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Turchia ai ferri corti con gli Usa
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di Marco Valsania
05 MARZO 2010
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/03/turchia-ferri-corti-con-usa.shtml?uuid=dccb6554-2826-11df-800d-74241d6b774c&DocRulesView=Libero
"Dai nostri archivi"
Genocidio armeni: la Turchia si arrabbia con Obama
«Fu genocidio»: sui massacri degli armeni, Stati Uniti contro Turchia. Turchia, Orhan Pamuk torna sotto processo L'eccidio dimenticato che pesa sulla Turchia Armenia-Turchia, accordo rinviato ma Hillary Clinton media ancora
Nei rapporti tra l'amministrazione di Barack Obama e il governo della Turchia si insinua una tragedia storica, il massacro di un milione e mezzo di armeni nel 1915: la commissione esteri della Camera ha votato ieri sera, con 23 voti contro 22, una risoluzione che definisce genocidio la carneficina perpetrata dalle truppe dell'impero Ottomano. Il voto è arrivato nonostante le frenetiche manovre politiche e diplomatiche volte a scongiurare crisi nell'asse Washington-Ankara: il segretario di stato Hillary Clinton aveva telefonato di persona al presidente della commissione, il democratico Howard Berman, per chiedergli di rinunciare. Mentre la Turchia si era scagliata senza mezzi termini contro la risoluzione, affermando che avrebbe messo a rischio non solo l'alleanza con gli Stati Uniti ma gli sforzi di riconciliazione con l'Armenia, che hanno portato l'anno scorso a un protocollo d'intesa ancora da ritificare.
Pochi minuti dopo il voto, Ankara ha messo in atto la ritorsione, richiamando il suo ambasciatore a Washington per consultazioni. La Casa Bianca avrebbe invece voluto scongiurare tensioni con la Turchia in un momento che ritiene particolarmente delicato: membro della Nato, il paese ricopre un ruolo cruciale per le strategie americane in una regione che comprende Afghanistan e Iran. Clinton, ha detto il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Mike Hammer, dando credito alle proteste turche ha anche insistito con Berman che «le azioni congressuali potebbero impedire il processo di normalizzazione con l'Armenia».
Berman ha ammesso il dilemma: «La Turchia è un alleato vitale e leale - ha detto all'inizio di un'audizione parlamentare sulla risoluzione - ma nulla giustifica la sua cecità davanti al genocidio armeno. La Germania ha accettato le sue responsabilità per l'Olocausto. Il Sudafrica ha creato una commissione per esaminare l'apartheid. E negli Stati Uniti continuiamo a fare i conti con l'eredità della schiavitù e del terribile trattamento degli indiani d'America. È ora che la Turchia accetti la realtà del genocidio armeno».
La risoluzione proposta chiede a Obama di far sì che il governo degli Stati Uniti, paese dove risiede una vasta comunità armena, ricorra al termine genocidio. E chiede allo stesso Obama di utilizzarlo nel suo messaggio annuale, in aprile, sulla tragedia del 1915. Un voto in sede di commissione, però, non rappresenta affatto la conclusione della battaglia. La risoluzione non è vincolante. E in passato simili prese di posizione sono finite nel nulla: nel 2007, durante la presidenza repubblicana di George W. Bush, un simile documento uscito dalla commissione esteri non venne mai approvato dall'intera Camera. Bush intervenì per affermare che il rischio era quello di «danneggiare gravemente» le relazioni con la Turchia.
Ma Obama in campagna elettorale si era impegnato a riconoscere il genocidio. In una visita a Ankara da presidente, però, aveva già corretto il tiro: evitò con cura la parola genocidio. Ronald Reagan rimane l'unico presidente americano ad aver utilizzato il termine.
05 MARZO 2010
V.V
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