo bianco, ben visibile dal mare.
Il 5 settembre l’incrociatore francese “Guichon” si avvicinò incuriosito alla
costa e fu raggiunto dal nuotatore armeno Movses Kerekian, che spiegò la
situazione agli ufficiali alleati. Entro il 14 settembre 1915 la flotta
francese permise quindi di evacuare in Egitto i coraggiosi del Mussa Dagh.
Erano in salvo, ma li aspettavano ancora giorni drammatici.
Finora l’epopea del Mussa Dagh era nota soprattutto attraverso i libri che
narravano la resistenza di quei poveretti, come ad esempio il romanzo “I
quaranta giorni del Mussa Dagh”, scritto da Franz Werfel. Le storie di questa
vicenda si chiudevano di solito con l’imbarco sulle navi francesi, nella
migliore tradizione del “lieto fine”. In un certo senso era sì un lieto fine,
ma solo provvisorio.
Quello che accadde dopo passò sotto silenzio ed è oggi finalmente raccontato
nel libro “Mussa Dagh, gli eroi traditi”, edito dalla Guerini e Associati. Gli
autori Flavia Amabile e Marco Tosatti hanno raccolto testimonianze originali
dei protagonisti o dei loro discendenti, che hanno consentito di ricostruire i
travagli di questa comunità dapprima confinata in miseri campi profughi, poi
mobilitata per lo sforzo bellico e infine tradita dagli intrighi delle
diplomazie internazionali.

L’ODISSEA DE SOPRAVVISSUTI

Riprendiamo dal settembre 1915 e vediamo quelle migliaia di uomini, donne e
bambini sbarcare in Egitto, a Porto Said. Ecco il ricordo di uno di quei
sopravvissuti, Khacer Madourian: «Rimanemmo lì due giorni, simili a prigionieri
e due volte ci saremmo dovuti accontentare di pane e formaggio, se i venditori
ambulanti di frutta non fossero giunti con le loro barche. (...) La seconda
mattina fummo trasferiti in grandi navi per il trasporto delle merci e andammo
oltre il Canale di Suez». Li stavano trasferendo in un desolato e sabbioso
campo profughi sulla costa orientale del canale, in località Lazareta. Il campo
fu organizzato da ufficiali inglesi, tra cui in particolare i maggiori Harron e
Pearson, che divisero la tendopoli in “villaggi”, ognuno dei quali composto da
gruppi minori di circa 25 tende. Il primo problema fu quello alimentare, nel
senso che gli Inglesi, prima di ottimizzare la distribuzione del rancio,
dovettero effettuare un vero e proprio censimento tenendo conto anche del sesso
e delle fasce di età delle persone. Risultarono 1054 uomini adulti (sopra i 14
anni), 1441 donne adulte (sempre sopra i 14), 628 bambini dai 4 ai 14 anni, 508
bambine coetanee ed infine 427 bimbi, di ambo i sessi, minori di 4 anni.

PIUTTOSTO DEI TURCHI, L’ESILIO

Presto la disciplina del campo doveva risultare insopportabile, stando agli
autori: «A mano a mano che i giorni passavano e l’emozione per lo scampato
pericolo si affievoliva, i montanari del Mussa Dagh iniziavano a rendersi conto
che oltre ad essere la loro salvezza il campo di Lazareta rappresentava anche
una specie di prigione». Presto nel campo sorsero dei laboratori per tenere
occupati i profughi, ma fu l’arruolamento degli uomini validi a costituire il
diversivo più apprezzato dagli Anglo-francesi. Così, molti Armeni del Mussa
Dagh furono inquadrati nella Legione d’Oriente e dopo un lungo addestramento
poterono finalmente combattere contro i Turchi nel settembre 1918, durante
l’offensiva che il generale inglese Allenby stava conducendo in Palestina.
Dopo il primo conflitto mondiale i coraggiosi del Mussa Dagh ritornarono ai
loro villaggi, ora assegnati alla Siria francese. L’illusione sarebbe durata 20
anni. Il 17 luglio 1939 la zona fu ceduta alla Turchia. «Non volevano vivere un
solo giorno sotto i Turchi». E preferirono un nuovo esilio...


[Data pubblicazione: 19/07/2005]


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